A cinque anni di distanza dalla direttiva RED II dell’Unione europea, che nel 2018 introduceva le definizioni di “autoconsumo” e “comunità energetiche”, prosegue il lento adeguamento dell’Italia su un nuovo modello energetico decentralizzato e rinnovabile.
Come ricorda Marianna Uselli in un recente approfondimento su Valigia Blu, “le comunità energetiche sono soggetti giuridici che possono produrre, consumare, condividere, accumulare e vendere energia rinnovabile tra i loro membri. Possono riunire cittadini, PMI, associazioni e enti locali di un territorio sotto lo stesso impianto di energia e non possono essere finalizzate al profitto, ma devono invece produrre benefici economici, sociali e ambientali per i membri e per i territori”.
Da questo punto di vista il 2022 italiano era terminato con la consultazione pubblica, lanciata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, sullo schema di decreto per le comunità energetiche per gli impianti fino a 1 megawatt. A quella consultazione, terminata il 12 dicembre, è seguita poi la delibera Arera (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) del 27 dicembre.
Si tratta di uno degli ultimi passaggi per l’emanazione del decreto, atteso da tre anni (la prima introduzione in Italia della definizione di “comunità energetica” si ha infatti con il Decreto Milleproroghe 162/2019, diventato poi legge a febbraio 2020). Il governo Meloni ha promesso che il decreto dovrebbe arrivare nei primi mesi del 2023, poi toccherà al Parlamento la successiva ratifica, presumibilmente in primavera.
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Il contenuto della delibera Arera sulle comunità energetiche
Il 27 dicembre, come si accennava in precedenza, Arera ha approvato il testo unico che regola le modalità per valorizzare l’autoconsumo diffuso, che intende dare “indicazioni chiare e semplificazioni procedurali” rispetto alla disciplina transitoria vigente dal 2020, in attuazione dei decreti legislativi 199/21 e 210/21.
Il testo, che reca l’acronimo TIAD – ‘Testo integrato autoconsumo diffuso’, definisce tutti i sistemi per l’autoconsumo diffuso: gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente in edifici e condomini, comunità energetiche e autoconsumatori individuali su rete pubblica. Per le prime due configurazioni, in realtà, alcuni parametri sono già definiti da tempo, come il limite di potenza dei 200 kw e l’obbligo di allacciamento alla medesima cabina secondaria a cui sono collegati i clienti finali della configurazione.
Tra le novità, scrive Arera, “vi sono definizioni univoche per tutte le varie configurazioni di autoconsumo diffuso e la distinzione di due perimetri geografici: la zona di mercato che rileva per individuare l’energia elettrica condivisa e l’area sottesa alla medesima cabina primaria che rileva per individuare la vera e propria energia elettrica autoconsumata. Quest’ultima è oggetto di maggior valorizzazione per tenere conto dei costi di esercizio delle reti elettriche mediamente evitati proprio per effetto dell’avvicinamento geografico di produzione e consumo nella medesima ora. E poiché la valorizzazione dell’autoconsumo diffuso ora è riferita all’area sottesa alla cabina primaria (e non più alla cabina secondaria), vengono delineati i criteri sulla base dei quali i gestori di rete individuano, in modo convenzionale, le aree sottese a ciascuna cabina primaria a partire dalla reale configurazione delle reti elettriche e introducendo correttivi di carattere geografico“.
Ovviamente dovrà essere il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica a definire gli incentivi per l’autoconsumo e le comunità energetiche – oggetto della consultazione pubblica del mese scorso – mentre l’applicazione del TIAD è prevista dal 1° marzo 2023. Sempre che nel frattempo non arrivi il tanto atteso decreto del MASE. Che intanto a fine dicembre ha segnalato una buona notizia che potrebbe incidere anche sulle erogazioni dei fondi.
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Comunità energetiche a fondo perduto coi soldi del Pnrr
Vale la pena ricordare che il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, prevede per le comunità energetiche ben 2,2 miliardi di euro. Soldi che fino a questo momento non sono stati utilizzati anche per via delle già citati lungaggini burocratiche. Ora però il governo Meloni non ha più scuse: come ha annunciato lo stesso MASE, “l’Italia è riuscita a ottenere dalla Commissione Europea il via libera all’utilizzo della misura nella modalità a fondo perduto anziché del prestito“.
Significa cioè i fondi utilizzati per le comunità energetiche e l’autoconsumo non dovranno essere restituiti: e ciò sembra costituire l’ultimo passaggio per la definizione del tanto atteso decreto che, si spera, dovrebbe finalmente sbloccare lo stallo delle comunità energetiche e attivarne a centinaia (se non migliaia) lungo tutto il territorio italiano.
“Si tratta di un grande risultato – ha aggiunto il ministro Pichetto Fratin – reso possibile dal dialogo e dal confronto, che ha consentito al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di recepire gli input arrivati in questo senso dalle numerose parti interessate alle comunità energetiche pronte a essere attivate su tutto il territorio nazionale. L’Europa, ancora una volta, ha apprezzato la linea interpretativa portata avanti con determinazione dal MASE, in linea con l’importanza sempre maggiore di accelerare la produzione di energia da fonti rinnovabili per ridurre la dipendenza dal gas naturale secondo gli obiettivi del RepowerEU” ha concluso il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, che ha annunciato la firma del decreto per inizio 2023.
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