Il peso degli interessi dei grandi inquinatori si è fatto sentire recentemente in diversi consessi internazionali: dalla COP sul clima a quella della biodiversità in Colombia, passando per i negoziati sul trattato sulla plastica. Anche per questo EconomiaCircolare.com, l’associazione ecologista A Sud e la Fondazione Openpolis hanno dato il via alla campagna Clean the Cop, che chiede al governo italiano di lavorare per ripulire le negoziazioni climatiche internazionali dagli interessi delle industrie dell’Oil&gas.
Di questo, di clima e parità di genere, di multilateralismo e politiche europee parliamo con Ilaria Fontana, deputata del Movimento Cinque Stelle, che a riguardo ha presentato un’interrogazione parlamentare.
Lo strumento delle COP e in generale il multilateralismo possono essere ancora efficaci o servono modalità nuove per affrontare le questioni globali?
Il sistema delle COP e il multilateralismo sono strumenti ancora fondamentali, ma devono essere riformati. La crisi climatica è una sfida globale che richiede azioni condivise e vincolanti. Tuttavia, l’influenza delle grandi industrie inquinanti è un problema che ne mina l’efficacia. Serve una governance più trasparente, con regole che limitino la presenza e l’influenza delle lobby fossili, e che garantiscano un ruolo maggiore a scienziati, comunità locali e giovani attivisti. Innovare il multilateralismo significa anche rafforzare i meccanismi di monitoraggio e sanzione per chi non rispetta gli accordi. Altrimenti si fanno solo vuoti proclami.
Che ne pensa del fatto che il nostro Paese è tra i primi in Europa per numero di lobbisti delle imprese delle energie fossili accreditati dal governo alla COP sul clima di Baku? Che ruolo possono avere secondo lei questi soggetti sul buon esito delle trattative?
Da una parte è preoccupante, perché la presenza massiccia di questi soggetti rallenta e devia le trattative, oltre a comprometterne l’efficacia. Dall’altra, nulla di nuovo sotto al sole. Gli interessi sono troppi e la voglia di affrancarsene troppo poca. Prendiamo le comunità energetiche, per esempio, uno strumento incredibile per risolvere strutturalmente il problema del caro-bollette e traghettare il Paese verso la democrazia energetica, che purtroppo nel nostro Paese non decolla perché non lo si vuole far decollare. Che l’interesse privato delle industrie fossili sia incompatibile con l’urgenza della transizione ecologica è un dato di fatto. Il loro peso va ridotto, a maggior ragione nei negoziati, dove invece si dovrebbe privilegiare la partecipazione di esperti indipendenti e organizzazioni che lavorano per la decarbonizzazione.
Leggi anche: Cop29: Italia primo Paese in Europa per accrediti a lobbisti dell’Oil&Gas
La campagna europea Fossil Free Politics ha segnalato che durante la COP29, Italgas ha firmato accordi commerciali sulla distribuzione del gas. La pistola fumante del ruolo che i lobbisti hanno alle Conferenze sul clima: fare affari e alimentare il consumo di gas e petrolio. E ad accreditare il personale di Italgas che ha sottoscritto l’accordo è stato proprio il nostro governo. Non crede che sui badge per le COP ci dovrebbe essere più trasparenza? Magari un dibattito in Parlamento?
La firma di accordi commerciali durante una COP è la prova lampante di come le conferenze rischino di essere strumentalizzate per interessi privati. Le COP devono essere luoghi di dialogo e impegno per risolvere la crisi climatica, non opportunità di business per le aziende fossili. È necessario introdurre norme più rigide per la trasparenza sui badge e limitare l’accesso ai negoziati solo a chi non ha conflitti di interesse con gli obiettivi climatici: sarebbe già un passo avanti. Su questo, siamo orgogliosamente promotori di un dibattito parlamentare attraverso gli atti che presentiamo.
Lei e la sua forza politica avete presentato un’interrogazione per chiedere maggiore trasparenza: quali richieste contiene l’atto e a chi è rivolto?
Sì, un’interrogazione a mia prima firma in cui, oltre a una maggiore trasparenza nei processi di accreditamento alle COP, al governo abbiamo chiesto di rendere pubblici i criteri con cui vengono scelti i delegati e di escludere le aziende che operano nel settore delle fossili. Siamo convinti che siano le azioni a fare la buona politica per il bene comune.
Il 12 e il 13 novembre nella capitale dell’Azerbaigian, nel corso dei lavori della Conferenza, c’è stato il “Vertice dei leader”: 9 le donne presenti, a fronte di 73 uomini. I partecipanti accreditati alla Conferenza sono stati 52mila. Di questi è donna il 39,6%. C’è una questione di genere anche nelle politiche climatiche?
Purtroppo il numero di donne che rivestono ruoli apicali nei settori strategici o che partecipano alla vita politica è nettamente inferiore a quello degli uomini. Certi ambiti rimangono terreno di expertise maschile, e questo vale anche per i vertici nazionali sul clima, nonostante sia stato ampiamente dimostrato che la leadership ambientale delle donne può apportare una serie di vantaggi per migliorare l’azione ambientale e sostenere il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Promuovere la parità di genere nelle politiche climatiche, garantendo la partecipazione attiva delle donne in tutti i livelli decisionali, è un impegno che dobbiamo assumerci tutti, donne e uomini.
Un’indagine del Guardian ha svelato il ruolo dell’Oil&Gas nella stretta normativa in diversi Paesi degli Stati Uniti contro le proteste degli attivisti, in particolare gli ambientalisti. Viste le norme del decreto sicurezza italiano, che criminalizzano ad esempio i blocchi stradali, pensa che anche da noi possa esserci stato lo zampino delle imprese ‘fossili’? E poi ci sono le querele di giganti come Eni contro giornalisti e attivisti…
Le aziende fossili sono disposte a tutto pur di difendere i propri interessi, anche reprimendo il dissenso. In Italia, il decreto sicurezza e le querele contro attivisti e giornalisti non sono dinamiche poi così dissimili. Non condividiamo gli atti vandalici, ma difenderemo sempre il diritto al dissenso e le istanze ambientali portate avanti dagli attivisti climatici: sono quelle a meritare il massimo ascolto, non le influenze negative delle multinazionali sulle politiche nazionali.
Alcuni Paesi e alcune città del mondo stanno approvando norme per bandire dagli spazi pubblici la pubblicità dei carburanti fossili e dei beni ad alto impatto carbonico (come le crociere o i voli aerei). Hanno senso secondo lei misure del genere?
Sono misure sensate e necessarie. Come per il tabacco, vietare la pubblicità di prodotti che danneggiano il clima è un passo importante per sensibilizzare i cittadini e ridurre il consumo di beni ad alto impatto. Queste misure devono essere accompagnate da campagne educative per promuovere stili di vita più sostenibili. Noi lo diciamo da anni, ma al momento non si muove nulla in questa direzione…
Leggi anche: A Genova lo stop alle pubblicità ‘fossili’ arriva in Consiglio comunale
Cosa si aspetta dalla nuova legislatura europea, anche alla luce della vittoria di Trump negli USA: l’impalcatura del Green Deal reggerà o sarà stravolta?
La nuova agenda climatica di Trump è ancora un’incognita, anche se lui è noto per non essere proprio un tifoso del green….L’Europa deve però mantenere la leadership nella lotta al cambiamento climatico. Il Green Deal è una base solida ma sarà necessario difenderlo da chi vuole indebolirlo. Mi aspetto che la nuova legislatura europea rafforzi gli obiettivi climatici, puntando su una transizione energetica giusta e inclusiva. Viste le dichiarazioni che il neoeletto presidente americano ha rilasciato, ho il timore che ci sarà da lottare tantissimo…
Quali azioni metterete in campo da qui alla Cop 30 di Belèm per ottenere una posizione più coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione da parte dell’Italia?
Daremo il nostro contributo per spingere l’Italia a prendere impegni più ambiziosi e coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione. Ad ogni provvedimento utile depositeremo, come del resto già facciamo, proposte per accelerare il phase-out delle fossili, aumentare gli investimenti nelle rinnovabili e garantire che i fondi pubblici siano destinati esclusivamente a progetti sostenibili. Inoltre, continueremo a lavorare per migliorare la trasparenza nei processi decisionali e garantire che le COP tornino ad essere luoghi di vero progresso per la giustizia climatica. È con tante, piccole e grandi, azioni concrete che si può mettere in atto un cambiamento.
Leggi anche: Clean the Cop!, al via la campagna per bandire le lobby fossili dalle delegazioni governative…
© Riproduzione riservata