Non lasciare nessuno indietro: questo il tema principale e lo slogan per la giornata mondiale dell’alimentazione 2022. La crisi geopolitica internazionale che vede contrapposte potenze nucleari si unisce ai cambiamenti climatici e a una pandemia mai conclusa che ha contributo notevolmente a lasciare indietro quasi un miliardo di persone sul pianeta.
Una maggiore e migliore distribuzione delle risorse è certamente il primo passo per garantire un pasto e una vita dignitosa per intere porzioni di mondo, dove i popoli rimasti indietro sono vittime di una impossibilità a reagire per via di guerre, situazione sociale interna inadeguata e spesso assente innovazione tecnologica, con una conseguente incapacità economica.
La malnutrizione è conseguenza diretta dell’attuale scenario globale e, come si legge dal sito della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) dedicato al 16 ottobre 2022: I Governi, il settore privato, il mondo accademico, la società civile e le singole persone devono collaborare in modo solidale per dare priorità al diritto al cibo, alla sicurezza alimentare, alla nutrizione, alla pace e all’uguaglianza per tutti. In effetti ognuno di noi, compresi i giovani, può adoperarsi per un futuro inclusivo e sostenibile dimostrando maggiore empatia e gentilezza nelle azioni quotidiane.
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L’Italia è il Paese più virtuoso del G8, ma c’è poco da rallegrarsi
A distanza di 43 anni dall’istituzione di questa giornata, il nodo da sciogliere continua ad essere l’accesso a un cibo sano attraverso un sistema non impattante e realmente democratico. Influire attivamente e in senso circolare sui processi produttivi e distributivi è l’unico modo per non subirne le conseguenze a breve e medio termine: è tempo di creare un sistema alimentare pensato globalmente.
Oggi viene prodotto cibo per sfamare l’intero pianeta ma 1,3 miliardi di tonnellate di quello stesso cibo, nel 2021, è finito in una pattumiera. L’Italia – i dati sono sempre sul 2021 – è il paese più virtuoso tra quelli del G8, eppure sprechiamo 595,3 grammi di cibo a testa, tutte le settimane in quello che viene definito food waste (sostanzialmente il cibo che arriva nelle nostre case e poi buttato). Gli Stati Uniti, al primo posto di questa classifica, sprecano tre volte di più.
E questi numeri non tengono conto di un altro e significativo dato, quello del food loss che calcola lo spreco nella fase di produzione, raccolta, lavorazione e stoccaggio degli alimenti che, nel 2020, ha inciso per circa il 13,3% della produzione planetaria. A pensarci bene la scelta del consumatore finale influisce su entrambi questi parametri.
Nel primo caso (food waste) basterebbe comprare solo ciò di cui abbiamo davvero bisogno, ciò che un nucleo familiare può realmente consumare in una settimana, magari prediligendo cibi a lunga conservazione se non si ha la certezza del consumo settimanale. Nel secondo caso (food loss) tra le ragioni delle perdite – non tutte ovviamente – ci sono anche standard distributivi che impongono persino la forma o il colore di un alimento – frutta, ortaggi, persino il grano – scartando automaticamente quelli non conformi perché non piacerebbero “esteticamente” al consumatore finale.
Un equilibrio molto fragile è quello su cui si reggono i diversi sistemi economici che restano comunque interconnessi: se gli elementi di fragilità aumentano, rischia di implodere l’intera struttura che unisce i paesi più poveri a quelli occidentali.
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Meno consumi meno sprechi
La malnutrizione porta a uno stato di perenne necessità con conseguenze che si ripercuotono su quello stesso globalizzato sistema. Ed ecco che la fragilità appare evidenziando tutte le storture del sistema. Molte delle grandi questioni sociali internazionali oggi sono frutto di quanto sopra detto. Migrazioni imposte dalla fame e dal bisogno, diseguaglianze, crisi ambientale e persino crimine organizzato con ramificazioni oltre confine: una giusta redistribuzione alimentare li ridurrebbe notevolmente e creerebbe ovunque una maggiore qualità della vita.
Anche quest’anno un’ampia parte degli eventi è dedicata alle giovani generazioni che ci si augura riescano a prendere in mano la situazione, sempre che non sia troppo tardi. Di certo, la ricetta non può che passare attraverso strumenti già in nostro possesso, a partire da quello educativo. Intanto ricordando che la semplice riduzione dei consumi è l’unica soluzione per ridurre spreco alimentare e favorire una reale e corretta alimentazione per le popolazioni del mondo.
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