giovedì, Novembre 6, 2025

Piano Sociale per il Clima: le critiche delle ong sulla visione incerta e gli impatti poco chiari

In un documento congiunto 11 ong indicano che la bozza del Piano Sociale per il Clima, lo strumento pensato per delineare politiche pubbliche in grado di mitigare gli impatti economici della transizione ecologica, è frammentaria e non all'altezza delle complessità. E lanciano una serie di proposte per migliorarlo

Alessandro Coltré
Alessandro Coltré
Giornalista pubblicista, si occupa principalmente di questioni ambientali in Italia, negli ultimi anni ha approfondito le emergenze del Lazio, come la situazione romana della gestione rifiuti e la bonifica della Valle del Sacco. Dal 2019 coordina lo Scaffale ambientalista, una biblioteca e centro di documentazione con base a Colleferro, in provincia di Roma. Nell'area metropolitana della Capitale, Alessandro ha lavorato a diversi progetti culturali che hanno avuto al centro la rivalutazione e la riconsiderazione dei piccoli Comuni e dei territori considerati di solito ai margini delle grandi città.

Si è conclusa la terza fase delle consultazioni per il Piano Sociale per il Clima, strumento pensato per delineare politiche pubbliche in grado di mitigare gli impatti economici della transizione ecologica.

Cittadini, istituzioni pubbliche, associazioni e fondazioni: dal 29 maggio al 15 giugno il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha concluso il processo di coinvolgimento delle realtà ecologiste e sociali impegnate a vario titolo nella promozione della giustizia ambientale e climatica. Al centro dei colloqui ci sono stati i temi che andranno a formare la proposta di interventi per il piano sociale: povertà energetica, sostegno alle famiglie vulnerabili, sostegno alle microimprese vulnerabili e trasporti sostenibili.

Il Piano Sociale per il Clima serve a pianificare gli investimenti e gli interventi necessari per concretizzare una giusta ed equa transizione ecologica. In particolare, l’obiettivo è quello di evitare ricadute negative del nuovo sistema ETS2, ossia quella serie di normative pensate per ridurre le emissioni di CO2 nel settore degli edifici e nei trasporti.

trasporti copertina

Secondo diverse organizzazioni questo processo partecipativo è stato segnato da criticità e inadeguatezze. A segnalare i problemi delle consultazioni sono state undici realtà sociali (Forum Disuguaglianze e Diversità, Legambiente, WWF, Transport & Environment, Caritas Italiana, Clean Cities Campaign, CNCA, Greenpeace, Kyoto Club, MIRA Network e Nuove Ri-Generazioni) con un documento congiunto su osservazioni puntuali e proposte di miglioramento alle misure contenute nel piano.

Il percorso consultivo è stato avviato in tempi estremamente ridotti e senza la possibilità di un confronto aperto, strutturato e realmente accessibile. Il ritardo nell’avvio delle consultazioni, avvenuto a ridosso delle scadenze europee, ha in sostanza compromesso la qualità del dialogo, anche a causa dell’assenza di un’analisi di contesto solida e condivisa. In queste condizioni, affermano le organizzazioni nel comunicato congiunto, “la bozza di piano risulta frammentaria, non all’altezza delle reali necessità e complessità sociali e territoriali che dovrebbe affrontare e che rischia di sprecare le opportunità offerte dal Fondo sociale per il clima, voluto dalla Ue”.

Leggi anche: Alla Cop30 l’UE rischia di arrivare col fiato corto sul clima, tra dubbi e frenate sugli obiettivi al 2040

Le proposte delle ong per migliorare il Piano Sociale per il Clima

Le organizzazioni hanno presentato una serie di proposte focalizzate su misure chiave nei settori dell’edilizia e dei trasporti. In particolare chiedono un potenziamento delle politiche di riqualificazione energetica degli edifici, con l’innalzamento degli obiettivi minimi di efficienza, in linea con gli ambiziosi traguardi di decarbonizzazione e una maggiore attenzione alla protezione delle fasce più vulnerabili. Per le microimprese in difficoltà economiche, le associazioni sollecitano una revisione dei criteri di accesso agli incentivi, considerati poco chiari, e un rafforzamento delle politiche per garantire il raggiungimento degli obiettivi climatici.

Un altro aspetto cruciale riguarda il ruolo del TED, ossia il consulente specializzato nell’analisi dei consumi domestici, pensato per supportare le famiglie vulnerabili nella gestione dei costi energetici. Nella sua attuale configurazione, il piano consegna un’impostazione troppo tecnica e distante dai veri bisogni, mentre le organizzazioni propongono di radicarlo nei territori, coinvolgendo attivamente le realtà istituzionali e sociali.

Infine, nel settore dei trasporti, le proposte includono una revisione dei bonus per l’acquisto di veicoli, sia nuovi che usati, con maggiore attenzione alle necessità dei gruppi vulnerabili e alle specificità territoriali. Le organizzazioni auspicano quindi “che la consultazione prosegua con un reale percorso di co-progettazione, volto a costruire politiche pubbliche strutturali e inclusive. Solo così sarà possibile garantire una transizione ecologica giusta, capace di ridurre le disuguaglianze e di proteggere le fasce più fragili della popolazione”. Poco rispondente alle effettive esigenze sociali e territoriali, questa bozza di piano sociale risulta quindi disomogenea e ancora distante dalla esigenze delle persone che dovrebbe invece mettere al centro della transizione.

sud 4

Sulla stessa linea anche l’associazione A Sud, organizzazione ecologista che ha partecipato alle consultazioni con Filippo Garelli, ricercatore in diritto pubblico, comparato ed internazionale. “Un altro aspetto critico del piano sociale riguarda la scarsa attenzione dedicata al sostegno temporaneo al reddito, che in questa fase sarebbe fondamentale. Inoltre il principio DNSH (Do No Significant Harm) viene solo richiamato in alcune misure, senza che vengano spiegati in modo chiaro e concreto i meccanismi con cui viene rispettato. Un altro limite è la mancanza di una visione sensibile agli impatti territoriali e sociali delle misure proposte. Le politiche dovrebbero essere maggiormente orientate a considerare le diverse vulnerabilità, sia sul piano territoriale, sia sociale in un’ottica di giustizia climatica”, spiega Garelli.

Leggi anche: lo Speciale sul clima

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