Il settore del recommerce – ovverosia della compravendita di prodotti usati – continua ad espandersi ed evolversi. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad una crescita rapida e, a tratti, sorprendente di questo comparto caratterizzato da continue evoluzioni. Non sono state create solamente nuove piattaforme web dedicate alla rivendita di prodotti usati, ma sono anche state attuate significative innovazioni da parte dei portali già affermati nel mercato del second hand. È facile perdere di vista le novità più rilevanti se non si presta costante attenzione.
Tra gli sviluppi più interessanti degli ultimi mesi, si segnala la decisione di eBay UK di abolire le commissioni per i venditori: una mossa strategica di grande impatto per fronteggiare la concorrenza dei siti negli ultimi anni. Parallelamente, un’altra importante innovazione del 2024 è legata all’adozione di una nuova normativa europea per contrastare l’evasione fiscale nel commercio online di servizi attraverso piattaforme digitali.
Per comprendere appieno queste novità e le loro origini, è essenziale ripercorrere alcuni passaggi chiave di questo fenomeno in continua espansione.
Il mercato dell’usato non è più quello di una volta (e anche gli acquirenti sono cambiati)
Il mercato dell’usato ha completamente rivoluzionato l’approccio di molte persone in relazione ai propri acquisti. Tutto ciò ovviamente è avvenuto in parallelo ad un cambiamento culturale. Sempre più persone sono spinte a comprare e/o vendere oggetti cosiddetti “pre loved2 (espressione che indica beni già “amati” ovverosia posseduti da altri) per diversi motivi: non solo per necessità di natura economica, ma anche per il desiderio di adottare uno stile di vita più sostenibile. Il riuso e la rivendita sono divenuti pilastri fondamentali dell’economia circolare: riducono, infatti, la quantità di rifiuti e promuovono un utilizzo più consapevole delle risorse disponibili.
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L’evoluzione del mercato dell’usato
Se, una volta, la compravendita dell’usato era legata soprattutto a questioni economiche o di collezionismo, oggi, come abbiamo analizzato, tale pratica è sostenuta soprattutto da consumatori (in gran parte giovani) attenti alle questioni ecologiche. Questo interesse trasversale non si limita più solo alla moda, al settore dell’high tech o a mercati di nicchia. Aumenta costantemente il numero delle persone che riconoscono il valore degli oggetti inutilizzati nelle loro case. C’è chi predilige scambi dal vivo e chi, invece, si affida a negozi second hand. Indubbiamente un ruolo fondamentale è, però, quello ricollegabile agli strumenti web.
Il recommerce sta conoscendo una crescente popolarità anche grazie ai siti e alle app dedicati a questo settore.
Piattaforme come eBay, Depop e Vinted hanno realizzato un modello di business partendo da questo comparto ed evolvendo la propria offerta. Ebay è stata la realtà antesignana, ma l’avvento delle nuove piattaforme ha spinto lo storico sito ad apportare importanti cambiamenti. In Gran Bretagna – dove, secondo Forbes, il 49% dei consumatori prevede di acquistare più articoli di seconda mano in futuro – Ebay ha deciso di eliminare i costi di transazione che tradizionalmente rappresentavano una barriera per i venditori occasionali. In un mercato dove ogni centesimo conta e altre piattaforme non prevedono questo tipo di costi, tale modifica offre un vantaggio significativo per chi cerca di guadagnare qualcosa in più o semplicemente per chi vuole liberarsi di oggetti non più utilizzati.
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I privati che vendono oggetti usati non sono tassati ma… possono essere segnalati
Alcune delle ultime novità che influenzano tutte le piattaforme di prodotti second hand non sono, però, frutto di strategie commerciali interne, ma sono messe in campo in attuazione di disposizioni normative europee. In particolare, si fa riferimento all’entrata in vigore della direttiva DAC7 che mira a contrastare l’evasione fiscale in Europa attraverso le piattaforme online.
Questa normativa obbliga i portali a trasmettere alle autorità fiscali i dati degli utenti che superano, in un anno, le 29 vendite o i 2.000 euro di incassi. La disposizione coinvolge una vasta gamma di piattaforme che vendono beni (come eBay e Vinted) o che offrono servizi (come, ad esempio, Amazon, Booking o Airbnb). L’obiettivo del legislatore comunitario è identificare chi utilizza questi siti per attività che possono essere considerate professionali e che, di conseguenza, richiederebbero l’adempimento di obblighi fiscali come il pagamento delle tasse sui guadagni.
Secondo la normativa in vigore, se la vendita diventa un’attività abituale, l’utente è tenuto a divenire titolare di una partita IVA (indipendentemente dal volume delle vendite) e a pagare l’IRPEF. In questi casi, il portale fornirà un modulo da compilare per trasmettere le informazioni richieste ex lege.
D’altra parte, chi effettua vendite solo occasionalmente e non raggiunge i limiti stabiliti non riceverà la richiesta di compilazione del questionario.
Vinted, ad esempio, chiarisce sul proprio sito che la “vendita di articoli personali”, anche se realizzata ad un prezzo superiore a quello d’acquisto e quindi potenzialmente profittevole, non è segnalata a meno che non si eccedano i surriferiti limiti. Tuttavia il superamento di questi parametri non implica automaticamente l’obbligo di pagare le tasse sulle vendite effettuate attraverso la piattaforma.
Naturalmente, sorgono dubbi su come queste misure potranno influenzare gli utenti assidui di queste piattaforme e specialmente coloro che desiderano vendere collezioni, magari accumulate negli anni, composte da numerosi pezzi. Come saranno considerati dal fisco questi soggetti? Probabilmente lo scopriremo solo nei prossimi mesi (o anni).
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