A volte riciclo e riuso vanno in competizione. La scienza dice che il riuso seguito del riciclo, se praticato a certe condizioni, è in generale da preferire al solo riciclo, perché allunga la vita dei beni prima che, divenuti rifiuto, sia sottoposti a riciclo (procedura virtuosa che permette di impiegare nuovamente le materie prime ma consuma energia e produce a sua volta rifiuti). La gerarchia europea dei rifiuti, con la sua piramide capovolta, dà priorità alla prevenzione e al riuso e solo dopo al riciclo. Eppure la competizione tra queste due fasi esiste. Lo abbiamo visto ad esempio durante i lavori legislativi per il Regolamento imballaggi, che ha visto plasticamente due fronti contrapporsi (a colpi di analisi LCA). Oggi la contrapposizione potrebbe riproporsi, ma con dinamiche di altra natura, per le batterie dei veicoli elettrici (EV). Uno studio (recente ma non recentissimo: è stato pubblicato su Sustainable Production and Consumption nel novembre dello scorso anno) sostiene che una volta che saranno operativi gli obiettivi di contenuto riciclato nelle nuove batterie fissati col regolamento europeo (2023/1542), questi obiettivi avranno l’effetto di far calare il tasso di riutilizzo per accumulo stazionario (nei centri commerciali, nelle case, nelle imprese) a vantaggio appunto del riciclo. Ma procediamo con ordine, anticipando solo che, in questa partita, oltre ai fattori ambientali anche quelli geopolitici hanno un peso.
Repurpose or recycle?
“Repurpose or recycle? Simulating end-of-life scenarios for electric vehicle batteries under the EU battery regulation” (Riutilizzare o riciclare? Simulazione di scenari di fine vita per le batterie dei veicoli elettrici secondo il regolamento UE sulle batterie): si intitola così lo studio di cui vi parlo. Le due ricercatrici (Juliane Seika e Merla Kubli) della svizzera Università di San Gallo che lo firmano hanno impiegato un modello matematico che descrive le dinamiche di sistema per simulare l’impatto del regolamento Ue sul mercato del riuso delle batterie al litio per autoveicoli.
Convenzionalmente si ritiene che quando la batteria di un’auto elettrica perde il 20% circa della propria capacità di accumulo (che si traduce grosso modo in una equivalente perdita di autonomia del veicolo) la batteria viene dismessa. A questo punto, però, quella stessa batteria può essere ancora impiegata per il cosiddetto accumulo stazionario: conservare cioè elettricità per un’abitazione, una fabbrica o uno stadio (come lo stadio dell’Ajax ad Amsterdam, che con le sue 148 batterie seconda vita mette da parte l’energia prodotta da 4.200 pannelli solari). Oppure come serbatoio per bilanciare la rete elettrica alle prese con le asimmetrie tra i consumi e la produzione rinnovabile.
Una tesi di laurea discussa al Politecnico di Torino conferma che l’accoppiata rigenerazione e riuso prima e riciclo poi rappresenta la soluzione migliore sia dal punto di vista ambientale che economico.
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Cosa dice il Regolamento batterie
Pensato per rendere più sostenibile la filiera delle batterie, il Regolamento UE 2023/1542 prevede, tra l’altro, che le nuove batterie dovranno garantire livelli minimi di contenuto riciclato ottenuto sia da scarti di produzione che da rifiuti post consumo.
Questi gli obiettivi. Otto anni dopo l’entrata in vigore del regolamento (quindi nel 2031): 16% di materiale riciclato per il cobalto, 85% per il piombo, 6% per il litio e 6% per il nichel; 13 anni dopo (quindi nel 2036): 26% per il cobalto, 85% per il piombo, 12% per il litio e 15% per il nichel.
Il metodo dello studio svizzero
Per simulare l’evoluzione del mercato delle batterie agli ioni di litio ricondizionate e quello dei materiali riciclati “abbiamo sviluppato un modello di simulazione incentrato sulle dinamiche di mercato a lungo termine, integrando cicli di feedback e ritardi decisionali”. Spiegano Seika e Kubli: “Il modello si è concentrato su una struttura a un ciclo (one-loop system, ad indicare il solo riciclo, ndr) e a due cicli (riutilizzo e riciclo, ndr) e ha preso in considerazione gli incentivi economici quando si decide tra un’applicazione di riutilizzo o di riciclaggio”.

Il lavoro di analisi e previsione si è concentrato sul segmento delle autovetture elettriche, con la Svizzera “scelta come contesto empirico per ricavare raccomandazioni politiche per gli stakeholder sia extra-UE che UE”, scrivono le ricercatrici. La Svizzera è giudicata un caso interessante poiché il Paese deve ancora decidere se adottare la direttiva europea sulle batterie. “Sono state effettuate simulazioni per il periodo compreso tra il 2010 e il 2050 per misurare l’impatto della normativa europea. A tal fine, il modello ha integrato nella sua struttura dodici anelli di retroazione”.
Per verificare gli effetti del regolamento le due ricercatrici si sono comportate come si comportano i medici che testano un nuovo farmaco: lavorano su due campioni di volontari, ai primi somministrano il medicinale, ai secondi un placebo. E poi osservano le differenze tra i due gruppi. Le ricercatrici dell’Università di San Gallo hanno quindi simulato una situazione con il Battery Regolation (BR ON) e una senza (BR OFF).

I risultati dello studio
Cosa osservano Juliane Seika e Merla Kubli nelle loro simulazioni? Intanto “che il regolamento UE sulle batterie è efficace quando si tratta di creare le capacità di riciclaggio necessarie”. Ma anche che “le attuali capacità di riciclaggio sono insufficienti a soddisfare la crescente domanda, evidenziando così la necessità per gli investitori di espandere gli impianti attuali”.
Il contraltare al riciclo, lo abbiamo visto, è che il regolamento, con le quote obbligatorie di materia da riciclo nelle nuove batterie, “porta a un notevole calo delle quote nel mercato emergente del ricondizionamento”.
La simulazione BR OFF (senza regolamento) indica il 62,6% di batterie riutilizzate per uso stazionario al 2030 e il 63,5% entro il 2050. Se invece ‘accendiamo’ il Regolamento (BR ON), da un riutilizzo del 62,6% al 2030 (ricordiamo che gli obblighi di contenuto riciclato partono del 2031) si scende al 49% al 2050 (la frazione che manca per arrivare al 100% va, ovviamente, a riciclo).

“I nostri risultati – si legge nello studio – suggeriscono che esiste un incentivo economico che favorisce l’approccio a due cicli in assenza della normativa”. Riutilizzare la batterie ha cioè anche vantaggi economici. “Di conseguenza, la maggior parte dei materiali end of life viene inizialmente riutilizzata per applicazioni secondarie” (riuso). Tuttavia, sottolineano, grazie alle quote di riciclaggio obbligatorie l’attuazione della norma UE sulle batterie incrementa la domanda di materiali riciclati: “Questo eccesso di domanda dovrebbe far aumentare i prezzi di mercato, incentivando maggiormente i produttori a dare priorità al riciclo”.
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I suggerimenti
“La creazione di un’industria di riciclaggio per le batterie EV è urgente, ma non dovrebbe avvenire a costo di sacrificare il mercato emergente del ricondizionamento a lungo termine”, affermano le ricercatrici. Per evitare questo effetto collaterale suggeriscono iniziative sui due fronti normativo ed economico. “Per realizzare un’economia circolare per le batterie EV è necessario un sostegno equilibrato al riciclaggio e al reimpiego. Chiediamo un quadro politico complementare che garantisca che il reimpiego sia parte integrante del sistema a ciclo chiuso”. Propongono di introdurre quote minime di batterie riutilizzate nel mercato dello stoccaggio energetico o stabilire un’età minima prima si possa procede al riciclo.
Immaginano poi anche “incentivi finanziari ad adottare un sistema a due cicli”. E, infine, la promozione delle attività di ricerca e sviluppo per ridurre la dipendenza da materie prime critiche. La riduzione dell’uso di materiali come il cobalto potrebbe rendere il riciclo meno economicamente vantaggioso, favorendo il riutilizzo. Investire in batterie alternative come le LFP (litio-ferro-fosfato) potrebbe sostenere una maggiore durata delle batterie e ridurre la pressione sul riciclo immediato: “Solo una maggiore sostituzione delle batterie LFP (litio-ferro-fosfato) può aiutare i sistemi di ricondizionamento a riacquistare la loro attrattiva”.
Geopolitica delle batterie (e del riciclo)
Andrea Marchionni è ricercatore dell’Istituto di Chimica dei Composti Organometallici (ICCOM) del CNR che da 10 anni si interessa del riciclo delle batterie al litio, oltre che di produzione di idrogeno e celle a combustibile. Lo contatto per avere un parere sulla ricerca. Mi dice che condivide la proposta di un incentivo per il riutilizzo delle batterie al litio: “Ritengo che il suggerimento di introdurre degli incentivi economici per sostenere anche il riutilizzo delle batterie sia ben fondato e ragionevole, ma non con una revisione degli obbiettivi della direttiva europea sulle batterie, bensì attraverso azioni mirate a questo settore specifico”.
Marchionni rimprovera alle ricercatrici per aver sottovalutato un aspetto del Regolamento batterie: “Nella loro discussione non considerano uno scopo della norma europea: favorire la costruzione di una intera filiera delle batterie sul suolo europeo. Infatti, le batterie al litio sono considerate di grande importanza per la possibilità di elettrificare il settore automobilistico e aiutare a raggiungere alcuni obbiettivi del Green Deal. Dunque, risulta strategica la realizzazione sul territorio europeo di una filiera capace sia di costruire sia di riciclare le batterie al litio per diminuire la dipendenza europea da aziende del sud-est asiatico”. E qui entra in gioco il fattore geopolitico di cui ho scritto. Le autrici, ci dice il ricercatore del CNR, “considerano che il riciclo delle batterie agli ioni di litio (LIB) si fermi alla produzione della black-mass, il semilavorato prodotto dalla triturazione delle batterie, ipotizzando che il recupero dei materiali (Litio, Cobalto, Nichel) verrà effettuato da aziende estere, che attualmente si trovano per la gran parte in Cina. Nel territorio europeo, al momento, esistono una dozzina di impianti capaci di trattare le LIB esauste soltanto su scale pilota, rendendo necessario disporre in discarica questi dispositivi o esportarli verso il sud-est asiatico”. Proprio per questo il Regolamento batterie “vuole incentivare la realizzazione di questi trattamenti sul territorio europeo: per diminuire la nostra dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materiali critici e la realizzazione di nuove batterie in ottica di una piena economia circolare”.
Marchionni aggiunge anche dettagli sulle proprie ricerche: “In questo settore, la ricerca lavora quotidianamente su metodi e trattamenti innovativi a basso impatto ambientale per la rigenerazione ed il riciclo dei materiali. Ad esempio, nel mio gruppo di ricerca abbiamo sviluppato, con il supporto di HAIKI COBAT, un processo idrometallurgico su scala di laboratorio che si è dimostrato essere economicamente sostenibile, facilmente scalabile e che diminuisce l’impatto ambientale per la produzione delle materie prime rispetto all’estrazione mineraria, permettendo di raggiungere le richieste del Critical Raw Materials Act”.
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