Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, più noto con l’acronimo Pnrr, tanti sono stati i tentativi di dialogo da parte della società civile. Anche la nostra testata da qualche mese prova a contribuire al dibattito, ospitando interventi e proponendo analisi, consci come siamo che parte del futuro del nostro Paese passa proprio dai fondi del Next Generation Eu.
Alle soglie dell’arrivo della prima tranche di questi fondi, previsti proprio per la seconda metà dell’anno sui primi progetti relativi alla transizione ecologica e a quella digitale, un ruolo importante sarà quello di monitorarne l’utilizzo. È il proposito attorno al quale si muove l’Osservatorio Civico del Pnrr, nato ad aprile su iniziativa di ActionAid, Cittadinanzattiva e altre organizzazioni della società civile, da Legambiente a Slow Food fino alla campagna Sbilanciamoci!.
Nonostante (o forse proprio per questo) il clima estivo, la partita sta per entrare nel vivo. Entro il 30 luglio, infatti, il Senato dovrà convertire in legge il cosiddetto Decreto Semplificazioni bis (decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77), ovvero il primo tassello per l’avvio dei progetti legati al Recovery Plan. Si tratta di un provvedimento che tocca svariati ambiti, tra i quali gli appalti pubblici, il Superbonus 110%, le energie rinnovabili, la Valutazione di impatto ambientale, il procedimento amministrativo (la cosiddetta sburocratizzazione). Sarà dunque con questa legge che il governo farà intendere all’Europa come ha intenzione di spendere i soldi. Anche perché finora la cittadinanza, sempre restando nell’ambito della metafora della partita, non è neanche scesa in campo. C’è da sperare che le istituzioni italiane sappiano recepire il recente monito arrivato dalla Commissione europea che, sollecitata da una lettera del Forum Disuguaglianze Diversità, ha chiesto al nostro Paese di incentivare la partecipazione.
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Le proposte dell’Osservatorio Civico
Sul Pnrr una delle poche costanti di questi mesi sono state le continue audizioni della società civile da parte del Parlamento, soprattutto da parte delle commissioni Ambiente e Attività Produttive. Il 21 giugno, tra gli altri, è toccato anche all’Osservatorio Civico proprio in merito alla possibilità di presentare emendamenti parlamentari al decreto Semplificazioni. Anche se l’esito non sembra essere stato dei più soddisfacenti. “DOpo il via della Camera, il passaggio al Senato sarà una pura formalità perché i termini sono troppo ristretti per poter presentare anche lì eventuali modifiche al disegno di legge del governo – spiega Damiano Sabuzi Giuliani, policy advisor per ActionAid Italia – Noi abbiamo proposto alcuni emendamenti per una maggiore partecipazione della società civile e per avere una vera trasparenza dei dati. Non ci hanno dato molta retta, visto che l’unico risultato ottenuto è stata un’interpretazione più estensiva del tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, che ora sarà aperto alle ong e ai gruppi non strutturati”.
Briciole, rispetto ai risvolti che potrebbero avere sui territori i progetti legati al Piano sui territori. Proprio per questo già il 21 giugno l’Osservatorio Civico aveva presentato alla Camera un documento di 6 pagine in cui erano dettagliate le proposte venute fuori da “alcune delle principali organizzazioni nazionali con forte esperienza nel settore della trasparenza e rendicontazione”. Lo scopo, oltre all’attività di monitoraggio, è di “organizzare iniziative di coinvolgimento dei territori che saranno impattati dalla realizzazione dei progetti previsti dal Piano”. Ecco perché “una giusta ripartenza potrà avvenire solo garantendo la massima trasparenza delle scelte e degli investimenti e solo se la società civile italiana verrà coinvolta, anche promuovendo pratiche di monitoraggio civico”. Per far questo l’Osservatorio propone che il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale non abbia solo una funzione consultiva ma anche di proposta e che “nel rispetto dei princìpi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, l’esito delle segnalazioni del tavolo alla Cabina di regia e al Servizio Centrale per il Pnrr sia rendicontato e reso pubblico. Per gli stessi motivi, si auspica la presenza delle organizzazioni della cittadinanza attiva all’interno delle strutture dirigenziali che, ai sensi dell’art.8, saranno insediate presso ciascuna amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel Pnrr per il coordinamento delle relative attività di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo”. Insomma: non basta essere ascoltati, bisogna pure decidere insieme e non delegare alle sole istituzioni.
In merito invece alla tanto discussa semplificazione, l’Osservatorio suggerisce che sarà “fondamentale garantire la piena interoperabilità tra enti pubblici e le loro basi informative, che consenta di snellire le procedure pubbliche grazie alla piena realizzazione del principio (e obiettivo/standard della CE) del “once only”, un concetto di e-government per cui cittadini e imprese debbano poter fornire “una sola volta” le loro informazioni ad autorità ed amministrazioni. Al tempo stesso, pur nel rispetto della normativa sulla privacy, sarà fondamentale garantire ai cittadini e alle imprese un accesso rapido e semplificato ai dati relativi ai procedimenti”.
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Valutazioni e raccomandazioni sul Pnrr da parte dell’Osservatorio Civico
Dato che le prime bozze del Pnrr risalgono al 2020, addirittura con un governo precedente, è già possibile tracciare un primo bilancio in merito alla partecipazione? “Il Decreto Semplificazioni è stata un’occasione mancata – commenta Damiano Sabuzi Giuliani, policy advisor per ActionAid Italia – Ma l’attuazione del Pnrr è lunga, e ci saranno altre leggi con le quali rimediare. Il governo finora si è dimostrato più sensibile alle pressioni delle lobby consolidate invece che a quelle delle società civile, che non hanno interessi economici. Certamente noi continueremo a monitorare la destinazione dei fondi del Next Generation Eu, anche perché su alcune opere è comunque prevista la possibilità del dibattito pubblico. Il problema è che ciò non vale per tutte le opere e soprattutto non si capisce come e perché viene deciso di sottoporre o sottrarre un’opera alla discussione collettiva. Fino a questo momento la trasparenza è stata davvero scarsa, tra documenti pubblicati all’ultimo secondo e documenti prima pubblicati e poi ritirati. Per questo motivo noi proponiamo di costruire una piattaforma web sul Pnrr che renda trasparenti i dati, aperti e accessibili da chiunque. Così come avvenuto per le ricostruzioni post terremoto de L’Aquila e dell’Emilia Romagna, dove gli open data permettono di seguire tutta la filiera delle risorse, tra appalti e subappalti, per conoscere l’iter di ogni singolo progetto. Bisogna infatti conoscere prima ciò che si vuole fare, affinché ci si possa organizzare”.
D’altra parte l’idea di un portale open data in teoria è già prevista per legge. Come spiegava lo stesso Osservatorio nell’audizione alla Camera del 21 giugno, “per far questo non bisogna partire da zero, né investire particolari risorse poiché, ad esempio, rispetto alle politiche di coesione, presso il relativo Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri è operante una attività di open government – OpenCoesione – che dal 2012 garantisce la pubblica disponibilità dei dati presenti nel Sistema Nazionale di Monitoraggio gestito dalla Ragioneria Generale dello Stato (dati aggiornati bimestralmente sul portale www.opencoesione.gov.it) e promuove progetti di monitoraggio civico a partire dalle informazioni pubblicate in formato open data”.
Come abbiamo avuto modo di osservare più volte, i processi partecipativi, per dirla con un eufemismo, non sono tra le priorità delle istituzioni. Ma l’attuale pandemia non ci aveva insegnato l’esigenza della cura e la necessità di creare legami di fronte alle avversità? “La partecipazione dei cittadini e delle comunità, in più punti del Decreto, ci sembra sia ritenuta un elemento di rallentamento nella realizzazione delle opere – scrive ancora l’Osservatorio Civico nella propria relazione – Dal nostro punto di vista, invece, è esattamente il contrario. La partecipazione, insomma, viene vista come un limite alla semplificazione e perciò si pensa di poter introdurre delle deroghe. Ci saremmo aspettati un ragionamento esattamente opposto, dovendo semplificare le procedure si dovrebbero introdurre dei princìpi che facilitino e rendano più agevole la partecipazione dei cittadini”. C’è ancora tempo per rimediare, certamente. Ma fino a quando?
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