giovedì, Novembre 6, 2025

L’impatto dei biocarburanti in vista della Cop30. T&E: “Non una soluzione credibile per il clima”

Un nuovo report della ong Transport & Environment mostra le conseguenze ambientali dei biocarburanti per emissioni, consumo di suolo e competizione delle risorse. Nonostante ciò, alla Cop30 la bioenergia sarà protagonista. Anche per gli interessi del Brasile, Paese ospitante della Conferenza

Carlotta Indiano
Carlotta Indiano
Classe ‘93. Giornalista freelance. Laureata in Cooperazione e Sviluppo e diplomata alla Scuola di Giornalismo della Fondazione Basso a Roma. Si occupa di ambiente ed energia. Il suo lavoro è basato su un approccio intersezionale, femminista e decoloniale. Scrive per IrpiMedia e collabora con altre testate.

Alla Cop30 tra i protagonisti potrebbero esserci i biocarburanti e, in filigrana, la partita che rischia di dilaniare l’Unione Europea. È instancabile lo sforzo congiunto di Italia e Germania per bloccare la messa al bando del motore a combustione entro il 2035, così come previsto dal pacchetto Fit for 55 nell’ambito del Green Deal varato dalla scorsa Commissione Europea. Dopo la lettera del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e del ministero dell’Economia tedesco (Bmwk) alla Commissione Ue per combattere l’ideologia del “tutto elettrico”, un documento trapelato dall’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili (Acea) e ottenuto dall’ong Transport&Environment mostra un nuovo obiettivo dei costruttori di auto.

Per Acea le auto alimentate a carburanti cosiddette “carbon neutral” –  cioè che vanno a biocarburante o carburante sintetico e che quindi possono continuare a utilizzare il motore endotermico – dovrebbero essere considerate alla stregua di veicoli con emissioni pari a 0 grammi di Co2 per km. Questa deroga, da sola, potrebbe ridurre del 25% la quota di vendite di veicoli elettrici entro il 2035, consentendo ai produttori di continuare a commercializzare motori a combustione.

In questa querelle, i biocarburanti sono promossi, anche dall’Italia, come soluzione ecologica per la decarbonizzazione dei trasporti, un’opportunità da 120 miliardi come titolava IlSole24ore il 6 ottobre. Un nuovo studio pubblicato oggi in vista dei negoziati della Cop30, a firma di Transport&Environment (la ong europea che si occupa di mobilità sostenibile) e visionato in anteprima da Economiacircolare.com mostra una realtà più complessa. I biocarburanti di prima generazione, prodotti cioè da biomasse di derivazione agricola come girasole, colza, mais, palma continuano a produrre conseguenze ambientali in termini di emissioni, consumo di suolo e competizione delle risorse.

Per fare alcuni esempi, negli Stati Uniti, nel 2023, sono state utilizzate circa 130 milioni di tonnellate di mais per la produzione di etanolo, pari a un terzo del raccolto totale di mais nel paese. E, sempre nel 2023, la produzione di biocarburanti ha consumato un quinto delle riserve mondiali di olio vegetale, circa 100 milioni di bottiglie di olio alimentare bruciate ogni giorno come combustibile. Nonostante si parli sempre più spesso di biocarburanti avanzati o biocarburanti prodotti da scarti come alternative pulite a biocarburanti di prima generazione, inoltre, l’analisi del report mostra che la loro produzione resterà limitata, mentre oltre il 90% dei biocarburanti dipenderà ancora da colture alimentari e foraggere nel 2030. 

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Più biocarburanti? Più impatti

Sul consumo di suolo l’ong riporta che, entro la stessa data, la domanda di biocarburanti porterebbe all’utilizzo di una superficie agricola grande circa 52 milioni di ettari, più o meno l’estensione della Francia, collocando i biocarburanti tra i primi sei prodotti agricoli mondiali. Ma è l’intera filiera a destare preoccupazioni: sommando le emissioni della catena di approvvigionamento e quelle provocate dal cambio indiretto nell’uso del suolo per la produzione (Iluc), l’analisi mostra una media a livello globale del 16% in più di emissioni di Co2 rispetto ai combustibili fossili che dovrebbero sostituire nel 2023. Con il forte aumento della domanda di biocarburanti e la crescente dipendenza dalle materie prime agricole, si prevede che le emissioni totali dei biocarburanti supereranno le emissioni evitate dei combustibili fossili di circa 70 MtCO2e nel 2030, pari all’incirca alle emissioni di quasi 30 milioni di auto a diesel.

Ma c’è di più: l’ente di analisi a cui fa riferimento T&E, la società di consulenza Cerulogy, a cui si affida anche la Commissione, ha calcolato che lasciare i terreni tornare alla vegetazione precedente consentirebbe di rimuovere circa 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, quasi il doppio delle emissioni evitate sostituendo i combustibili fossili con i biocarburanti. “Data la continua perdita di serbatoi naturali della CO2, i biocarburanti di non sono una soluzione credibile per il clima” sentenzia l’ong. Oltre a questo, T&E tiene conto anche dell’impatto idrico: l’analisi mostra che per alimentare un’auto con biocarburanti convenzionali sono necessari in media quasi 3.000 litri di acqua dolce per percorrere 100 chilometri. Al contrario, alimentare un’auto elettrica con energia solare richiede circa 20 litri di acqua

In termini di efficienza, poi, il report rileva anche che la stessa superficie di terreno utilizzata a biocarburanti potrebbe alimentare 90 volte più auto elettriche se fosse impiegata a energia solare utilizzando i pannelli. “​​Per mettere le cose in prospettiva, si legge, “l’utilizzo di pannelli solari solo sul 3% dei terreni attualmente destinati ai biocarburanti potrebbe fornire energia pulita a un terzo del parco auto mondiale”.

grafico biocarburanti

La metodologia di calcolo è spiegata per entrambe le dimostrazioni alla fine del report. 

Nuovi settori di diffusione per i biocarburanti

A tutto questo si aggiunge la pressione sulla domanda globale di biocarburanti sia da parte dell’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile (Icao) tramite lo schema internazionale di regolazione delle emissioni di Co2 derivanti dall’aviazione civile (Corsia), sia dall’Organizzazione marittima internazionale (Imo). “Un domanda che verrà soddisfatta ancora da materie prime economiche e ad alta emissione come l’olio di palma e di soia”, si legge nel report. “Soddisfare questa domanda significherebbe quasi raddoppiare l’attuale consumo globale di biocarburanti e richiederebbe fino a 35 milioni di ettari di terreno coltivabile, l’equivalente dell’intera superficie della Germania”.

biocarburanti 1

Il tema qui non è quindi solo come soddisfare la domanda di biocarburanti, ma quali scegliere. Mentre il Corsia non si limita a valutare le emissioni dirette dei biocarburanti, ma prende in considerazione anche gli effetti indiretti che la loro produzione può generare (i cosiddetti fattori di cambiamento indiretto dell’uso del suolo, Iluc), dando una garanzia seppur minima di controllo, l’Imo non ha ancora deciso se inserire i fattori Iluc nei propri criteri di sostenibilità dei carburanti marittimi. 

Leggi anche: Sui biocarburanti le pressioni italiane sull’UE si fanno più intense

I biocarburanti di Eni in Kenya 

Tra i Paesi che portano avanti una propria strategia sui biocarburanti c’è anche l’Italia che, con il Piano Mattei per l’Africa, sta finanziando, insieme all’International Finance Corportation (Ifc) della Banca mondiale, un progetto dal valore di 210 milioni per “l’ampliamento della produzione di olio vegetale per biocarburanti” realizzato da Eni che si svolge, a detta dei promotori, in aree aride e non in competizione con risorse alimentari. Come ricorda anche il report, i biocarburanti sono tra le principali strategie di decarbonizzazione proposte da Eni che ha riconvertito e continua a riconvertire tutte le sue raffinerie in bioraffinerie a partire da Porto Marghera (2014) a Gela (2019) passando per Livorno (entro la prima metà del 2026) e Sannazzaro (di cui è stato avviato l’iter di valutazione ambientale).

Il progetto di Eni in Kenya, in ogni caso, ha subito numerose critiche anche a seguito di testimonianze raccolte sul campo, come ha già raccontato Economiacircolare.com. Dei 210 milioni assegnati al progetto, a maggio 2025, durante l’assemblea degli azionisti la società aveva dichiarato di non aver ricevuto ancora nessun finanziamento. L’Ifc ha risposto alle domande di Economiacircolare.com a luglio 2025, dichiarando di aver approvato il prestito agevolato di 135 milioni, come si può leggere anche sul loro sito. I biocarburanti rimangono una strategia centrale del Piano Mattei e della strategia di decarbonizzazione da qui al 2050 per Eni. 

Per l’ong la risposta ai problemi sollevati deve essere politica: nel decarbonizzare il settore dei trasporti bisogna tenere a mente i rischi ambientali, gli impatti diretti e indiretti e non guardare ai biocarburanti come una rapida soluzione. Intanto la bioenergia sarà proprio uno dei temi principali della Conferenza delle Parti (COP30) dell’Unfccc che si terrà quest’anno a Belém, in Brasile. E il Paese ospitante li considera già una priorità nazionale per aumentare produttività e competitività.

Leggi anche: Biocarburanti, dal racconto dei contadini le ombre sui progetti di Eni in Kenya

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