Raccontare la realtà, con gli effetti della crisi climatica in corso e quelli che ci aspettano nei prossimi anni, può non essere semplice, specie quando sembra che ci sia ancora una certa resistenza nel considerare le questioni ambientali urgenti, se non di vitale importanza.
E laddove le parole non arrivano, le immagini possono scuotere l’opinione pubblica, così come è già avvenuto in passato con alcune fotografie che hanno messo il mondo davanti alla cruda realtà dei fatti.
Non è un caso allora che tra le foto vincitrici del The Sony World Photography Awards di quest’anno – in mostra al Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano fino al 29 settembre – vi siano alcuni lavori che documentano ognuno con un’accezione propria, gli effetti della crisi climatica e dell’estrattivismo sull’ambiente e nella società.
Dalla tropicalizzazione del mediterraneo alle miniere di cobalto
Al secondo posto nella categoria ambiente è arrivato ad esempio il progetto fotografico di Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni, che ha reso fotograficamente come gli effetti dei cambiamenti climatici – l’aumento delle temperature, la desertificazione, l’imprevedibilità delle precipitazioni e le inondazioni improvvise – stiano cambiando la vita delle persone che vivono nel Mediterraneo, e in particolare in Sicilia.
L’isola è infatti stata scelta per questo progetto fotografico in quanto “pioniera nella risposta europea alla tropicalizzazione” ed “esempio dello scenario che si prospetta per l’intero continente”, come spiegano nella nota che accompagna il progetto. Un tempo la Sicilia era il principale produttore di grano d’Europa, mentre ora deve far fronte ad una serie di difficoltà che si incontrano anche nell’agricoltura: per altro, in questi mesi la regione è stata al centro delle cronache per una crisi idrica che ha portato a razionamenti d’acqua per quasi 1 milione di persone.
La serie evidenzia gli sforzi delle università locali per promuovere l’innovazione agricola, testare colture biologiche resistenti alle intemperie e introdurre nuovi fertilizzanti adatti ai terreni desertificati. La storia segue anche il fiorente settore della frutta tropicale sensibile alle condizioni atmosferiche siciliane: gli agricoltori stanno trasformando le loro colture in estese piantagioni di mango, avocado e papaya per cogliere dalle nuove opportunità dalle condizioni meteorologiche, e probabilmente per rispondere alle esigenze del mercato.
Un’altra serie che ha catturato la nostra attenzione è quella di Davide Monteleone, che si è aggiudicato il terzo posto nella categoria documentazione per un servizio sulle cave di cobalto e sulle condizioni dei lavoratori: sulle problematiche sanitarie, ambientali ed economiche cui sono sottoposti, direttamente o indirettamente, uomini, donne e bambini.
Come i lettori e le lettrici di EconomiaCircolare.com sanno, il cobalto è uno dei minerali necessari per la transizione energetica, nonché una fra le materie prima critiche. Il fotografo ha documentato in particolare le condizioni e l’impatto dell’estrazione del cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. “Questa serie sottolinea che il futuro dei minerali critici non risiede solo nelle profondità della terra, ma nel nostro impegno collettivo per creare un mondo sostenibile ed equo”, scrive l’autore nella nota di accompagnamento.
Nella serie viene citato anche il lavoro di una cooperativa avviata nel 2018 da Chemaf che intende garantire migliori condizioni a 5.000 minatori informali che lavorano nell’estrazione artigianale, vicino a Kolwezi, una città di circa 500.000 persone. La formalizzazione ha comportato l’accesso controllato al sito minerario da parte dei partner coinvolti nel progetto, le operazioni a cielo aperto, la formazione e l’innalzamento del livello di istruzione.
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La rappresentazione della violenza maschile sulle donne
Come l’estrattivismo può considerarsi il simbolo del perpetuarsi della sopraffazione dell’uomo nei confronti di tutti gli altri essere viventi, così la cultura patriarcale fa della violenza l’apice di una piramide che si fonda su stereotipi e discriminazione.
In questo contesto, dare notizia dei femminicidi nel modo corretto non è soltanto un’esigenza deontologica quanto un dovere morale: se sui giornali spesso si utilizza ancora un linguaggio che infantilizza la vittima, chiamandola per nome di battesimo mentre si romanticizza la narrazione dell’omicida; anche le immagini sono spesso soggette agli stessi stereotipi di genere. Basti pensare all’omicidio di Giulia Cecchettin e alle fotografie che accompagnano molti articoli che la vedono abbracciata a Filippo Turetta, l’uomo che l’ha uccisa, per parlare del processo di quest’ultimo.
Per cambiare questo tipo di narrazione, l’Associazione della Stampa Emilia-Romagna (ASER), in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità, ha lanciato il Premio Fotografico “Oltre la cronaca: uno sguardo etico sulla violenza di genere”.
Il premio è dedicato a tutti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti e agli studenti di giornalismo, e si pone l’obiettivo di aprire un dibattito sulle alternative possibili nel rappresentare fotograficamente una notizia sulla violenza di genere. “Non c’è un giusto o sbagliato – spiegano in una nota – c’è solo la volontà di mettere insieme delle idee nuove che possano essere di ispirazione per i colleghi che all’interno delle redazioni scelgono le immagini da accompagnare a queste drammatiche notizie”.
La scadenza per la partecipazione è fissata al 30 settembre. A questo link è è possibile scaricare il modulo per partecipare.
Un esempio che forse può ispirare – in piccolo, si intende – chi vuole partecipare è quello della fotografa Sujata Setia e del suo progetto artistico che le è valso il primo posto nel campo della fotografia creativa, sempre nell’ambito del Sony World Photography Awards 2024. La serie, dal titolo evocativo A Thousand Cuts, è una serie continua di ritratti e storie che presentano uno studio fotografico sui modelli di abuso domestico nella comunità dell’Asia meridionale.
“Ho preso in prestito il significato metaforico di lingchi – un’antica forma di tortura asiatica, ndr – per mostrare la natura ciclica dell’abuso domestico. L’atto continuo di scalfire l’anima di chi viene abusato è espresso da tagli sul ritratto del partecipante, mentre le stampe sono realizzate su carta sottile per rappresentare la fragilità dell’esistenza. L’opera finale è fotografata in un ritaglio stretto per creare un senso di soffocamento e assenza di spazio per il movimento”.
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