L’ultima preoccupante notizia era di appena un anno fa: la Terra aveva superato sei dei nove confini planetari (planetary boundaries), ovvero i limiti considerati sicuri entro cui la vita sulla Terra può continuare a prosperare, oltrepassati i quali la sopravvivenza degli ecosistemi e delle specie è a rischio. Ebbene, un anno dopo anche il settimo confine è sul punto di essere superato, nella migliore delle ipotesi, mentre in alcune parti del globo è già stato oltrepassato.
“L’acidificazione degli oceani si sta avvicinando alla soglia critica”, in particolare nelle regioni a più alta latitudine, sostiene l’ultimo studio sui confini planetari. “La crescente acidificazione rappresenta una minaccia sempre più grave per gli ecosistemi marini”. Il rapporto è stato realizzato dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico, diretto da Johan Rockström, professore di Scienze ambientali all’università di Stoccolma, noto da anni in particolare per le sue ricerche sul tema dei planetary boundaries (e che a EconomiaCircolare.com abbiamo intervistato qui).
In concomitanza con la pubblicazione del report, è stato presentato il tool “Planetary Health Check”. Si tratta di uno strumento di monitoraggio della salute dei confini planetari, che possono essere definiti come quei sistemi e processi terrestri che contribuiscono alla stabilità delle funzioni di supporto alla vita del pianeta. Il nuovo tool combina gli sviluppi più all’avanguardia nella scienza della Terra e i dati scientifici per quantificare la salute del pianeta ed evidenziare le soluzioni per invertire l’impatto dell’attività umana sul pianeta.
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La situazione finora: sei (o sette) dei confini sono già stati superati
Un nuovo rapporto verrà pubblicato con cadenza annuale, come del resto già avvenuto in questa occasione. Era, infatti, di settembre 2023 l’ultimo studio in cui gli scienziati affermavano che sei dei nove confini planetari erano stati superati. Quando nel 2009, in un articolo pubblicato su Nature, Rockström e i suoi colleghi identificarono i nove processi biofisici fondamentali per il Sistema Terra, assegnandogli dei limiti quantitativi, oltre i quali le risorse della Terra e la sua capacità di rigenerarsi sarebbero stati gravemente compromessi, mettendo in pericolo la vita stessa sul pianeta, erano tre.
Nel dettaglio, i confini planetari sono: cambiamento climatico, acidificazione degli oceani, riduzione dello strato di ozono, degrado forestale e altri cambiamenti di utilizzo del suolo, modifica dei cicli biogeochimici di azoto e fosforo, eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, perdita di biodiversità, inquinamento atmosferico da aerosol, nuove sostanze chimiche artificiali. Nel 2023 dei tre confini non ancora superati, l’unico a non essere minacciato al momento era quello relativo alla riduzione dello strato di ozono, mentre mostravano delle criticità sia l’acidificazione degli oceani sia la quantità di aerosol atmosferico. Mentre i dati relativi a tutti i confini già oltrepassati continuano a peggiorare.
“La nostra diagnosi aggiornata mostra che gli organi vitali del sistema Terra si stanno indebolendo, portando a una perdita di resilienza e all’aumento del rischio di superare i punti critici”, riassume Levke Caesar, scienziato del Potsdam Institute e uno degli autori del report. “Il messaggio è chiaro: le azioni locali hanno un impatto sul pianeta e un pianeta sotto pressione può avere un impatto su tutti, ovunque. Per garantire il benessere umano, lo sviluppo economico e la stabilità delle società è necessario un approccio olistico che metta al centro la protezione del pianeta”, ha commentato.
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Cosa è l’acidificazione degli oceani e come possiamo misurarla
In tutto ciò, l’acidificazione degli oceani si sta avvicinando alla soglia critica, misurata dalla diminuzione significativa dell’aragonite (una forma di carbonato di calcio) in superficie, in particolare nelle regioni ad alta latitudine come l’Oceano Artico e l’Oceano Antartico. Queste aree sono fondamentali per quel meccanismo, noto come “pompa biologica del carbonio”, che contribuisce a trasportare la CO2 dalle acque superficiali verso le profondità marine lontano dal contatto con l’atmosfera, di cruciale importanza per ridurre i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera.
In sostanza, l’acidificazione degli oceani è il fenomeno dell’aumento dell’acidità (diminuzione del pH) delle acque oceaniche dovuto all’assorbimento di CO2 atmosferica. Questo processo danneggia la capacità di organismi calcificanti (ad esempio, coralli e molluschi) per costruire i loro gusci o scheletri. Per questo gli scienziati utilizzano la saturazione dell’aragonite come indicatore affidabile dell’impatto dell’aumento dell’anidride carbonica sulla chimica degli oceani e sugli ecosistemi marini.
L’aragonite, infatti, è utilizzata da molti di questi organismi per costruire i loro gusci o scheletri. A livello chimico, lo stato di saturazione dell’aragonite è sensibile alle variazioni della concentrazione di CO2, perché l’assorbimento di anidride carbonica di origine antropogenica da parte degli oceani porta alla formazione di acido carbonico. Questo acido si dissocia, producendo ioni di idrogeno che convertono gli ioni di carbonato in ioni bicarbonato, riducendo così la concentrazione di ioni carbonato necessari per gli organismi marini.
I danni dell’acidificazione degli oceani su ecosistemi e sicurezza alimentare
Il superamento del limite dell’acidificazione degli oceani ha molteplici impatti con effetti a catena. I coralli faticano a costruire il loro scheletro, indebolendo le strutture della barriera corallina, fondamentali riserve di biodiversità e habitat naturali per innumerevoli organismi. I molluschi e gli altri crostacei hanno difficoltà a formare la conchiglia, con un impatto sulla loro sopravvivenza e crescita. Poiché gli organismi calcificanti svolgono un ruolo centrale nelle reti alimentari marine, il loro declino può causare danni significativi all’intera biosfera oceanica. Ogni specie che subisce gli effetti dell’acidificazione, infatti, li trasmette a tutte le specie che se ne cibano.
L’acidificazione degli oceani minaccia, perciò, di compromettere definitivamente gli stock ittici e dunque la sicurezza alimentare globale, vista l’importanza della pesca come fonte di alimentazione, soprattutto in certe nazioni del Sud del mondo. Perciò, oltre agli ecosistemi marini, conseguenze di portata spaventosa potrebbero esserci anche per la vita sulla terraferma. Riducendo, inoltre, la capacità del mare di sequestrare il carbonio, si indebolisce la funzione di mitigazione del riscaldamento globale svolta dagli oceani. E una volta che il processo di acidificazione ha avuto luogo, tornare indietro è difficilissimo.
Il tool di monitoraggio per agire qui e ora
Come se non bastasse, spiegano gli autori del report, diversi studi pubblicati negli ultimi anni indicano che anche le condizioni attuali potrebbero già essere problematiche per una serie di organismi marini, suggerendo la necessità di rivalutare i livelli che possono essere definiti sicuri. Ecco perché il monitoraggio sui confini planetari deve essere costantemente aggiornato, in modo da avere gli strumenti per intervenire al più presto quando e dove necessario. Il tool “Planetary Health Check” è stato pensato e creato proprio in quest’ottica.
“Sappiamo da tempo che stiamo indebolendo la resilienza del pianeta. Questo aggiornamento scientifico dimostra che, indipendentemente dalla scala in cui operiamo, tutte le azioni devono considerare gli impatti su scala planetaria. La gestione responsabile del pianeta è necessaria in tutti i settori dell’economia e nelle società, per la sicurezza, la prosperità e l’equità. Quantificando i confini di un pianeta sano, forniamo alla politica, all’economia e alle imprese gli strumenti necessari per evitare rischi ingestibili”, ha commentato Johan Rockström, direttore del Potsdam Institute.
Il Planetary Health Check servirà come bussola per il processo decisionale di nazioni, aziende, organizzazioni e cittadini. Con il supporto di una serie di partner, si trasformerà in un “centro di controllo permanente” per la Terra, utilizzando i più recenti dati satellitari, l’intelligenza artificiale, la conoscenza antica delle popolazioni indigene e la scienza moderna più avanzata. “Grazie a una comprensione più approfondita del sistema, identificheremo le azioni più efficaci per ridurre o contrastare gli impatti dell’umanità, mentre abbiamo urgente bisogno di tornare in uno spazio operativo sicuro”, ha dichiarato Boris Sakschewski, autore del rapporto.
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