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sabato, Dicembre 21, 2024

Dalla plastica riciclata alle batterie smontabili: le sperimentazioni circolari sulla bici elettrica

Nella giornata mondiale della bicicletta focalizziamo l’attenzione sul crescente interesse per le e-bike. Guardando alle sperimentazioni estere che intendono rendere le e-bike non solo sostenibili ma anche circolari

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Redazione EconomiaCircolare.com

Se ogni 3 giugno si celebra la giornata mondiale della bicicletta, forse bisognerà a breve inventare una giornata ad hoc per la bici elettrica. Secondo un’indagine di Idealo, il noto portale internazionale di comparazione prezzi, quest’anno per la bici elettrica c’è stato un vero e proprio boom. Basti pensare che tra i 10 prodotti più cercati nella categoria “bici & accessori” sette sono state proprio e-bike.

D’altra parte la pandemia ci ha fatto riscoprire la voglia di stare all’aperto, soprattutto in maniera sostenibile: e allora quale mezzo migliore di una bici elettrica? Non inquina, non fa rumore, consente di arrivare ovunque, mantiene in forma. Ma è davvero tutto oro quel che luccica? E quali sono le prospettive per un mercato che pare voler crescere ulteriormente? Per capirlo serve guardare l’esperienza degli altri Paesi.

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Dalla Svezia una lezione sulla bici elettrica

A meno di voler sfrecciare su strade e piste ciclabili, la bici è un mezzo “lento”. Ecco perché anche le valutazioni sulla bici elettrica hanno bisogno di lunghi periodi di valutazione. È quel che accade con un recente studio degli economisti Anders Anderson e Harrison Hong sui sussidi per le biciclette elettriche in Svezia. A essere messa sotto esame è la scelta del Paese scandinavo di introdurre uno sconto del 25% sul costo di una e-bike per 12 mesi nel 2017-18.

Ebbene, secondo i due studiosi, le vendite sono aumentate immediatamente del 70%. Quel che è importante è che i rivenditori non hanno a loro volta alzato i prezzi, quindi la riduzione è stata reale. Dopo l’acquisto, il cambiamento di comportamento ha portato i nuovi ciclisti a ridurre la guida in auto, in media, di 1.146 km all’anno. Ciò, è stato calcolato, ha significato un risparmio di circa 560 euro all’anno. In più gli autori hanno calcolato che ogni e-bike riduce le emissioni di carbonio di 1,3 tonnellate nel corso del proprio arco di vita.

Il dato però più significativo, forse, è un altro. Vedere tutte quelle bici elettriche in più sfrecciare lungo il Paese ha invogliato altri cittadini e cittadine a emulare quella decisione, tanto che il boom delle e-bike è rimasto anche nel 2019, dopo che lo sconto garantito dallo Stato era scomparso. Un’emulazione che fa bene a se stessi e al Pianeta.

Dalla Francia la start-up che ripara la bici elettrica

Si dirà: eh ma quelli sono scandinavi … E allora andiamo dai nostri cugini d’Oltralpe. In Francia il mercato delle biciclette elettriche ha registrato una crescita del 28% lo scorso anno, arrivando a rappresentare quasi il il 60% dei ricavi di vendita nel mercato totale delle biciclette (1,3 miliardi di euro). Oggi quasi una bicicletta su quattro venduta in Francia è una bicicletta elettrica. Eppure i problemi sussistono anche lì (e sono simili ai nostri), a partire dagli alti costi fino alla carenza di materie prime.

Che fare? Una start-up ha scelto di guardare a uno dei principi cardini dell’economia circolare, vale a dire la riparazione. Upway, questo il nome della start-up fondata nel 2021, acquista e-bike di marchi prestigiosi e la fa rimettere a nuovo da meccanici professionisti.

L’azienda afferma che le sue biciclette sono più economiche del 60% rispetto a quelle di prima mano, vengono consegnate a casa del cliente in pochi giorni e vantano una garanzia di un anno. Un’idea semplice e geniale allo stesso tempo che è stata premiata recentemente attraverso un finanziamento di 23 milioni di euro, con il quale Upway intende espandersi nel mercato statunitense.

Un’altra start-up francese sulla bici elettrica e sulle batterie

Restiamo in Francia per affrontare un aspetto che suscita qualche dubbio nei confronti delle e-bike. Nonostante tutta la loro credibilità ecologica, la maggior parte delle batterie per le bici elettriche durano solo dai tre ai sette anni e non possono essere facilmente riciclate né tantomeno riparate. Un’altra start-up transalpina, che questa volta si chiama Gouach, ha creato per questo motivo una nuova batteria riparabile per veicoli di micromobilità (non solo e-bike, dunque, ma anche e-scooter). Questa batteria utilizza un design modulare, senza saldatura: ciò significa che le celle possono essere cambiate facilmente.Questo consente non solo un aumento della durata della batteria ma anche una riduzione dell’impronta di carbonio fino al 70%.

Anche in questo caso, come per Upway, l’idea è stata premiata dai finanziatori con un investimento di 3,3 milioni di euro. Una pratica, quella della riparazione delle batterie, che viene utilizzata anche dal fornitore di micromobilità Dott. Tuttavia dalla Francia arriva un grido d’aiuto all’Europa, attualmente impegnata nell’elaborazione di una direttiva sul diritto alla riparazione. Dopo i suggerimenti del Parlamento, entro l’anno dovrebbe arrivare la decisione della Commissione. Tra i punti ancora da chiarire c’è ad esempio proprio la questione delle batterie. Una ricerca condotta dall’Istituto internazionale per l’economia ambientale industriale (IIIEE), l’Ufficio europeo per l’ambiente (EEB) e la campagna per il diritto alla riparazione alla fine dell’anno scorso ha rilevato che i blocchi software ostacolano il rinnovo della batteria. Ad esempio le e-bike progettate e prodotte da Bosch, Yamaha e Specialized sono esempi di marchi che utilizzano blocchi software.

Leggi anche: Al Parlamento europeo via libera alla risoluzione che spinge sul diritto alla riparazione

Dalla Germania una bici elettrica realizzata con plastica riciclata

Senza allontanarci troppo in questo viaggio sulle sperimentazioni circolari andiamo ora in Germania. Dove l’azienda Igus ha realizzato e sta diffondendo un progetto interessante. Che già dal titolo promette bene: la mobilità di domani dai rifiuti di ieri. Di cosa si tratta? Lo hanno scoperto per primi i visitatori dell’Hannover Messe: una bicicletta urbana, robusta e durevole, realizzata interamente in plastica riciclata, dal telaio ai cuscinetti alla cinghia dentata. Ancora più importante è che questa prima versione sarà principalmente realizzata con plastica monouso.

I vantaggi sembrano notevoli: poiché tutti i componenti sono realizzati in plastica, nessuna parte della bici si arruginisce. E inoltre non c’è bisogno di una sola goccia di olio lubrificante. Igus è talmente sicura della portata della propria idea che ha messo a disposizione una piattaforma che offre ai produttori di biciclette di tutto il mondo l’opportunità di promuovere congiuntamente questa tecnologia. La piattaforma mostra continuamente lo stato e l’avanzamento di tutti i componenti e invita esplicitamente gli operatori del mercato a partecipare.

Dopo la presentazione del prototipo, il primo modello funzionale è previsto per la fine dell’anno. Il lancio in Germania avverrà all’inizio del 2023. Ed è stata pianificata anche la realizzazione di un’e-bike. La plastica in movimento nei nostri oceani, uno dei segni più evidenti dell’inquinamento, potrebbe diventare plastica in movimento a terra, attraverso il più ecologico dei mezzi di locomozione. Non male come contrappasso.

Leggi anche: lo Speciale sulla Plastica in mare

Dagli Stati Uniti stazioni di ricarica per la bici elettrica

L’ultima tappa del nostro viaggio in giro per il mondo, metaforicamente e non solo a bordo di una bici elettrica, si svolge fuori dal Vecchio Continente. Più precisamente negli Stati Uniti, lungo la celebre West Coast. Nello Stato dell’Oregon, al confine tra la California e il Messico, grazie a un intervento del Dipartimento dei trasporti da qualche tempo i ciclisti in sella a biciclette elettriche possono caricare le batterie gratuitamente. Si tratta di un intervento esteso a 44 stazioni. Mentre altre tre stazioni saranno costruite questo autunno e includeranno anch’essi punti di ricarica per le biciclette elettriche. Il costo per aggiungere i caricabatterie per e-bike è stato di circa 4 milioni di dollari.

Pur se un passaggio significativo, specie se confrontato con il ritardo del nostro Paese, le infrastrutture realizzate dal Dipartimento dei Trasporti sono ancora poche. Basti pensare che le 44 stazioni di ricarica dell’Oregon lungo le principali autostrade sono una frazione delle oltre duemila stazioni dello Stato Usa. Allo stesso tempo nel corso del prossimo anno il dipartimento ha già promesso che studierà le “esigenze di ricarica della micromobilità“. In modo da creare un piano più completo per la crescita di stazioni di ricarica per biciclette in tutto lo stato. La speranza è che l’Italia non resti a guardare.

Leggi anche: Ciclabili e trasporto collettivo, a che punto siamo con la mobilità sostenibile in Italia

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