mercoledì, Novembre 5, 2025

Clima, la scienza presenta il conto ai giganti del fossile: 28mila miliardi di dollari di danni per le ondate di calore

Lo studio dei ricercatori del Dartmouth College e della Stanford University fa in passo in più nella scienza dell'attribuzione climatica, isolando le emissioni di cui sono responsabili le aziende fossili. "Questo dovrebbe aiutare i tribunali a valutare meglio le richieste di risarcimento per le perdite e i disagi causati dai cambiamenti climatici di origine antropica”

Alessandro Coltré
Alessandro Coltré
Giornalista pubblicista, si occupa principalmente di questioni ambientali in Italia, negli ultimi anni ha approfondito le emergenze del Lazio, come la situazione romana della gestione rifiuti e la bonifica della Valle del Sacco. Dal 2019 coordina lo Scaffale ambientalista, una biblioteca e centro di documentazione con base a Colleferro, in provincia di Roma. Nell'area metropolitana della Capitale, Alessandro ha lavorato a diversi progetti culturali che hanno avuto al centro la rivalutazione e la riconsiderazione dei piccoli Comuni e dei territori considerati di solito ai margini delle grandi città.

Se non ci fosse stata la quantità di emissioni climalteranti prodotta da un colosso del carbone e del gas, quell’incendio non sarebbe stato così violento, non ci sarebbero stati danni alle abitazioni, e quel bosco sarebbe stato risparmiato dalle fiamme. 

È ancora difficile formulare un’accusa del genere: attribuire a una grande azienda le responsabilità per i danni causati dalla crisi climatica non è così lineare, ma un nuovo studio pubblicato da poco sulla rivista Nature consegna un principio che potrà sostenere i contenziosi climatici intentati contro le compagnie petrolifere.

Il criterio causale che guida lo studio dei ricercatori del Dartmouth College e della Stanford University si può riassumere con “but for” (ma se): è un nuovo modello di attribuzione in grado di collegare i danni economici dei grandi eventi estremi alle emissioni prodotte dalle aziende fossili. 

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“Il nostro modello sul clima dovrebbe aiutare i tribunali”

Quanto ci sono costate le ondate di calore? Quanto abbiamo speso per riprenderci dai periodi di siccità? Secondo lo studio, tra il 1991 e il 2020 i danni ammontano a circa di 28.000 miliardi di dollari. I responsabili hanno sigle, loghi riconoscibili. Sono le cinque aziende più inquinanti del mondo: Saudi Aramco, Gazprom, Chevron, ExxonMobil e BP, responsabili di oltre 9.000 miliardi di dollari di questi danni. Al primo posto c’è Chevron: secondo l’elaborazione dei ricercatori la multinazionale statunitense sarebbe responsabile fino a 3.600 miliardi di dollari in relazione ai danni causati dal caldo estremo tra il 1991 e il 2020.

Foto: Ad Free Cities

“Sosteniamo che il caso scientifico sulla responsabilità climatica sia chiuso, anche se il futuro di queste cause resta una questione aperta» afferma Justin Mankin, tra gli autori dello studio e professore associato di geografia al Dartmouth College. Secondo Mankin lo studio risponde a una domanda posta per la prima volta nel 2003: “è possibile, dal punto di vista scientifico, collegare le emissioni di una singola azienda ai cambiamenti climatici?”

Per Mankin ora è possibile rispondere in modo affermativo. “Il nostro modello – continua lo scienziato – è in grado di fornire attribuzioni solide dei danni climatici basate sulle emissioni, su scala aziendale. Questo dovrebbe aiutare i tribunali a valutare meglio le richieste di risarcimento per le perdite e i disagi causati dai cambiamenti climatici di origine antropica”.

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Più di 20 anni di dati e impatti

Per gli autori dello studio è possibile fare un confronto tra “il mondo com’è con un mondo in cui non esistono determinati emettitori”, afferma Callahan. “La prosperità dell’economia occidentale si è basata sui combustibili fossili, ma così come un’azienda farmaceutica non verrebbe assolta per gli effetti negativi di un farmaco solo perché quel farmaco ha anche portato benefici, le compagnie fossili non dovrebbero essere scusate per i danni che hanno causato, in virtù della prosperità generata dai loro prodotti”, continua lo scienziato.

La pubblicazione trae vantaggio da vent’anni di impatti climatici concreti, dalla crescente disponibilità di dati climatici e socio economici, e dai progressi metodologici nella cosiddetta “scienza dell’attribuzione climatica” – una disciplina modellistica che consente agli scienziati di monitorare quasi in tempo reale gli effetti del cambiamento climatico.

L’attribuzione climatica è al centro del Climate Superfund Act del Vermont, approvato nel 2024 anche grazie alla testimonianza di Mankin e a una versione preliminare dello studio pubblicato su Nature. La legge, varata dopo le gravi alluvioni che hanno colpito lo Stato nel 2023, consente al procuratore generale del Vermont di obbligare le grandi compagnie fossili a contribuire economicamente ai costi dei disastri che possono essere scientificamente collegati alle loro emissioni.

Il modello di attribuzione descritto su Nature integra metodi scientifici consolidati e sottoposti a revisione paritaria per identificare l’effetto di specifici livelli di emissioni sugli eventi meteorologici estremi. Callahan e Mankin si basano inoltre su avanzamenti nelle scienze fisiche e sociali che hanno chiarito i legami tra gas serra, cambiamenti climatici locali e perdite economiche.

Fondamentale è il fatto che questo modello fa un passo in più rispetto alle ricerche precedenti: invece di considerare le emissioni complessive (espresse in miliardi di tonnellate), isola l’impronta di gas serra specifica di ciascuna azienda. I modelli di attribuzione precedenti si basavano sulle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, misurate in parti per milione, una metrica molto più difficile da ricondurre a fonti specifiche.

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Se il clima passa dalle università alle aule di tribunale

Ora che la scienza ha presentato il conto alle multinazionali cosa accadrà nelle aule di tribunale? Il Global climate change litigation conta quasi tremila contenziosi climatici in tutto il mondo, la maggior parte dei procedimenti è in corso negli Stati Uniti D’America e in Brasile. Alcune di queste cause contengono delle rivendicazioni sulla responsabilità delle imprese per i danni causati dagli eventi climatici estremi, altre hanno trascinato in tribunale gli Stati per avere scelto di non mettere in campo politiche in grado di proteggere la popolazione dagli effetti della crisi climatica.

Ora il criterio casuale stabilito dallo studio universitario potrà sostenere i processi che mettono alla sbarra le grandi corporation. Di sicuro rafforza i contenziosi delle organizzazioni ecologiste tedesche che l’altro giorno sono uscite dal tribunale regionale di Hamm con una sentenza che segna un precedente: la legislazione civile tedesca ha stabilito che le grandi aziende responsabili delle emissioni di gas serra possono essere chiamate a rispondere delle ripercussioni legate ai cambiamenti climatici.

Sant’Anna di Pisa e Area Science Park di Trieste insieme per la transizione ecologica
Credit Photo: StockSnap da Pixabay

La sentenza ha infatti ribaltato gli equilibri nelle controversie legali di questo tipo, aprendo la strada a potenziali conseguenze su scala globale, non solo per le cause già in corso, ma anche per quelle future. La sua portata è stata amplificata dal fatto che la decisione estende la protezione legale a chiunque nel mondo subisca gli effetti dei cambiamenti climatici.

Se si è arrivati a questa sentenza il merito è di Saul Luciano Lliuya, contadino peruviano che ha aperto il procedimento portando in tribunale l’azienda tedesca RWE, colosso dell’energia elettrica accusata di contribuire al rischio di inondazione della casa di Saul in quanto grande emittitore di gas serra, quindi complice dello scioglimento dei ghiacchiai e dell’aumento del pericolo di inondazioni nella zona dell’agricoltore.

Nonostante il tribunale abbia negato a Lliuya la possibilità di ricevere dall’azienda un risarcimento per le spese collegate ai lavori di messa in sicurezza della sua casa, la sentenza rinnova il dibattito sull’efficacia delle climate litagation. È in sostanza una sconfitta procedurale che apre a tante possibili vittorie perché individua le grandi multinazionali come responsabili dei danni causati dalle loro emissioni di gas serra.

Dai dipartimenti universitari alle aule di tribunale, il business del fossile è sempre più sotto accusa. E anche se prova a sottrarsi e sfuggire dalle sue colpe, la sua difesa inizia a vacillare.

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