“Gli impatti dell’inquinamento sulla salute e sul benessere sono in gran parte prevenibili, rendendo ancora più pertinenti le richieste di un approccio one health, con una maggiore integrazione tra i diversi ambiti politici. Questa attenzione alla prevenzione piuttosto che alla cura si tradurrà anche in una società più resiliente”. Sembrano parole di routine, quelle di Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), ma in realtà sono cruciali per comprendere le strategie dell’Unione Europea che punta, almeno in teoria, all’inquinamento zero.
Ma quali sono gli esiti delle politiche comunitarie cosiddette green? Per capirlo bisogna consultare il report “Zero Pollution Monitoring and Outlook”, elaborato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente insieme al Joint Research Centre, il centro di ricerca della Commissione Europea. Un lavoro molto ampio, costituito da più di 120 pagine, che fornisce sia un aggiornamento al primo rapporto, pubblicato nel 2022, sia ulteriori approfondimenti sui progressi compiuti verso gli obiettivi al 2030 del piano d’azione per l’inquinamento zero. I dati testimoniano un assunto che ormai dovrebbe essere diffuso, ovvero il legame indissolubile tra la salute dei nostri ecosistemi e la salute delle persone.

Un legame che, tra l’altro, deve fare i conti col nuovo corso dell’UE, orientato a mettere in discussione il Green Deal a favore del riarmo. Un contesto modificato che tra le righe viene esplicato anche da Leena Ylä-Mononen. “Gli sviluppi politici degli ultimi decenni sono riusciti a ridurre i livelli di inquinamento all’interno dell’UE – afferma la direttrice esecutiva dell’Agenzia Europea dell’Ambiente – Tuttavia ora si assiste a una crescente spinta verso una maggiore autonomia europea, che richiede un aumento delle attività minerarie e industriali nell’UE. È importante che i potenziali impatti ambientali negativi derivanti da queste maggiori attività siano affrontati in modo da garantire progressi sia verso l’inquinamento zero che verso una maggiore autonomia strategica. L’UE deve adottare modelli di consumo che offrano maggiore valore ai cittadini, riducendo al contempo i consumi nelle aree che causano il maggiore danno ambientale: in altre parole dobbiamo consumare meglio, in modo diverso e meno”.
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Le maggiori fonti di inquinamento
L’inquinamento continua a rappresentare una minaccia significativa per gli ecosistemi, l’economia e la salute pubblica. Il Green Deal europeo, e in particolare il piano d’azione per l’inquinamento zero, hanno modernizzato e ampliato il quadro normativo dell’Unione europea per la lotta all’inquinamento. Ma c’è ancora molto da fare, come si evince dal rapporto elaborato da AEA e JRC. Ci sono settori in cui l’UE ha compiuto progressi significativi, e altri che richiedono ulteriori interventi.
Tra i progressi maggiori vanno segnalati i miglioramenti sulla qualità dell’aria e la riduzione dell’uso di pesticidi e antimicrobici. Tuttavia agricoltura, trasporti e rifiuti rimangono importanti fonti di inquinamento. Come sa chi legge da tempo EconomiaCircolare.com il problema però da una parte è dei singoli settori produttivi ma dall’altro è più ampio, e riguarda il modello estrattivista su cui è concentrata gran parte del pianeta. “L’eccessivo consumo di risorse naturali da parte dell’UE sta provocando un inquinamento su una scala insostenibile e i suoi impatti superano i limiti planetari – si legge non a caso nel report – Questo inquinamento ha anche impatti significativi sui Paesi terzi, a causa delle merci importate. Inoltre le continue pressioni sugli ecosistemi evidenziano l’urgenza di ridurre il consumo di risorse e di promuovere iniziative di economia circolare, applicando al contempo con maggiore rigore le politiche ambientali esistenti”.
Come accennavamo prima, la riduzione dell’inquinamento atmosferico è sulla buona strada (è proprio il caso di dirlo), tanto che i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente e del Joint Research Centre – elaborati a partire dalle statistiche di Eurostat e di altri enti comunitari – testimoniano una buona riduzione delle emissioni che ha portato a una significativa riduzione delle morti premature. Si registrano invece progressi limitati nell’ambito dell’obiettivo che mira a ridurre del 30% la quota di persone cronicamente disturbate dal rumore dei trasporti; gli sforzi attuali appaiono inadeguati, soprattutto nelle aree urbane, e richiedono strategie di gestione del rumore più proattive a livello nazionale/locale.
Cattive notizie sul fronte dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi: l’obiettivo che mira a ridurre del 25% l’impatto dell’inquinamento atmosferico sugli ecosistemi, infatti, sembra improbabile che venga raggiunto, in particolare per quel che riguarda ammoniaca e ossidi di azoto. La riduzione delle perdite di nutrienti del 50%, come delineato nell’obiettivo 4a del piano sull’inquinamento zero, è improbabile che abbia successo a causa delle persistenti sfide legate al deflusso agricolo e all’uso di fertilizzanti.
Dati contrastanti sulla plastica: a fronte di “decisi progressi nella riduzione dei rifiuti marini”, si legge nel report, preoccupano invece le microplastiche, dove servirà probabilmente una regolamentazione più rigorosa. Per farlo bisognerà agire certamente sulla produzione di rifiuti, ancora troppo alta. “Ciò evidenzia – riconoscono AEA e JRC – la necessità di ambiziose strategie di prevenzione dei rifiuti e di una transizione verso un’economia circolare”.
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Come ridurre l’inquinamento nell’Unione Europea?
La piena attuazione della legislazione ambientale è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di inquinamento zero entro il 2030. Tra queste si segnalano le revisioni della direttiva sulle emissioni industriali, l’introduzione del nuovo regolamento sul portale delle emissioni industriali, ,la direttiva sulla qualità dell’aria, la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, la direttiva quadro sulle acque, la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e il regolamento sul mercurio. Inoltre c’è, ovviamente, l’ampia legislazione prevista dal pacchetto Fit for 55 che dovrà svolgere, se non verrà ulteriormente modificato, un ruolo chiave nel contribuire agli sforzi di riduzione dell’inquinamento, parallelamente al raggiungimento degli obiettivi climatici. Nuove normative, come i limiti di emissione aggiornati per i veicoli a motore (Euro 7) e il regolamento sul ripristino della natura rafforzano ulteriormente l’ambizione dell’UE di raggiungere l’obiettivo di inquinamento zero.
Ci sono poi alcune proposte della Commissione Europea, attualmente ancora in fase di elaborazione legislativa, che potrebbero dare un ulteriore contributo: in particolare la direttiva per un elenco rivisto degli inquinanti superficiali e sotterranei, la direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo (LMS), ulteriori misure per valutare e ridurre il rischio derivante da sostanze chimiche e misure proposte nell’ambito del Piano d’azione per l’economia circolare, come i controlli sulle perdite di pellet di plastica per limitare l’inquinamento da microplastiche.

Saranno inoltre fondamentali i miglioramenti nella prevenzione e nella gestione dei rifiuti, come già accennato, e, aggiungiamo noi, un’ulteriore diffusione dell’economia circolare. Ma, come ribadiscono l’Agenzia Europea dell’Ambiente e il Joint Research Centre, questi sforzi non saranno sufficienti se non accompagnati da una riduzione della produzione. “Sono state intraprese azioni insufficienti per affrontare gli elevati livelli di consumo dell’UE – si legge nel report – che rappresentano il principale motore dell’inquinamento derivante dalla domanda di cibo, alloggio, mobilità e altre necessità. Le priorità stabilite negli orientamenti politici per la Commissione Europea 2024-2029 e nella bussola della competitività offrono la possibilità di affrontare le opportunità e le sfide individuate”.
Un ottimismo che però deve fare i conti con alcune lacune nel monitoraggio di inquinanti “nuovi” – ad esempio per quel che riguarda le microplastiche e i PFAS. “Sebbene persistano lacune conoscitive – riconosce ancora il report – queste non dovrebbero essere considerate ostacoli all’azione, poiché è evidente che le misure per ridurre l’inquinamento e i suoi impatti devono essere mantenute o addirittura potenziate. Per accelerare i progressi, l’UE e gli Stati membri devono attuare pienamente le misure legislative pertinenti e rafforzare la normativa in materia di inquinamento, rafforzando al contempo la cooperazione tra industrie, pubbliche amministrazioni e società civile. Ciò è particolarmente importante per garantire una transizione giusta, affrontando le attuali disuguaglianze in termini di esposizione e di impatto”.
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