giovedì, Novembre 6, 2025

Glovo ritira il cottimo climatico ma ci ricorda che la crisi climatica è anche un conflitto urbano

L'invito di Glovo a lavorare durante le ore più calde, anche se appena ritirato dall'azienda, conferma la volontà di estrarre valore fino al collasso delle persone. I casi di cronaca di questi giorni testimoniano che per affrontare la crisi climatica non bastano le scelte etiche ma servono le volontà politiche

Alessandro Coltré
Alessandro Coltré
Giornalista pubblicista, si occupa principalmente di questioni ambientali in Italia, negli ultimi anni ha approfondito le emergenze del Lazio, come la situazione romana della gestione rifiuti e la bonifica della Valle del Sacco. Dal 2019 coordina lo Scaffale ambientalista, una biblioteca e centro di documentazione con base a Colleferro, in provincia di Roma. Nell'area metropolitana della Capitale, Alessandro ha lavorato a diversi progetti culturali che hanno avuto al centro la rivalutazione e la riconsiderazione dei piccoli Comuni e dei territori considerati di solito ai margini delle grandi città.

“La tua sicurezza è la nostra priorità. Sappiamo che l’emergenza calore in corso possa comportare costi imprevisti per proteggerti. Per questo motivo, se effettuerai consegne con Glovo nei mesi di luglio e agosto, avrai diritto a un contributo economico per l’acquisto di crema solare, sali minerali e acqua”.

Questa mail è una feroce epifania: accostare la comunicazione ricevuta il primo luglio dai rider del colosso del food delivery ai bollini rossi per le alte temperature di questa settimana è forse l’esercizio più utile per capire quanto sia impensabile affrontare la crisi climatica con la pretesa della neutralità. In piena emergenza caldo Glovo ha proposto un cottimo climatico. Dopo le polemiche l’azienda ha spiegato che “il cosiddetto bonus previsto durante i periodi di caldo estremo nasce come una misura compensativa e non rappresenta in alcun modo un incentivo alla prestazione”. Mentre è notizia recentissima della marcia indietro dell’azienda catalana: 

glovo 3

Ma forse bisogna anche elencare la progressività dell’incentivo: si va dal 2 per cento in più se si superano i 32 gradi, poi al 4 % tra i 36 e i 40 gradi e si arriva al bonus dell’8 per cento per temperature superiori ai 40 gradi. La mail è stata inoltrata lo stesso giorno in cui c’è stata una morte sul lavoro dovuta alle alte temperature: Ait El Hajjam Brahim, 47 anni, è morto a mezzogiorno mentre stendeva il calcestruzzo nel cantiere di una scuola a San Lazzaro di Savena, nel bolognese. 

Mentre Glovo inviava la proposta di bonus, in provincia di Vicenza, due operai di un’azienda che tratta scarti alimentari hanno avuto un’intossicazione da monossido di carbonio e da anidride solforosa. Erano dentro una cisterna di alluminio, il caldo ha intensificato le esalazioni nocive e i due lavoratori hanno accusato un malore. Portati d’urgenza in ospedale, uno dei due operai adesso è in coma.  

La crisi climatica entra nei luoghi di lavoro, le alte temperature mettono a rischio la sicurezza di chi svolge mansioni all’aperto, di chi lavora nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi agricoli, e in tutti quei luoghi che non concedono una possibilità di riparo dal caldo.

Leggi anche: Piano Sociale per il Clima: le critiche delle ong sulla visione incerta e gli impatti poco chiari

Lavorare col caldo estremo? Estrarre valore fino al collasso

Ieri pomeriggio la ministra del lavoro Marina Calderone, insieme a imprese e sindacati, ha sottoscritto un protocollo per contenere il rischio di infortuni legati al caldo estremo. Il testo prevede una riorganizzazione di turni e orari, con la possibilità di utilizzare la cassa integrazione, e un’attenzione maggiore all’uso di abbigliamento e dispositivi di protezione adeguati. Per la prima volta, la cassa integrazione legata a condizioni meteo sarà accessibile anche ai lavoratori stagionali del settore agricolo. Per la ministra il documento è valido anche per i lavoratori del food delivery. “Questo protocollo guarda anche ai rider” – e ricorda –  “l‘importanza per le aziende e per tutte le realtà lavorative di rispettare tutta la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento alla necessità di potenziare tutti quegli strumenti che servono per proteggere la salute dei lavoratori e delle lavoratrici in condizioni di estrema difficoltà”. 

glovo 2

Mentre le immagini satellitari di Copernicus ci restituiscono la certezza che sarà impossibile pensare di abitare le città come abbiamo fatto fino a questo momento, Glovo esplicita che è autorizzato a estrarre valore fino al collasso. No, non del clima, ma dei suoi lavoratori. Il centro di ricerca e formazione indipendente della Confederazione europea dei sindacati ha elaborato uno studio sull’impatto del caldo e delle ondate di calore su chi lavora all’aperto o in contesti dove si raggiungono alte temperature.

Il caldo può provocare malesseri o compromettere la concentrazione dei lavoratori, aumentando così la possibilità di incidenti. Quando si superano i 38 gradi, si stima che questo rischio cresca del 10-15%. In condizioni di caldo estremo la temperatura del sangue aumenta, e se supera i 39 °C, c’è il rischio di colpo di calore o collasso. All’inizio il sudore tenta di raffreddare il corpo, prova a tutelare l’esistenza di chi si trova costretto a terminare un cantiere o a consegnare un pokè a Bologna. Poi sopraggiunge la disidratazione e si moltiplicano i rischi di vertigini, svenimenti e crampi da calore. 

“Esistono prove sempre più numerose che lo stress da calore sul lavoro sia collegato a malattie renali tra i lavoratori all’aperto. Anche a temperature più basse, il calore porta a una perdita di concentrazione e a un aumento della stanchezza, il che significa che i lavoratori sono più propensi a mettere a rischio se stessi e gli altri. Le alte temperature comportano un aumento della probabilità di incidenti a causa della ridotta concentrazione e dei palmi delle mani scivolosi e sudati, nonché un aumento del disagio causato da alcuni dispositivi di protezione individuale, che possono ridurre la protezione a causa di un utilizzo inappropriato o del mancato utilizzo” si legge nello studio. 

Leggi anche: Clima, la scienza presenta il conto ai giganti del fossile: 28mila miliardi di dollari di danni per le ondate di calore

L’uso dello spazio pubblico delle nostre città roventi

Non c’è mappatura di isole di calore che tenga: stazioni ferroviarie, vie dei centri storici, strade roventi. Eppure tutto ciò che inquadriamo con le termocamere, tutti quei quartieri che registrano temperature al suolo anche superiori ai 48 gradi sono spazi pubblici. Prima di arrivare a casa del cliente, Glovo usa cuore e arterie delle nostre città. Come durante lo sconvolgimento causato dalla pandemia, queste piattaforme mostrano la loro vera innovazione: eludere ogni tipo di restrizione. Il capitalismo digitale non concepisce gli appelli alla responsabilità. Del resto, le piattaforme come Glovo hanno scelto di farsi conoscere come industrie leggeri prive di obblighi nei confronti di chi rende materiale la loro infrastruttura. In “Ultimo miglio, lavoro di piattaforma e conflitti urbani”, ricerca a cura di Maurilio Pirone per Fondazione Feltrinelli, viene spiegata la natura di questa scelta.

“Nella loro narrazione, dunque, esse non estraggono valore dal lavoro dei rider, ma offrono loro un servizio che gli consente di svolgere in autonomia il servizio di consegna  – si legge nel libro – Una retorica che viene mobilitata non solo al fine di legittimare il proprio modello organizzativo nei confronti delle istituzioni, come ad esempio nelle sempre più frequenti sentenze dei tribunali del lavoro sul tema, ma anche nei confronti dei rider stessi. In questo senso, le piattaforme fanno leva sulla dimensione culturale legata all’immaginario smart e innovativo, da un lato servendosene per aggirare i vincoli formali all’economia, raccontandosi come il prodotto di una disruptive innovation che impone una trasformazione del quadro giuridico, dall’altro agitando l’immaginario del lavoretto che, agli occhi dei rider, diviene funzionale a giustificare l’assenza delle tradizionali tutele lavoristiche”. 

A fine ottobre del 2024 nelle immagini di Bologna allagata gli unici corpi in movimento erano proprio quelli dei rider. Oggi si corre lo stesso rischio. Ma gli eventi climatici estremi sono fenomeni sociali che non colpiscono tutti allo stesso modo. Un nubifragio con la pioggia di un mese che scende in un giorno o una settimana intera da bollino rosso amplificano le disuguaglianze, in alcuni casi le rendono più visibili. Stavolta a farlo notare sono le bici e le moto dei rider. E come accaduto durante l’alluvione in Emilia-Romagna, oggi il rischio è di piegare il dibattito alla dimensione individuale congedandosi con una domanda: ma chi è che ordina con questo tempo? Purtroppo sentirsi meglio con la coscienza non aiuterà i lavoratori a proteggersi dal caldo. Non serve uno sforzo etico ma uno sguardo politico, e forse la consapevolezza che nell’era della crisi climatica, in quella che oggi l’OMS definisce la nuova normalità, restano due spinte opposte, una sollecita un fermo, perché le vite valgono di più del profitto, l’altra ti scaraventa sul calcestruzzo o su qualche sampietrino, al massimo prima concede un po’ di magnesio

Leggi anche: lo Speciale sul clima

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie