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venerdì, Novembre 15, 2024

Cosa succede dopo l’approvazione della legge sul ripristino della natura?

"L'ultimo provvedimento ideologico": così è stato definito dalla viceministra all'Ambiente Vannia Gava il regolamento sul ripristino della natura, che a sorpresa è stato approvato dal Consiglio dell'Unione Europea. E che però, oltre alle conseguenze ambientali, potrebbe avere anche importanti ricadute politiche

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Redazione EconomiaCircolare.com

Di sicuro c’è che è stata una sorpresa: la decisione con la quale lo scorso lunedì il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato la Nature Restoration Law, cioè il regolamento con il quale l’Unione Europea si impegna a garantire il ripristino della natura gravemente impattata dall’eccessivo consumo di questi anni, ha spiazzato commentatori e addetti ai lavori.

Al di là delle reazioni a caldo, a distanza di qualche giorno è possibile elaborare qualche considerazione su uno dei provvedimenti chiave del Green Deal, approvato in un momento complesso che è quello di transizione tra il vecchio assetto istituzionale e quello nuovo, spostato più a destra ma dove la maggioranza a tre teste – partito popolare europeo, socialdemocratici e liberali – sta tentando di preservare equilibri ormai consolidati.

Non per perpetuare una lettura egocentrica ma in questa partita il ruolo chiave lo gioca proprio il governo Meloni. Se è vero che per molti osservatori la destra italiana è la vera vincitrice di queste elezioni è innegabile che soprattutto per Fratelli d’Italia e Lega c’è un nodo da scegliere: appoggiare, e in che modo, la maggioranza che sta già provando a dare le carte nel mazzo delle nomine europee, oppure guidare l’opposizione sovranista, molto più forte e in grado di condizionare ogni singola scelta delle istituzioni comunitarie?

Solo tenendo in mente questo contesto si può provare a comprendere meglio cosa è avvenuto con la Nature Restoration Law e tutto ciò che ne consegue: i malumori del governo italiano, la storia della singola opposizione che potrebbe passare alla storia, il futuro delle terre degradate e, sullo sfondo, un possibile ritorno delle proteste da parte del mondo agricolo.

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Le ultime novità sulla legge sul ripristino della natura

È il 17 giugno quando il Consiglio dell’Unione Europea, l’istituzione che riunisce i ministri dei Paesi membri in base alla materia di discussione (aspetto importante, ci torneremo in seguito), adotta formalmente il regolamento, primo nel suo genere, sul ripristino della natura. Scrive il Consiglio dell’UE – da non confondere con il Consiglio europeo, formato dai leader (capi di Stato o di governo) dei 27 Stati membri – che “questa legge mira a mettere in atto misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati entro il 2050. Stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati, dai ecosistemi terrestri a quelli marini, d’acqua dolce e urbani. Il regolamento mira a mitigare i cambiamenti climatici e gli effetti delle catastrofi naturali. Aiuterà l’UE a rispettare i suoi impegni internazionali in materia di ambiente e a ripristinare la natura europea”.

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È il risultato di un duro lavoro, lungo più anni nel lunghissimo iter procedurale europeo che si prevede per ogni regolamento e direttiva. Basti pensare che la proposta della Commissione, ben più netta e radicale nei suoi obiettivi e poi ampiamente limata nelle successive interlocuzioni con il Parlamento e il Consiglio, risale al giugno 2022. Mentre la consultazione pubblica di quattro mesi era stata aperta a gennaio 2021. Insomma: c’era e c’è stato tutto il tempo necessario per intervenire su un testo che intende dare seguito alla Strategia Ue per la biodiversità.

Il regolamento sarà ora pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE ed entrerà in vigore immediatamente, diventando poi direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Un fattore particolamente importante perché, come ricorda ancora il Consiglio dell’UE, “in base alle nuove norme, gli Stati membri devono pianificare in anticipo e presentare alla Commissione piani nazionali di ripristino, dimostrando come raggiungere gli obiettivi. Devono inoltre monitorare e riferire sui loro progressi, sulla base di indicatori di biodiversità a livello dell’UE”. Anche per via di tale aspetto è stata scelta la formula del regolamento e non della direttiva. Infine entro il 2033 la Commissione visionerà l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori agricolo, della pesca e della silvicoltura, nonché i suoi più ampi effetti socioeconomici.

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Le reazioni europee dopo l’approvazione del regolamento sulla natura

Come era facile aspettarsi sono state numerose le reazioni seguite all’approvazione da parte del Consiglio dell’Ue della legge sul ripristino della natura. Specie perché il successo è arrivato sul filo di lana. A ricordarlo è Euractiv, il portale che fornisce aggiornamenti e approfondimenti sulle politiche dell’Unione Europea. “Un cambio di posizione dell’ultimo minuto dall’Austria, annunciato domenica dal ministro dell’ambiente di Vienna Leonore Gewessler, ha aperto la strada all’approvazione – spiega Euractiv – Anche la Slovacchia, che in precedenza aveva espresso pubblicamente dubbi sulla proposta, ha sostenuto il testo durante il voto cruciale, consentendo alla legge di passare con una maggioranza ristretta di 20 Paesi che rappresentano il 66% della popolazione dell’UE. La soglia per l’approvazione da parte della maggioranza qualificata in seno al Consiglio è del 65%”.

Ecco perché le reazioni più interessanti sono quelle che, in maniera più o meno velata, fanno i conti con questo scenario e con le prospettive future. Da una parte, infatti, il testo rientra in una lunga lista di impegni già presi. Dall’altro il timore, in realtà abbastanza immotivato, è che potrebbe far scattare nuovamente le proteste del mondo agricolo. Pascal Canfin, presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo, ha detto ad esempio che l’approvazione della Nature Restoration Law rientra in “un quadro essenziale per rispettare gli impegni di Montreal sulla biodiversità” (il riferimento è alla Cop15 sulla biodiversità che si è tenuta nel 2022). “Questa legge – ha aggiunto –  aiuterà ad adattarci meglio allo shock del cambiamento climatico adattando i nostri ecosistemi. Contrariamente a quanto affermano le previsioni un po’ caricaturali che a volte sono state fatte, questa legge non rappresenta una minaccia per la nostra sicurezza alimentare. Sono state previste ulteriori flessibilità nel testo per proteggere il mondo agricolo”.

Analoga reazione è quella di Virginijus Sinkevičius, facente parte della Commissione ormai uscente, che oltre alla prevedibile gioia prova immediatamente a rispondere alle critiche piovute da alcuni Stati membri. “Dato che adesso siamo agli Europei, abbiamo giocato alcuni tempi supplementari anche se non volevamo. Ma penso che alla fine siamo riusciti a vincere. E spero che le battaglie politiche e ideologiche siano finite adesso – ha detto – Ora procederemo all’attuazione di questo storico accordo lavorando a stretto contatto con gli Stati membri. Si tratta di una legge fondamentale, la prima legge sulla natura dopo oltre 30 anni, una legge di cui abbiamo assolutamente bisogno per invertire la drammatica crisi della biodiversità che sta accelerando a un ritmo senza precedenti e che sta anche rallentando e ostacolando i nostri sforzi per affrontare il problema climatico”.

Sinkevičius ha poi ricordato che la legge è stata “fortemente sostenuta da cittadini, scienziati, ONG, industria, settore finanziario e molte altre parti interessate, che si sono mobilitate e hanno sottolineato quanto sia importante per il loro futuro. Si tratta di una legge che confermerà anche ai nostri partner internazionali il nostro chiaro segnale che l’UE prende sul serio i suoi impegni internazionali sulla biodiversità, e speriamo che ispiri altri a seguirla. Sono davvero orgoglioso che andremo in Colombia (dove si terrà la prossima Cop sulla biodiversità, nda) non a mani vuote. La Commissione è ora molto impaziente di avviare l’attuazione con gli Stati membri e tutte le comunità e le parti interessate coinvolte”.

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La natura all’italiana

Un tentativo di dialogo, quello posto dalle istituzioni europee in uscita, che però è stato prontamente respinto dalla destra al potere in Italia. La viceministra all’Ambiente Vannia Gava, sempre molto critica nei confronti dei provvedimenti europei a tutela dell’ambiente, ha definito l’approvazione del regolamento sul ripristino della natura come “l’ultimo colpo di coda di questa legislatura ideologica”. Aggiungendo poi che “ l’Italia sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi e ha lavorato a proposte migliorative per garantire il giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica. Il regolamento, così com’è, impatta negativamente sul settore agricolo dell’Unione, accrescendone gli oneri economici ed amministrativi. Non possiamo ignorarlo e non possiamo votare a favore. Occorre più tempo”. E il parere di Gava è tanto più importante perché è ufficiale, nel senso che era proprio è stata proprio lei a partecipare all Consiglio Ambiente Ue di Lussemburgo di lunedì scorso, ribadendo il voto contrario dell’Italia, che si è unito a quelli di Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia (in più il Belgio si è astenuto).

Lo stesso tenore delle dichiarazioni di Gava si riscontra nel commento di Nicola Procaccini, uomo forte di Fratelli d’Italia sull’ambiente e riconfermato parlamentare europeo, con ben 120mila voti nella circoscrizione centrale (dietro solo a Giorgia Meloni). “L’Italia ha ribadito la propria contrarietà, così come Fratelli d’Italia si era espressa a febbraio nella votazione al Parlamento europeo contro uno dei provvedimenti più ideologici dell’ex commissario Timmermans, che parte dal presupposto che gli esseri umani sono dannosi per la natura – ha detto Procaccini – Una misura deleteria che, pur presentando obiettivi condivisibili, è sbagliata nei tempi e soprattutto nelle modalità di attuazione. Rappresenta un attacco feroce a chi vive e lavora nella natura, come gli agricoltori, e comporterà costi economici e sociali elevati, riducendo inoltre il prezioso contributo dell’uomo al mantenimento del territorio”.

Non è un mistero che i partiti al governo in Italia abbiano fatto riferimento, per questa legge e più in generale su settori fondamentali come l’agricoltura e l’allevamento, a Coldiretti, la maggiore associazione italiana in questi ambiti. Molte delle modifiche volute da Coldiretti, grazie alla sponda coi parlamentari europei di destra, erano già passate nella fase del cosiddetto “trilogo” con Parlamento e Consiglio. La stessa Coldiretti lo ricorda quando sostiene che “il testo varato rappresenta un compromesso al ribasso anche se senza dubbio migliorativo rispetto alla prima proposta della Commissione, grazie soprattutto al lavoro della Coldiretti insieme agli europarlamentari italiani che ha portato a far cadere i vincoli più illogici, come ad esempio l’abbandono del 10% delle superfici agricole e disincentivi alla manutenzione del territorio. Restano però alcune criticità, tra cui il tema della gestione dei piani nazionali di ripristino, compresi alcuni obiettivi relativi ai terreni agricoli, assieme al mantenimento degli obiettivi di riunificazione delle torbiere (seppure meno rigidi rispetto alla proposta iniziale)”.

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Di tutt’altro parere è WWF Italia che prima denuncia “una campagna di disinformazione senza precedenti delle lobby agroindustriali” e poi loda il Consiglio Ambiente dell’UE, criticando allo stesso tempo l’opposizione del governo italiano. “Questo risultato – si legge nella nota del WWF –  è il risultato di una massiccia mobilitazione pubblica: negli ultimi anni sono state raccolte oltre un milione di firme e messaggi di cittadini, ripetuti appelli da parte di oltre 6000 scienziati, 100 imprese, organizzazioni giovanili e della società civile a difesa dell’integrità del Green Deal dell’UE”. C’è allo stesso tempo la consapevolezza che adesso inizia, per mantenere la metafora calcistica della Commissione, il secondo tempo, che si preannuncia non meno duro del primo.

“Abbiamo bisogno che gli Stati membri attuino correttamente questa legge nei loro Paesi, in stretta collaborazione con tutte le parti interessate – scrive ancora il WWF Italia – La legge ha affrontato uno dei viaggi più tumultuosi nella storia della legislazione europea. È anche un messaggio molto chiaro in vista dei prossimi 5 anni del Parlamento e della Commissione europei: biodiversità e clima sono e devono restare una priorità strategiche della nuova legislatura”.

Dante Caserta, responsabile Affari Legali e Istituzionali del WWF Italia, dichiara: “Siamo molto soddisfatti per l’approvazione della Nature Restoration Law, una vittoria storica della società civile europea che difende l’ambiente e vuole costruire un rapporto equilibrato tra uomo e natura. Spiace che in un passaggio cruciale per la tutela della natura in Europa, il Governo Meloni abbia clamorosamente mancato l’appuntamento con la storia, opponendosi ideologicamente ad un provvedimento cardine del Green Deal europeo e scegliendo la disinformazione delle lobby dell’agroindustria contro gli interessi dei cittadini. In ogni caso, il Governo non potrà ora evitare di dare attuazione al Regolamento a livello nazionale definendo un piano nazionale con obiettivi chiari, concreti e vincolanti. Il WWF monitorerà da vicino questo lungo processo di applicazione della Nature Restoration Law e confida che il Governo e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica vogliano aprire un dialogo serio e partecipato con tutte le parti interessate per intraprendere un percorso comune che porti a un’effettiva tutela dell’ambiente a vantaggio di tutti i cittadini”.

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C’è chi dice sì alla natura: la storia della ministra Gewessler

Mentre le trattative per le nomine ai massimi vertici delle istituzioni europee si fanno difficili per l’Italia c’è chi rischia addirittura una denuncia da parte del suo stesso governo di riferimento. Si tratta della ministra austriaca dell’Ambiente, Leonore Gewessler, che ha scelto di opporsi alle direttive del suo stesso governo e di votare a favore della legge sul ripristino della natura. La scelta di Gewessler è stata decisiva per approvare il regolamento, come abbiamo già visto, data la maggioranza risicatissima con cui il provvedimento è passato. E, sorpresa delle sorprese, a votare favorevolmente è stata una rappresentante di un governo conservatore.

In questo modo Gewessler ha sconfessato la linea ribadita dal capo del governo austriaco, il cancelliere Karl Nehammer. Il quale ha scelto la linea dura nei confronti della ministra ribelle: ha depositato una denuncia penale contro Gewessler – che potrebbe comportare una pena detentiva fino a dieci anni per abuso di posizione – e sta chiedendo l’annullamento della legge di ripristino della natura presso la Corte di Giustizia dell’UE in Lussemburgo.

Va ricordato che, pur facendo parte di un governo guidato dal partito popolare austriaco, dunque di centrodestra, Gewessler fa parte dei Verdi. Ma in ogni caso era difficile aspettarsi un disallineamento di quel tipo, favorito appunto dal fatto che la decisione finale toccava al Consiglio dell’UE e non al Consiglio europeo, dove invece avrebbe votato Nehammer. Prima della seduta in cui è stato approvato il regolamento Gewessler aveva detto che “fra 20 o 30 anni quando parlerò con le mie due nipoti e mostrerò loro la bellezza del nostro paese e di questo continente, e loro mi chiederanno cosa hai fatto quando era in gioco tutto, voglio poter dire loro che ho fatto tutto quello che potevo”. Anche a costo di rischiare il posto di governo e, forse, anche la carriera politica. A prescindere da come la si pensi, c’è da apprezzarne il coraggio.

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