La storia dell’adesione di Brescia al manifesto #moNOuso merita di essere raccontata. Non solo perché si tratta del primo Comune al di fuori dei confini dell’Emilia-Romagna che ha aderito all’iniziativa promossa dalla sezione locale dell’ANCI, ma perché traccia un metodo che potrebbe essere facilmente replicato. Ecco perché abbiamo deciso di farci raccontare questo percorso, ancora alle fasi iniziali, da Gianluigi Fondra: ex assessore all’Ambiente del Comune, Fondra da qualche anno è presidente di Brescia Green, un’associazione che si batte per “una cultura ecologica partecipata”.
La delibera con cui il consiglio comunale ha approvato l’adesione al manifesto #moNOuso risale al 27 febbraio scorso. E arriva al termine di un lungo percorso, dove si è preferito il dialogo alla contrapposizione. Certamente il fatto che a maggio la città lombarda andrà al voto ha influito nella decisione di aderire al manifesto #moNOuso: quale partito o lista civica, infatti, avrebbe rischiato di essere accusata di non avere a cuore l’ambiente? Ciò però va valutato positivamente, vuol dire che l’economia circolare comincia a diventare anche conveniente dal punto di vista politico. E questa è proprio una buona notizia.
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Brescia e l’importanza delle municipalizzate
“Il percorso è stato piuttosto laborioso, noi abbiamo presentato pubblicamente il manifesto #moNOuso a settembre 2022 – racconta Gianluigi Fondra – Poi ci sono state lunghe interlocuzioni coi capigruppo e la delibera è stata infine sottoscritta dal gruppo di maggioranza del PD, dalle due liste civiche a sostegno del sindaco, dalla Lega e dai 5stelle che sono all’opposizione. Sono rimasti fuori solo Fratelli d’Italia e Forza Italia”.
In passato Brescia aveva provato a diventare Comune plastic-free, attraverso una mozione presentata dai 5stelle, che però non era mai stata approvata. Ora il salto al riuso non rishia di diventare troppo complicato? “Qui la questione è un’altra – riflette Fondra – A Brescia abbiamo parecchie aziende municipalizzate, a partire dalla Centrale del latte che è una delle aziende più floride dal punto di vista economico e che si estende ben oltre il mercato cittadino. E lì ovviamente è più difficile provare a diffondere il manifesto #moNOuso. Noi invece vogliamo provare a fare proprio questa scommessa: ma sappiamo che ci vuole tempo, pazienza e gradualità”.
D’altra parte Brescia, diversamente dalla maggioranza dei Comuni italiani, ha un bilancio ricco, dove si litiga non sui debiti ma sui crediti e su come investirli. Inoltre la città lombarda, così come Milano, è socia di maggioranza di A2A insieme a Milano: e questo è un elemento centrale da tenere in considerazione nel passaggio al riuso, considerando che A2A si occupa della gestione dei rifiuti.
“Quando ho fatto l’assessore all’Ambiente abbiamo portato la raccolta differenziata dal 34% al 72% – racconta ancora il presidente di Brescia – ma se non avessimo avuto A2A dalla nostra parte non ce l’avremmo fatta. La cittadinanza è molto più avanti dei suoi amministratori: basti pensare che ci ho messo quasi un anno e mezzo per introdurre la raccolta differenziata, adesso abbiamo il porta a porta su tre frazioni e la tessera individuale per il resto dei rifiuti”.
La testimonianza di Fondra in merito all’introduzione della raccolta differenziata si collega alle 80 assemblee nei quartieri, all’incontro con 15mila persone, a un’adesione convinta che ha portato a risultati importanti. Con la speranza che tale modello possa replicarsi anche col manifesto #moNOuso: dopo l’adesione di intenti, infatti, servirà trasformare i principi in buone pratiche e poi in azioni sistemiche.
“Con A2A e la Centrale del latte dalla nostra parte potremo provare sperimentazioni importanti e ottenere risultati significativi – concorda Fondra – Anche le nostre RSA sono di derivazione pubblica, anche se formalmente sono delle fondazioni, e dunque anche loro potrebbero essere coinvolte. Sulle mense scolastiche è più complesso perché dal punto di vista municipale il Comune controlla soltanto gli asili nidi e parte delle scuole primarie, mentre dalle medie in poi la gestione diventa provinciale. Penso poi agli eventi popolari e ai consigli di quartieri, dove anche lì si potrà applicare il riuso”.
La speranza è che nel frattempo gli incentivi arrivino anche dalla politica nazionale, concentrata invece finora a osteggiare il regolamento europeo sugli imballaggi che punta proprio a promuovere il riuso. “Già lo scorso anno, nonostante il Covid, le poche cene di quartiere sono state organizzate col tentativo di superare il monouso. Ci vuole tempo per superare i timori sul riuso che sono depositati da tempo e che il Covid ha rafforzato. Non è tempo di battaglie di bandiera ma di battaglie di merito. Anche perché l’urgenza della crisi climatica non può essere una battaglia di parte”.
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