Probabilmente non erano (solo) terre rare, eppure la richiesta del presidente USA Donald Trump a inizio febbraio di accaparrarsi le materie prime critiche dell’Ucraina in vista della possibile fine della guerra ha fatto riemergere il tema delle protagoniste della doppia transizione ecologica e digitale. Vale a dire, appunto, le materie prime critiche, cioè quell’insieme di minerali e metalli – dal litio al cobalto, dal manganese alle terre rare – di cui si prevede un aumento dell’utilizzo nei più disparati settori, dalle turbine eoliche agli smartphone fino ai droni.

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ha previsto che la domanda di questi minerali potrebbe triplicare entro il 2030 e quadruplicare entro il 2040. E, nonostante le potenzialità dell’economia circolare – e in special modo delle miniere urbane (come raccontiamo in questo Speciale) -, gli investimenti maggiori continuano ad andare verso nuove estrazioni. Un tema di cui anche l’ONU si sta occupando. Grazie in particolare all’apporto di Elisa Morgera, docente di Diritto ambientale globale all’università scozzese di Strathclyde Law School e, dal 2024, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e il cambiamento climatico.
Al tema dei diritti umani nell’intero ciclo di vita delle energie rinnovabili e delle materie prime critiche Morgera ha dedicato una “call for inputs” che scade il 30 aprile 2025. L’obiettivo è di presentare alla prossima assemblea generale delle Nazioni Unite un report che, si legge nella descrizione della call, ha diverse aspirazioni:
- “chiarire gli obblighi internazionali degli Stati in materia di diritti umani, individualmente e nell’ambito della cooperazione internazionale, nonché della responsabilità delle imprese, per sostenere una transizione giusta, migliorando nel contempo la protezione del diritto umano di tutti a un ambiente sano e la prevenzione dei prevedibili impatti negativi dei diritti umani di alcuni approcci di mitigazione del clima”;
- identificare “le buone pratiche, le strategie e le politiche a tutti i livelli che contribuiscono alla promozione e alla protezione di tutti i diritti umani e alla riduzione della povertà durante tutto il ciclo di vita delle energie rinnovabili e dei minerali critici, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare gli obiettivi 13 (azione climatica) e 14 (vita al di sotto dell’acqua)”;
- fornire “raccomandazioni costruttive e concrete sugli approcci basati sui diritti umani, incluso il diritto di tutte e tutti a un ambiente sano, e prevenire la discriminazione, nel contesto della giusta transizione”.
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“Valutare i diritti umani nei nuovi progetti sulle materie prime critiche”
“Un’opportunità davvero importante per esplorare e comprendere appieno i compromessi e dove abbiamo prevedibili impatti negativi sull’ambiente e sui diritti umani che possiamo e dobbiamo prevenire”: con queste parole la relatrice speciale delle Nazioni Unite Elisa Morgera, rilasciate in un panel organizzato dall’International Institute for Environment and Development (IIED), ha messo al centro il tema dei diritti ambientali e umani nella corsa alla transizione ecologica e digitale.
Secondo Morgera, infatti, gli impatti ambientali e dei diritti umani devono essere pienamente valutati nelle decisioni sui nuovi progetti minerari. Di più: in quell’occasione la relatrice speciale delle Nazioni Unite ha aggiunto che “il mondo dovrebbe mettere in discussione la sua crescente domanda di minerali e l’introduzione di misure climatiche inefficaci che danneggiano le persone e il pianeta”.
Insomma: è necessario un passo indietro e, allo stesso tempo, è giunto il momento di affrontare una volta per tutte le mostruose diseguaglianze che in fondo sono alla base del collasso climatico. A tal proposito Morgera ha ricordato che bisogna affrontare la domanda di “come prendiamo in considerazione il consumo eccessivo da parte dei super-ricchi, che sappiamo stanno contribuendo al cambiamento climatico in modi che non sono paragonabili alla stragrande maggioranza della popolazione mondiale”.
Anche perché, nel frattempo, come ricorda il portale ClimateChangeNews, si fanno sempre più numerosi i Paesi produttori di materie prime critiche – dall’Indonesia al Cile e alla Repubblica Democratica del Congo – che hanno già segnalato la distruzione ambientale e le violazioni dei diritti umani legate all’estrazione.

E, aggiungiamo noi, si dà ancora troppo poco spazio – in termini di dibattito pubblico, innanzitutto, nonché di attenzioni politiche e di investimenti finanziari – sulle soluzioni circolari, che già esistono: dall’ecodesign, che ad esempio può ridurre la dimensione delle batterie e dunque l’utilizzo di materie prime critiche, all’efficienza dei processi industriali, dalla costruzione di catene di approvvigionamento circolari al riciclo dei RAEE.
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