giovedì, Novembre 6, 2025

La crisi climatica sparisce dai media. Nel 2024 notizie dimezzate su quotidiani e TG

La crisi climatica, questa sconosciuta. Un 2024 con alcuni picchi – elezioni europee e COP di Baku – ma con una sensibile riduzione dell’attenzione. Il responso del Rapporto annuale su media e clima realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace: "Rompere il patto di potere fra aziende fossili, politica e media"

Marica Di Pierri
Marica Di Pierri
Vicedirettrice EconomiaCircolare.com. Giornalista e divulgatrice, è co-fondatrice del CDCA - Centro Documentazione sui Conflitti Ambientali, di cui coordina l'equipe di ricerca promuovendo attività di reporting e informazione su ambiente, energia, cambiamenti climatici, conflitti ecologici. Dal 2007 è nel direttivo dell'Associazione A Sud. Autrice di articoli e saggi e co-autrice di diverse pubblicazioni, collabora con quotidiani, riviste, portali di informazione e testate radiofoniche e televisive. Laureata in Giurisprudenza, è Dottoressa di ricerca in Diritti Umani presso l'Università di Palermo, con focus di ricerca su Climate Change and Human Rights.

La crisi climatica, questa sconosciuta. Un 2024 con alcuni picchi – elezioni europee e COP di Baku – ma con una sensibile riduzione dell’attenzione da parte dei media: è questo, in sintesi, il responso della nuova edizione del Rapporto annuale su media e clima realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace.

I quotidiani hanno pubblicato in media un articolo ogni due giorni, con un calo del 47% sul 2023, mentre nei tg il tema è stato affrontato mediamente con un servizio ogni dieci giorni, con un calo del 45% rispetto al 2023.

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La crisi climatica? Fa da sfondo

“A diminuire sono soprattutto le notizie focalizzate sulla crisi climatica mentre, in proporzione, aumentano quelle che la trattano a margine di altre questioni o si limitano a citarla, indicando una tendenza a confinare la crisi climatica sullo sfondo di altre narrazioni e, al contempo, non approfondirla” spiegano nelle conclusioni del report le due curatrici, Monia Azzalini e Mirella Marchese. “

Questa tendenza è confermata anche da altri risultati: la scarsa attenzione per le cause dei cambiamenti climatici e in particolare per i combustibili fossili, menzionati come causa del riscaldamento globale solo nel 3% degli articoli di quotidiani e nel 2% delle notizie dei tg, e il sostanziale ‘silenzio’ sulle responsabilità a cui sono riconducibili i cambiamenti climatici (1%)”. Considerando tutte le edizioni serali dei tg, le compagnie dei combustibili fossili sono state indicate come responsabili della crisi climatica una sola volta in un anno.

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Il peso della pubblicità fossile

D’altro canto, non è un mistero che la lobby delle energie fossili e dei grandi inquinatori finanzi buona parte dell’informazione in Italia e non solo, condizionandone evidentemente l’agenda. Campagne come Stampa libera per il clima (cui aderisce anche EconomiaCircolare.com) o come Clean the Cop hanno proprio l’obiettivo di mettere in evidenza le distorsioni generate dalla relazione di sudditanza generata dai finanziamenri pubblicitari. Il report registra nel 2024 1.284 inserzioni delle aziende inquinanti sui principali quotidiani, in lieve aumento rispetto alle 1.229 dell’anno precedente. La fanno da padroni oil & gas e automotive, con quest’ultimo che registra un incremento degli annunci rispetto al primo.

“Oltre i risultati quantitativi – chiarisce però il report – emerge una strategia comunicativa adottata da molte di queste aziende, che costruiscono messaggi centrati sulla sostenibilità e la transizione ecologica, spesso in contrasto con il proprio impatto ambientale reale. È il caso emblematico di Eni e delle case automobilistiche, che promuovono brand e prodotti ‘green’ pur mantenendo un modello produttivo legato ai combustibili fossili o all’industria tradizionale. Questo fenomeno solleva interrogativi sulla trasparenza e sull’efficacia dei messaggi ambientali veicolati, e rafforza l’importanza di un monitoraggio critico di strategie di marketing all’insegna del greenwashing”.

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Pubblicità per settore aziendale

Pubblicità per settore aziendale

(numero di inserzioni nell’anno sui 5 principali quotidiani)

Un discorso pubblico polarizzato

Lo studio dell’Osservatorio di Pavia per Greenpeace pubblicato oggi esamina come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) e dai telegiornali serali delle reti RAI, Mediaset e La7, prendendo in considerazione anche il numero di spazi destinati dai giornali alle pubblicità di aziende del settore del petrolio e del gas, automobilistico, crocieristico e aereo, e le dichiarazioni dei principali esponenti politici che hanno trovato spazio nel discorso mediatico.

Le principali fonti delle notizie sulla crisi climatica e sulla transizione ecologica sono state aziende e rappresentanti del mondo economico (40%) sui quotidiani, politici e rappresentanti delle istituzioni nei TG (43%). Scienziate e scienziati vengono chiamate in causa di rado: la loro presenza nei TG è del 14%, mentre sui quotidiani arriva a malapena al 6%.

Quando si è parlato di politiche di transizione, è emersa inoltre una tendenza diffusa: ben il 64% delle dichiarazioni dei leader politici non ha mai nominato direttamente la crisi climatica. Altro elemento rilevato dallo studio è il prevalere delle preoccupazioni per l’impatto economico delle politiche climatiche rispetto alle conseguenze ambientali del surriscaldamento globale.

Ancora, il 17% degli articoli dei quotidiani e il 19% delle notizie dei TG conteneva narrative di resistenza alla transizione ecologica ed energetica e/o a specifiche azioni per il clima, in crescita rispetto al 2023. Sul piano politico, a guidare il dibattito mediatico sulla crisi climatica sono stati soprattutto i membri dell’esecutivo, con narrative ricorrenti dall’approccio spesso critico nei confronti delle politiche europee: molti interventi insistevano sull’eccessivo costo economico della transizione, sulla necessità di rivedere i tempi imposti dal Green Deal, sul sostegno al nucleare “pulito e sicuro” e sull’opposizione alla direttiva Case Green per l’efficientamento e il risparmio energetico nelle abitazioni. Il risultato è un discorso pubblico polarizzato, dove il pragmatismo richiesto da molti rischia di tramutarsi in resistenza sistematica all’azione climatica.

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Resistenze alla transizione ecologica in quotidiani e TG

Resistenze alla transizione ecologica in quotidiani e TG

La classifica dei principali quotidiani

Sulla base dei risultati dello studio condotto, Greenpeace ha stilato la classifica dei principali quotidiani italiani per l’anno 2024: fa meglio degli altri Avvenire, che tuttavia non totalizza la sufficienza (5,4 punti su 10); seguono Corriere della Sera (3,2 punti) e Il Sole 24 Ore (3 punti); fanalino di coda, a pari merito, la Repubblica e La Stampa (2,6 punti). I giornali sono stati valutati mediante cinque parametri: 1) quanto parlano della crisi climatica; 2) se citano i combustibili fossili tra le cause; 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti e 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti.

La classifica dei quotidiani

Tra i telegiornali, invece, il TG5 è la testata con il maggior numero di notizie pertinenti la crisi climatica e anche quella che trasmette più notizie specificamente dedicate al tema, il TG La7 quello che nel complesso ne trasmette meno.

Federico Spadini di Greenpeace Italia segnala la progressiva perdita di peso della questione climatica nel discorso pubblico italiano e “il rischio di autocensura preventiva quando si tratta di tirare in ballo i responsabili del riscaldamento globale e di raccontare le soluzioni più efficaci per contrastarlo”. L’urgenza di politiche per il clima, “in un contesto in cui queste ultime sono costantemente messe in discussione dal governo Meloni”, rischia di non essere percepita. Per questo, conclude Spadini, bisogna “rompere al più presto quel patto di potere fra aziende fossili, politica e media che impedisce al nostro Paese un vero impegno nella riduzione delle emissioni e nella transizione verso le energie rinnovabili”.

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