La sostenibilità è una grande opportunità per migliorare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, superando gli steccati ideologici e basandoci su analisi che dimostrino l’effettiva sostenibilità delle singole azioni. Il Pil è sempre stato visto come il termometro per misurare lo stato di salute di un Paese da un punto di vista economico.
La sostenibilità economica va oltre ed unitamente a Massimo Gastaldi (professore ordinario all’Università degli Studi dell’Aquila) e Piergiuseppe Morone (professore ordinario ad Unitelma Sapienza Università di Roma) è stato proposto un nuovo indicatore di sostenibilità economica pubblicato su Journal of Cleaner Production.
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Il nuovo indicatore
Tale indicatore aggregato integra 35 indicatori individuati su Eurostat e riferiti agli obiettivi di sviluppo sostenibile economici, quali SDG 7 (Energia pulita e accessibile), SDG8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), SDG9 (Imprese, innovazione e infrastrutture), SDG11 (Città e comunità sostenibili) e SDG12 (Consumo e produzione sostenibili).
Tra questi indicatori figurano ad esempio il tasso di riciclo dei rifiuti urbani, le spese in ricerca e sviluppo, il tasso di occupazione, la quota delle energie rinnovabili, il tasso di povertà. Il nuovo indicatore aggregato è ottenuto moltiplicando il valore dei singoli indicatori riportati su Eurostat e il peso di ciascuno, per il quale si ipotizza una media equamente pesata. Il risultato finale normalizzato può quindi oscillare da 0 a 1.
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Come si posiziona l’Italia
Analizzando il Pil per abitante l’Italia si colloca al 11° posto poco sotto la media europea. Tuttavia la situazione si aggrava se si analizza il nuovo indicatore sostenibile economico aggregato.
Infatti ci collochiamo al 21° posto con un punteggio di 0.454, lontani dalla media europea che registra un 0.521. La classifica vede primeggiare la Svezia con 0.717 seguita dalla Danimarca con 0.702, mentre la classifica è chiusa dalla Bulgaria con 0.342 (Tabella 1). Inoltre, l’analisi scomposta degli indicatori rileva che solo nel SDG12 l’Italia presenta un valore maggiore rispetto alla media europea.
Questo lavoro ha dimostrato che il Pil per abitante non è in grado di cogliere tutte le sfaccettature della dimensione economica. Inoltre, si rileva che l’Italia lavora e produce ricchezza avvicinandosi al livello medio degli altri Paesi europei, ma tuttavia manifesta un uso non profittevole delle materie prime che ci costringe ad essere dipendenti da altri Paesi.
La questione energetica ha dimostrato i rischi e i costi connessi dalla nostra dipendenza dalla Russia, oppure i tanti fermi produttivi e i conseguenti rischi di insostenibilità sociale che riguardano l’intero settore dell’automotive a causa della dipendenza dei componenti (in particolare dei semiconduttori) dall’Asia.
Un debito pubblico alto, livelli di tassazione significativi, bassa percezione dei livelli di servizi erogati sono evidenti freni allo sviluppo di un Paese. Questa analisi, senza se e senza ma, indica che per l’Italia urge una terapia sostenibile. In tal direzione, il Next Generation EU è una grande opportunità con un occhio giustamente rivolto allo sviluppo del Mezzogiorno che sta mostrando significativi progressi nell’ambiente.
Muovere verso la sostenibilità
“Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. Le parole di Alcide De Gasperi sono oggi un faro a cui rivolgere la nostra direzione, in cui occorre una politica economica che muova verso la sostenibilità e prenda scelte non rinviabili. E’ necessario un sistema dinamico di welfare, che tenga conto delle esigenze del singolo individuo ed in particolare dei giovani a cui va data fiducia ed attenzione. Il triste primato europeo dei neet lo testimonia.
Tuttavia, voglio concludere questo intervento con un dato positivo che è emerso da un questionario realizzato dai miei studenti di Ingegneria Gestionale in Sapienza. Emerge che l’educazione sostenibile è il faro della società civile e rappresenta una sfida certamente complessa, ma avvincente e fattibile. Tocca a noi agire. E dobbiamo farlo capendo che la sostenibilità è un processo di transizione, che richiede i suoi tempi e va fatto in modo pragmatico.
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