Una foto d’insieme della Cop29 sul clima di Baku restituisce 198 Paesi e (almeno) 1773 lobbisti delle imprese fossili: quelle che estraggono e commercializzano il carbone, il gas e il petrolio la cui combustione è la prima causa della crisi climatica alla quale a Baku si dovrebbe trovare soluzione. 1773 lobbisti, molti dei quali accreditati proprio dai governi che dovrebbero scrivere le regole per lasciarsi alle spalle i combustibili fossili. A fare i conti, partendo dalle liste ufficiali degli accrediti diffuse dall’UNFCC, è Kick Big Polluters Out (KBPO), coalizione di oltre 450 organizzazioni di tutto il mondo unite nel chiedere di porre fine all0influenza dei Grandi Inquinatori sulle regole dell’azione per il clima.
Lobbisti accreditati dai governi, una contraddizione, direte. Infatti: per questo in Italia nasce la campagna Clean the Cop, promossa dal magazine EconomiaCircolare.com, dall’associazione ecologista A Sud e da Fondazione Openpolis (con l’adesione di Greenpeace Italia, Energia per l’Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Rinascimento Green e Coordinamento Nazionale No Triv). L’iniziativa chiede al governo italiano di lavorare per ripulire le negoziazioni climatiche internazionali dagli interessi delle industrie dell’Oil&gas, di essere coerente con gli obiettivi di decarbonizazione nazionali ed europei, e di garantire trasparenza in merito ai criteri coi quali concede accrediti governativi per partecipare alle Cop.
“La presa della lobby dei combustibili fossili sui negoziati sul clima è come un serpente velenoso che si avvolge intorno al futuro stesso del nostro pianeta”, ha commentato Nnimmo Bassey della Health of Mother Earth Foundation, una delle associazioni della coalizione Kick Big Polluters Out. “Dobbiamo smascherare il loro inganno e intraprendere un’azione decisiva per eliminare la loro influenza e fargli pagare le loro infrazioni nei confronti del nostro pianeta. È ora di dare priorità alle voci di coloro che si battono per la giustizia e la sostenibilità, non agli interessi degli inquinatori”.
“Come organizzazione della società civile – ci dice Marica Di Pierri, portavoce di A Sud – esprimiamo preoccupazione nei confronti di questa presenza ingombrante. E auspichiamo che i processi decisionali in ambito climatico lavorino per una maggior inclusione delle istanze sociali e delle istanze provenienti dai Paesi vulnerabili ai cambiamenti climatici, anziché confermare questa sostanziale sudditanza agli interessi delle Oil&gas companies”. Una preoccupazione, aggiunge, che si innesta “in un quadro generale preoccupante in cui, da alcuni anni, la scelta di tenere le negoziazioni in petrol stati mal si coniuga con la necessità di procedere a tappe serrate verso l’abbandono progressivo dei combustibili fossili”.
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Più lobbisti ‘fossili’ che rappresentanti dei Paesi vulnerabili
KBPO ha spulciato gli accrediti alla Cop 29 e ci ha rivelato che tra questi ci sono 1773 lobbisti dei combustibili fossili, almeno: perché quella di indicata l’affiliazione è una richiesta, non un obbligo. 1773 persone che se ne andranno in giro per la Cop facendo due chiacchere coi rappresentanti delle ONG, incrociando altre imprese e soprattutto esponenti dei governi. E abbiamo già raccontato come questi incontri siano anche occasione per fare affari. Secondo Fossil Freen Politics (coalizione europea che vuole impedire che l’industria dei combustibili continui a minacciare la nostra democrazia e ad alimentare il caos climatico), alcuni governi europei “stanno sfruttando la Cop29 di Baku per concludere accordi sui combustibili fossili”. L’Italia, ad esempio, ha portato sette lobbisti di Italgas, la più ampia delegazione di combustibili fossili portata da uno Stato membro dell’UE: e il secondo giorno della Conferenza delle Parti, il 12 novembre, “Italgas e l’ospite azero SOCAR hanno firmato un accordo per una partnership strategica… sulla distribuzione del gas“.
“Come risultato della marea di lobbisti dei combustibili fossili che hanno portato alla Cop29, i governi europei stanno usando i colloqui di Baku per concludere accordi sul gas. Come mai sono più concentrati ad aiutare l’industria del petrolio e del gas che a mantenere i combustibili fossili sotto terra? Abbiamo bisogno di un firewall intorno al processo decisionale delle Nazioni Unite e dell’UE sul clima per proteggerlo dagli interessi acquisiti di aziende come Eni e TotalEnergies”, ha dichiarato Nathan Stewart, coordinatore di Fossil Free Politics.
Tornando all’analisi di Kick Big Polluters Out, tra i risultati principali:
- I lobbisti dei combustibili fossili hanno ricevuto più pass per la Cop29 di tutti i delegati delle 10 nazioni più vulnerabili per il clima messe insieme (Chad, Solomon Islands, Niger, Micronesia, Guinea-Bissau, Somalia, Tonga, Eritrea, Sudan and Mali: 1033 delegati): “La presenza dell’industria sta superando quella di coloro che sono in prima linea nella crisi climatica”, commenta la coalizione;
- Un gran numero di lobbisti dei combustibili fossili ha avuto accesso alla Cop come parte di un’associazione di categoria (come l’International Emissions Trading Association, che ha portato 43 persone, tra cui i rappresentanti dei grandi inquinatori TotalEnergies e Glencore) ma spesso, come accennato, sono i governi dei singoli Paesi che permettono ai lobbisti di muoversi liberante negli spazi della Cop. Il Giappone ha portato il gigante del carbone Sumitomo come parte della sua delegazione; il Canada i produttori di petrolio Suncor e Tourmaline; il Regno Unito ha portato 20 lobbisti e l’Italia i dipendenti di Eni ed Enel;
- Chevron, ExxonMobil, Bp, Shell ed Eni, che hanno portato un totale di 39 lobbisti, sono anche collegate al genocidio in Palestina “alimentando la macchina da guerra di Israele“;
- L’accesso e il lobbismo delle imprese ai colloqui sul clima delle Nazioni Unite non si limita all’industria dei combustibili fossili. Anche altre industrie inquinanti profondamente implicate nella crisi climatica, come la finanza, l’agroalimentare e i trasporti, sono presenti, sebbene non siano incluse nell’analisi di KBPO.
I lobbisti portati alla Cop dai governi europei (Italia in primis)
E a proposito di contraddizioni e di governi che devono trovare la soluzione alla crisi climatica ma invitano alla Cop rappresentanti delle imprese che fanno affari con le energie fossili, sempre Kick Big Polluters Out, sostenuta dalla campagna Fossil Free Politics (FFP), ci dice che i governi dell’UE, tra cui Grecia, Italia, Svezia e Belgio, hanno portato 113 lobbisti dei combustibili fossili alla Cop29, come parte delle delegazioni ufficiali. In particolare Grecia e Italia hanno avuto la più grande delegazione di combustibili fossili tra gli Stati membri dell’UE, portando rispettivamente 24 e 22 lobbisti, la maggior parte dei quali provenienti da aziende del gas. “Ciò non deve sorprendere – sottolinea la campagna FFP – dal momento che i due Paesi sono i maggiori acquirenti di gas dell’Azerbaigian attraverso il controverso mega-gasdotto Southern Gas Corridor (SGC), che l’UE sta spingendo per espandere”. Entrambi i Paesi hanno anche portato con sé i lobbisti della SOCAR, la compagnia petrolifera nazionale dell’Azerbaigian e uno dei principali azionisti dell’SGC. Inoltre, la Grecia ha portato due lobbisti dell’oleodotto transadriatico, che è l’ultimo tratto dell’SGC.
“Il fatto che anche quest’anno l’Italia si confermi ai primi posti in Europa per presenza di lobbisti dell’industria fossile alla Cop sul clima sottolinea l’esistenza di un problema che va denunciato e affrontato: l’ingerenza che queste compagnie esercitano sia a livello nazionale che a livello internazionale nel varo di politiche energetiche e climatiche”, osserva ancora Marica di Pierri.
Secondo Raffaele Lupoli, direttore di questo magazine, “a Baku si sta consentendo ai rappresentanti dei più grandi inquinatori del Pianeta di influire direttamente su negoziati che dovrebbero essere riservati a dirigenti pubblici. È sconfortante sapere che il nostro Paese è tra quelli che in Europa hanno portato più lobbisti delle fossili alla Cop29, ancor più a pochi giorni dalla strage di Valencia e dalla quarta alluvione in Emilia Romagna in un anno e mezzo. Questo atteggiamento svuota di senso anche le dichiarazioni riguardo alla leadership italiana nell’economia circolare. Continuando a spalancare la porta alle fossili – prosegue Lupoli – si mortificano anche gli sforzi di quella parte del nostro tessuto produttivo impegnata a ridurre impatti ed emissioni: un atteggiamento incoerente e grave che viola il principio di tutela degli ecosistemi e delle future generazioni recentemente cristallizzato nella nostra Costituzione”.
Restando sempre in Europa, la Svezia ha portato 17 lobbisti dei combustibili fossili, tra cui il personale senior dell’azienda del gas E.ON, e il Belgio ha portato 13 lobbisti dei combustibili fossili, tra cui sei dell’azienda del gas Fluxys, che è anche un azionista del Gasdotto Trans-Adriatico, con l’amministratore delegato Pascal de Buck affiancato da altri cinque colleghi.
Per Michele Vannucchi, analista politico per Openpolis, “i dati sulle presenze alla Cop rilasciati fino a questo momento mostrano che non tutti i Paesi europei forniscono a lobbisti del fossile accrediti per partecipare alla Conferenza delle parti, come invece fa il governo italiano. Un aspetto che rende la richiesta di trasparenza della campagna Clean the Cop ancora più urgente”.
A differenza dello scorso anno, la Commissione europea non ha portato nessun lobbista che si occupasse di combustibili fossili, “un grande cambiamento rispetto all’anno scorso, quando aveva portato lobbisti tra cui alti dirigenti di BP, Exxon ed Eni”.
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