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domenica, Dicembre 22, 2024

Un libro sui limiti dell’economia circolare denuncia il rischio di “farla troppo facile”

L’Agenzia federale tedesca per l’Ambiente ha pubblicato un libro sui limiti dell’economia circolare, intitolato “The Impossibilities of the Circular Economy”. Il rischio è che si crei l’illusione di un mondo senza rifiuti e non si affrontino gli enormi sforzi davvero necessari per creare un'economia sostenibile

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Redazione EconomiaCircolare.com

L’Agenzia federale tedesca per l’Ambiente (Umweltbundesamt, in sigla Uba) ha pubblicato di recente un libro intitolato in inglese “The Impossibilities of the Circular Economy”, che espone e analizza i limiti dell’economia circolare per come è comunemente intesa.

Il volume, disponibile in versione Open Access con licenza Creative Commons, è un utile vademecum per i decisori politici davanti alle pesanti conseguenze delle crisi – ambientali e non solo – che affrontano quotidianamente, perché analizza con spirito critico le pratiche più ricorrenti (non a caso il sottotitolo è “Separare le aspirazioni dalla realtà”) e individua tra le soluzioni attualmente disponibili quelle più utili a per raggiungere davvero l’obiettivo di un’economia sostenibile ed equa.

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Il Fattore 10 e la ricerca di strategie innovative

A curare il volume sono stati gli scienziati Harry Lehmann, Christoph Hinske, Victoire de Margerie, Aneta Slaveikova Nikolova e la pubblicazione è la quinta di Factor X, un progetto condotto in collaborazione con l’Uba e con il contributo di nomi di spicco della politica e del mondo accademico, che propone strategie innovative per l’implementazione del cosiddetto “fattore 10”. All’inizio degli anni ’90 il chimico e ricercatore tedesco Friedrich Schmidt-Bleek postulò che per uno sviluppo davvero sostenibile i paesi industrializzati devono ridurre il loro consumo di risorse di un fattore 10 entro 50 anni.

Le idee chiave dei diversi capitoli sono state raccolte in un fumetto, con lo stesso titolo e il sottotitolo “La circolarità è un argomento caldo ma porta con sé molti problemi”: un godibile storyboard che aiuta i lettori a districarsi tra soluzioni impossibili e soluzioni possibili e auspicabili.

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Il sogno circolare è realizzabile?

Il libro evidenzia i limiti dell’economia circolare e aiuta a definirne più correttamente il concetto da un punto di vista scientifico e della praticabilità. Già nel primo capitolo, intitolato non a caso “Circularity dreams”, ci si sofferma proprio su quanto sia realistica l’idea di una economia circolare da una prospettiva fisica, evidenziando come spesso le intenzioni enunziate in questo campo contraddicano i limiti fissati dalle realtà fisiche concrete.

“L’economia circolare si è sviluppata in gran parte dopo il 2000 – recita il volume –. Tuttavia, il conflitto tra il concetto di economia circolare e le realtà fisiche è molto più antico. Ad esempio, i sostenitori del riciclo infinito furono pesantemente criticati sulla base della termodinamica già negli anni ’60”. Gli autori evidenziano le deboli basi su cui si poggia l’eventuale intenzione di estendere senza limiti l’approccio “cradle to cradle” (dalla culla alla culla).

Mentre “da un punto di vista politico il concetto è pericoloso in quanto non solo crea l’illusione di un mondo senza rifiuti, ma non riesce nemmeno ad affrontare gli enormi sforzi che sono realmente necessari per creare un’economia sostenibile, compresa la necessità di rallentare l’esaurimento delle risorse naturali, riducendo la domanda di energia e modificando radicalmente il design dei prodotti e dei processi produttivi. Le favole troppo semplificate e quindi fuorvianti di una rapida transizione verso un’economia circolare non aiutano. Al contrario, negano la gravità del problema e la difficoltà delle sue soluzioni”.

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Sul cibo circolarità impossibile. E neanche gli insetti bastano

Anche il secondo capitolo dedicato al cibo non offre risposte semplici: le soluzioni in campo orientate alla circolarità “non soddisfano e non possono soddisfare tutte le aspettative, ma possono fornire un modo più sostenibile di produzione alimentare”. I fattori in campo nella produzione, nel consumo e nel post-consumo sono molteplici e se alimentarsi con gli insetti potrebbe aiutare perché i rifiuti sarebbero utili come fertilizzante, va considerato che questa pratica “non trova ancora una concreta applicazione nell’industria, poiché ancora limitata dalla legislazione volta a proteggere il bestiame e la salute dei consumatori”.

Senza considerare che, se mangiare insetti è molto meglio in termini di emissioni di gas serra, anche per questa opzione servono colture e quindi suolo ed energia. “Tutto sommato – concludono gli scienziati –, una dieta priva di proteine animali, con sostituti vegani ad alto valore proteico e un’agricoltura ecologicamente ricostituente sembrano pratiche più sostenibili degli insetti come cibo”.

Idee radicali certo, ma – ammonisce il libro dell’Agenzia federale tedesca per l’ambiente – sono necessarie soluzioni decisive e innovative nella produzione alimentare e nella gestione degli sprechi alimentari, data la crescita della popolazione e il cambiamento delle abitudini alimentari che si verificano nelle classi medie emergenti”.

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Una fede più pericolosa di quella nella Terra piatta

Il capitolo 3 torna sul tema del sogno impossibile e motiva con dovizia di particolari la necessità di puntare dritto sulla riduzione dei rifiuti “a monte” e sull’ecodesign, perché l’economia circolare intesa come riciclo, da sola, “non può risolvere il problema della gestione dei rifiuti”.

Nel capitolo 4, dedicato alla “natura entropica del processo economico”, Mario Giampietro, docente e ricercatore presso la Universitat Autònoma de Barcelona, dà una spiegazione scientifica a quelle che definisce le “sciocchezze dell’economia circolare”.

L’obiettivo è quello di mettere in condizione il lettore di andare oltre le semplificazioni e il greenwashing, individuando i limiti e le vere potenzialità dell’economia circolare. A suo avviso l’arroganza associata al concetto di economia circolare – il presupposto che possiamo sostituire la natura generando il nostro sistema di supporto vitale – rappresenta un pericolo. Se invece riflettiamo sulla nostra totale dipendenza dalla natura – dopo aver riconosciuto che “il processo economico è entropico” – possiamo capire meglio che il riciclaggio, il riutilizzo e la riduzione dei rifiuti sono le uniche strategie che abbiamo per affrontare l’insostenibilità dell’attuale modello di crescita economica.

Il capitolo evidenzia come nel processo di produzione e consumo di beni e servizi, solo i flussi secondari (quelli prodotti e consumati dall’uomo) si possano riutilizzare all’interno del sistema, mentre i flussi primari, che dipendono dall’esistenza di un approvvigionamento esterno e di una capacità di assorbimento forniti dalla natura, flussi essenziali e sottratti al controllo umano, non si possono riciclare o rigenerare.

La fede cieca in un concetto indefinito di economia circolare, nota Giampietro, rischia di essere analoga ma più pericolosa di quella che nel sesto secolo faceva credere nella Terra piatta. E poi la conclusione lapidaria: “La pericolosa ebbrezza della moderna indagine scientifica nel campo della sostenibilità si può spiegare con l’uso egemonico di narrazioni obsolete sostenute da presupposti economici ortodossi sul potere illimitato della scienza e del mercato”.

Il volume è molto corposo e ricco di spunti e avremo ancora modo di raccontarlo e approfondirne i singoli temi su EconomiaCircolare.com insieme agli autori e a chiunque voglia offrire il proprio contributo. L’auspicio è che anche nel nostro Paese i decisori politici e tutti i soggetti a diversi titolo coinvolti in questo ambizioso e ancora indefinito processo chiamato “economia circolare” si possano confrontare su dati e analisi scientifiche il più possibile imparziali e oggettive.

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