fbpx
martedì, Dicembre 3, 2024

Il futuro dell’auto elettrica passa dalle batterie. “Il riciclo? Si punta al 100%”

A che punto è la filiera italiana delle batterie? Quanto incide l’autonomia sulle vendite di auto elettriche? Le batterie possono avere una seconda vita? Facciamo un quadro della situazione, con l’aiuto della professoressa Silvia Bodoardo, docente e ricercatrice del Politecnico di Torino

Antonio Carnevale
Antonio Carnevale
Nato a Roma, giornalista pubblicista dal 2012, autore radiofonico ed esperto di comunicazione e new media. Appassionato di sport, in particolare tennis e calcio, ama la musica, il cinema e le nuove tecnologie. Da qui nasce il suo impegno su StartupItalia! e Wired Italia, dove negli anni - spaziando tra startup, web, social network, piattaforme di intrattenimento digitale, robotica, nuove forme di mobilità, fintech ed economia circolare - si è occupato di analizzare i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando nella nostra società e nella vita di tutti i giorni.

Quella delle batterie per auto elettriche sarà una questione fondamentale nei prossimi anni. Del resto, nel 2021 i veicoli elettrici hanno rappresentato il 20% della produzione totale a livello mondiale, contro il 12% del 2020. Una crescita destinata a non arrestarsi: secondo uno studio BCG, entro il 2025 le vendite mondiali di auto a batteria dovrebbero salire al 20% del totale, con l’Unione europea a trainare le vendite col 30% del mercato, il 29% in Cina, il 19% negli Stati Uniti. Le auto a batteria raggiungeranno una quota vendite del 39% sul totale a fine decennio e del 59% entro il 2035.

“La batterie europea nasce per essere riciclabile completamente e soprattutto sostenibile”, spiega la professoressa Silvia Bodoardo, docente e ricercatrice del Politecnico di Torino. Ma, prima di arrivare al riciclo, l’obiettivo è allungarne quanto più possibile la vita. La batteria ancora funzionante può essere rigenerata ed utilizzata, ad esempio, in applicazioni di stoccaggio statico di energia, come nel caso delle rinnovabili. “L’Europa sta investendo a tutto tondo nell’ambito batterie – prosegue la professoressa – con una serie di progetti che partono dalla ricerca di base fino all’implementazione delle gigafactory”.

 La filiera italiana delle batterie

Anche l’Italia vuole fare la sua parte. Il 24 giugno il Ministero per lo Sviluppo Economico ha presentato a oltre 70 imprese le opportunità offerte per realizzare la filiera delle batterie. In particolare, ci sono 500 milioni di euro stanziati dal Pnrr, che ha già finanziato la realizzazione della Gigafactory di Termoli (Campobasso) da parte di Stellantis. Con gli Ipcei batterie sono state invece finanziati – per citare alcuni progetti – la Seri Industrial per l’investimento nella Gigafactory di Teverola (Caserta) e la Midac di Soave (Verona). Altri strumenti di agevolazione messi a disposizione dal Mise per le imprese del settore sono il piano Transizione 4.0 e gli Accordi per l’innovazione.

Oltre a quelli di Termoli e Teverola in Italia potrebbe nascere anche una terza gigafactory, a Scarmagno, nei pressi di Torino. Qui lo svedese Lars Carlstrom di Italvolt ha acquistato una superficie complessiva di un milione di metri quadrati su cui costruire un’altra fabbrica di batterie con una capacità di 45 gigawatt. L’obiettivo è avviare la produzione entro il 2024.

Ad oggi però, i veicoli elettrici che percorrono le nostre strade sono ancora pochi, circa 300mila. Una cifra lontana dall’obiettivo di 6 milioni (4 milioni di full electric e 2 milioni di plug-in) previsto dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) presentato a Bruxelles.

Secondo Federauto, negli ultimi cinque anni solo l’1,9% delle vetture vendute è elettrica. Tra i problemi maggiori che frenano l’acquisto, i costi e la mancanza di infrastrutture. “La prima cosa da fare è creare consapevolezza”, ci spiega Bodoardo. “Chi prova un’auto elettrica capisce che è un’auto con maggiori performance di quella con motore endotermico. È silenziosa e la ricarica è decisamente meno costosa della stessa coi combustibili”. C’è poi la questione ambientale. “Ogni anno abbiamo un nuovo record di aumento della temperatura media del pianeta. L’elettrificazione delle auto non risolve tutto il problema  – circa il 20% delle emissioni è legata alla mobilità – ma è un tassello che non va ignorato”.

Leggi anche: Batterie delle auto elettriche: quando sono “circolari”? Facciamo il punto

bodoardo batterie
Silvia Bodoardo

Quanto incidono le batterie sulla diffusione delle auto elettriche?

Autonomia, costi e possibilità di riciclo sono tra i principali limiti attuali delle batterie. “I costi sono certamente una limitazione e infatti la diffusione maggiore delle auto elettriche è avvenuta in paesi ricchi e dove sono stati messi grandi incentivi”, chiarisce la professoressa. “In ogni caso – prosegue – con l’aumento della produzione e la concorrenza tra case automobilistiche, ci si aspetta una diminuzione dei costi e questo è in particolare legato alla diminuzione dei costi delle batterie negli anni”.

L’autonomia invece, secondo Bodoardo, non è un problema così rilevante. “Nella maggior parte degli usi – chiarisce – le auto percorrono pochi chilometri, quindi le ricariche si possono fare una o poche volte a settimana, considerando che le auto elettriche arrivano a percorrere 400-500 chilometri”. Niente drammi, dunque, anche considerando che le nuove generazioni di batterie avranno un’autonomia sempre maggiore. “Ora è anche possibile fare il fast charge – aggiunge – che però è meglio fare solo quando davvero necessario”.

I cicli di carica e scarica, infatti, soprattutto se ad alta potenza o fast, sono processi che logorano i componenti della batteria. L’usura incide sulle prestazioni: quando queste scendono tra il 70% e l’80% della capacità effettiva iniziale, la batteria non è più considerata utilizzabile per alimentare un veicolo elettrico. La maggior parte delle batterie in commercio sono oggi garantite per 8 anni o 160mila chilometri. Cosa accade dopo?

Leggi anche: Mobilità elettrica: criticità e soluzioni di un mercato in espansione ma non ancora circolare

La seconda vita delle batterie

Esistono già oggi diverse procedure per recuperare i materiali presenti nelle batterie per la produzione di nuovi accumulatori. Ci sono inoltre anche altre soluzioni, come la costruzione modulare a elementi separati che consente di sostituire, appunto moduli o singole celle in caso di guasto, evitando di doverle sostituire in blocco.

Secondo l’ultimo report annuale di Tesla sull’impatto ambientale dell’elettrificazione l’azienda di Elon Musk è in grado di recuperare e riutilizzare oltre il 90% dei materiali delle batterie prodotte. Non dimentichiamo poi che, come accennato in precedenza, le batterie non più utilizzabili sulle auto possono avere una seconda vita ed essere impiegate in altri settori. “In particolare la second life è per l’uso nell’ambito stazionario”, spiega Bodoardo. “Quando le batterie sono circa all’80% della loro capacità, non possono più essere utilizzate nell’ambito automotive, ma possono trovare una nuova vita ancora nell’ambito del recupero dell’energia stazionaria. Per stoccare l’energia rinnovabile, infatti, è importante avere celle ad alta densità di energia, ma non sono più così importanti gli aspetti legati alla potenza. Inoltre, non ci sono problematiche legate ai volumi, come invece nell’ambito automotive”.

La produzione di auto elettriche aumenterà in modo esponenziale e questo porterà a un picco della domanda di celle per batterie. Secondo Basf entro 5-10 anni il riciclo potrà diventare la più importante forma di approvvigionamento dei materiali. Melanie Maas-Brunner, chief technology officer del colosso tedesco del settore chimico ha dichiarato che “i volumi dei minerali per catodi ricavati attraverso il riciclo supereranno quelli provenienti dalle estrazioni minerarie entro i prossimi 5-10 anni”. Per puntare sull’economia circolare, la Basf sta costruendo un impianto per il riciclo nella Germania orientale, dove già lavora alcuni materiali catodici per le celle delle batterie.

“Quando un domani sarà facile ed economico riciclare e ci saranno anche un numero di batterie sufficienti per questo – conclude la professoressa Bodoardo – probabilmente sarà più conveniente avere delle batterie nuove realizzate con materiali riciclati piuttosto che batterie di secondo uso”.

Leggi anche: La circolarità delle auto elettriche? Un obiettivo necessario ma ancora lontano

Entro il 2030 tutto può cambiare

Il mercato, dunque, va avanti deciso verso l’elettrificazione. Eppure, nonostante proprio nelle scorse settimane sia arrivato lo stop alla vendita di auto e furgoni a benzina e diesel entro il 2035, l’Europa ha lasciato aperto uno spiraglio all’utilizzo dei carburanti sintetici.

“Esistono delle situazioni, per esempio il traffico aereo o le grandi navi, per le quali è difficile e poco conveniente l’utilizzo dei sistemi a batteria”, spiega Bodoardo. “In questi casi è più semplice e utile utilizzare combustibili, che devono però essere green in quanto la disponibilità di petrolio non è infinita. L’alternativa per questi sistemi di grande dimensione può essere l’idrogeno, che sappiamo però essere poco efficiente e molto costoso, anche in termini energetici”. Le aziende automobilistiche sono invece ormai orientate verso la completa elettrificazione. “Non potremo certamente vendere i motori endotermici se le auto saranno solo elettriche – aggiunge la professoressa – e non costruiremo noi batterie e motori elettrici. Col rischio, peraltro, di perdere posti di lavoro e di non crearne di nuovi”. La scelta del nostro Paese di rallentare il processo di elettrificazione – ricordiamo che l’Italia avrebbe voluto spostare la data dello stop alle vendite al 2040 – rischia così di trasformarsi in un pericoloso boomerang.

Intanto, già nel 2030, potremo avere batterie intelligenti, autoriparabili e riciclabili al 100%. Il team di ricercatori del Politecnico di Torino, guidati dalla professoressa Bodoardo, sta lavorando infatti anche al progetto Ue Battery 2030+. “Si tratta di una cosiddetta coordinated supporting action – spiega – che vuole reinventare il modo in cui vengono inventate le batterie”.

Una linea di produzione su scala pre-industriale per celle ioni-litio innovative finanziata dalla comunità europea. Si va dall’implementazione di sensori all’interno delle celle per renderle più sicure e per conoscere perfettamente il loro funzionamento durante tutto il ciclo di vita, a nuovi materiali che si autoriparano all’interno della cella stessa. Se ritenuti valide, i progetti potranno essere implementati nella produzione di massa proprio dal 2030.

Secondo la professoressa a capo del progetto, “le ricerche e le proposte di Battery 2030+ porteranno a una batteria intelligente, con molti tipi di sensori nelle celle, sicura e in grado di autoripararsi”. Inoltre, “anche il riciclo viene pensato per essere sostenibile, quindi con minor uso di energia, e si punta a portarlo al 100%, come già oggi avviene per le batterie al piombo”.

Un tema importante poi, è quello della formazione. “Si prevede la necessità di avere 800mila persone formate nei prossimi anni in Europa per andare a lavorare nelle gigafactory”, conclude Bodoardo. “Per questo sono state avviate iniziative come, ad esempio, lo Young Scientist Event che è stato realizzato in contemporanea in quattro università europee (Politecnico di Torino, Uppsala, Varsavia e Bruxelles), coinvolgendo circa 160 giovani”. I giovani, tutti con competenze diverse, sono chiamati a confrontarsi sulle prospettive future della ricerca e delle aspettative europee sulle batterie, per arrivare a produrre un manifesto per le batterie del futuro. Il manifesto dei giovani scienziati europei sarà presentato a Roma il prossimo 21 settembre.

Leggi anche: Dal 2035 largo ai motori elettrici, o forse no. I carburanti sintetici sono la soluzione?

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie