E se le cassette dell’ortofrutta, quelle dove infilare, conservare e trasportare i nostri alimenti, fossero un boomerang? È l’immagine che affianca lo slogan di Cpr System – una delle più note strutture di filiera che produce, movimenta e ricicla imballaggi in plastica ed europallet. “Le nostre cassette tornano sempre indietro” è la scritta che campeggia sul sito e sui social di Cpr System, ed è in effetti ciò che accade con queste cassette che, rispetto alla concorrenza, sono riutilizzabili e riciclabili in ogni loro parte. Si tratta di un modello unico in Italia, che riesce anche a perseguire la massima economicità e qualità del servizio, riuscendo allo stesso tempo a perseguire la sostenibilità ambientale attraverso l’applicazione dei principi di economia circolare.
Cpr System è attiva anche nella grande distribuzione organizzata (gdo) presso marchi noti come Coop e Conad. Nel 2019, ultimo dato disponibile, ha prodotto 150,7 milioni di movimentazioni di cassette a cui vanno associate 6,7 milioni di movimentazioni di pallet. Numeri importanti che nel 2021, come annunciato a febbraio dal presidente di Cpr System Paolo Gerevini, “registrano un aumento esponenziale nelle movimentazioni rispetto agli anni precedenti”. Per saperne di più su questa solida realtà del riuso, leader italiana degli imballaggi in plastica riutilizzabili che sempre più si occupa non solo di ortofrutta ma intende allargarsi anche alla carne e al pesce, abbiamo perciò deciso di rivolgere qualche domanda a Monica Artosi, direttrice generale di Cpr Systems.
Come nascete e in che modo incide sulle vostre attività la natura cooperativa della società?
Cpr System è una cooperativa che associa oltre 1000 aziende della filiera ortofrutta, dalla produzione alla distribuzione. Condividiamo un obiettivo comune che è quello di ottimizzare la logistica distributiva dell’ortofrutta con un corretto rapporto tra costi e qualità del servizio. Proprio la natura cooperativa è la nostra carta vincente perché possiamo affrontare i temi logistici con tutti gli attori principali della filiera in un’ottica di condivisione di obiettivi e finalità comuni.
Come funziona il settore delle cassette riutilizzabili per il settore ittico? Sappiamo che il passaggio al riuso per questo settore è fondamentale, se consideriamo il notevole inquinamento dei mari: voi che tipi di riscontro avete finora avuto?
Abbiamo approcciato il settore ittico da relativamente poco tempo, ma è un settore molto difficile da standardizzare perché ci sono molte differenze di gestione tra i nostri distributori. La nostra strategia punta a trovare soluzioni logistiche customizzate per i diversi distributori. È sempre difficile introdurre innovazioni in un settore che ha sempre usato soluzioni che sono certamente ottimizzate per l’azienda ma meno per l’ambiente. È difficile attuare il cambiamento!
In una recente intervista avete dichiarato che siete pronti a riciclare i pallet di legno: in che modo lo farete, e da quando? È un metodo, il vostro, che potrebbe essere applicabile anche ad altre realtà?
Già oggi nei nostri pallet usiamo il legno riciclato proveniente dai pallet dismessi dal circuito perché rotti e non più riparabili. Per quanto riguarda i pallet in legno siamo già operativi quindi ma non ci fermiamo qui. Stiamo lavorando alla realizzazione di un progetto sui pallet di plastica ottenuti da rifiuti di materiale proveniente da altri settori. È un progetto estremamente innovativo e importante per noi e vedremo i primi pallet ottenuti con plastica riutilizzata già verso la fine del 2022. Contiamo che questo progetto sia espandibile su tutto il mercato dei pallet con evidenti ricadute positive sull’ambiente.
Che scenari intravedete nei sistemi di riuso B2B, tra nuove regole europee e aumento dei costi delle materie prime? Credete che la pandemia abbia influenzato in qualche modo la sensibilità su questi temi?
Una recente indagine Prometeia/Sole 24 Ore evidenzia un rincaro per le imprese a causa dell’aumento dei costi di materie prime preoccupante. Per l’agroalimentare +33%, per legno e carta +7% rispetto a gennaio 2020. È evidente che il tema del riuso delle materie prime e il sostegno a modello circolari di utilizzo nel packaging siano oggi quanto mai in primo piano. La sensibilità su questi temi è altissima ma è poco comunicato il tema chiave del riutilizzo. La plastica riutilizzata senza immissione di rifiuti nell’ambiente è certamente una soluzione da valorizzare sull’opinione pubblica.
Si continua a discutere dell’attuazione del Pnrr che in realtà, sulle misure relative all’economia circolare, si dedica più alla gestione dei rifiuti che ai concetti circolari di riciclo, riutilizzo ed ecodesign. Qual è il vostro parere in merito e più in generale in termini di incentivi da parte delle politiche pubbliche? Credete che ci sia la giusta attenzione o si potrebbe fare di più?
Credo che ancora non sia chiara la differenza tra le R dell’economia circolare. L’obiettivo primario è la riduzione dei rifiuti, indipendenti dal materiale con i quali sono realizzati, quindi riparazione e riuso… poi ci sono le altre R. Certo che si potrebbe fare di più ma forse è comodo dire plastic free e sentirsi di aver contribuito al problema dei rifiuti. Molto più complesso ripensare il nostro modello di consumo.
Davvero la circolarità può abbassare i costi o al momento c’è un costo ambientale che i consumatori devono in qualche modo sobbarcarsi? E quando sarà non solo etica ma anche anche “conveniente” la sostenibilità?
I consumatori stanno già pagando un costo ambientale, il recupero e riciclo dei rifiuti ha un costo. Nelle nostre analisi l’economia circolare è più conveniente anche economicamente, dimostrata dalla nostra esperienza nel circuito ortofrutta. In altri settori risulta comunque più economica ma bisogna riequilibrare i costi lungo l’intera filiera. Un produttore utilizza un imballaggio economicamente più conveniente perché non risponde direttamente del fine vita, quindi dei costi ambientali di quell’imballaggio.
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