Il primo passo per una revisione delle norme che regolano i viaggi transfrontalieri di rifiuti tra Paesi europei e da questi verso Paesi non Ue è stato mosso alla fine dell’anno scorso: la Commissione europea ha presentato la sua proposta di revisione del Regolamento sulle spedizioni di rifiuti (WSR- Waste Shipment Regulation, 2006). “Le nostre nuove regole – ha detto il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, nella conferenza stampa di presentazione – daranno impulso all’economia circolare e garantiranno che i rifiuti dell’UE smettano di inquinare i paesi terzi. È giunto il momento che impariamo che la spazzatura è denaro, non un problema”.
Nei prossimi 12-18 mesi, la proposta di aggiornamento del regolamento sarà sottoposta ai pareri del Consiglio e del Parlamento europeo per l’approvazione definitiva.
Responsabilità
“La proposta di nuove norme, ha spiegato il Commissario europeo per l’Ambiente Virginijus Sinkevičius – si chiama I nostri rifiuti, la nostra responsabilità e ne riassume l’approccio. L’obiettivo è far assumere all’UE una maggiore responsabilità per i rifiuti che produce. Sfortunatamente, oggi non è così, ed è questo che deve cambiare”.
L’anno scorso l’UE ha esportato verso Paesi terzi 33 milioni di tonnellate di rifiuti: + 75% dal 2004. La metà di questi rifiuti sono finiti in Paesi non OCSE, dove gli standard e le pratiche di gestione sono certamente inferiori rispetto a quelli dell’UE.
Secondo Timmermans, la revisione mette in campo “regole molto più severe sull’esportazione verso paesi non OCSE, nonché un monitoraggio più stretto dell’esportazione verso paesi OCSE”. Con l’obiettivo di ridurre il rischio che l’Europa diventi più sostenibile sulle spalle altrui, in particolare di tutti quei Paesi che non hanno leggi stringenti e controlli efficaci al pari dei nostri. I rifiuti, secondo la Commissione, potranno essere esportati solo se il Paese terzo è disposto a riceverli e può recuperarli nel rispetto dell’ambiente. Tutte le società europee che esportano rifiuti al di fuori dei confini dell’Unione, questo prevede la proposta della Commissione, “dovrebbero garantire che gli impianti che ricevono i loro rifiuti li gestiscano in modo ecologicamente corretto”.
Mentre le relazioni che la proposta vorrebbe impostare con i Paesi non Ue sono improntate alla vigilanza, quelle all’interno dell’Unione rispondono in primis all’esigenza si spingere l’acceleratore sull’economia circolare.
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Il contesto
L’Agenzia europea per l’Ambiente (EEA-European Environment Agency) ci offre importanti dati di contesto: oggi oltre il 90% dei rifiuti prodotti nell’UE viene trattato nel Paese in cui è stato prodotto. In linea con il principio di prossimità alla base della normativa dell’UE sui rifiuti, che richiede che siano gestiti il più vicino possibile al punto di produzione: per evitare l’impatto ambientale del trasporto e l’esportazione degli impatti delle operazioni di gestione.
Negli ultimi 15 anni, ricorda ancora l’Agenzia, la quota di rifiuti oggetto di scambi transfrontalieri è cresciuta, ma lentamente. Nel 2018, circa il 6% dei rifiuti totali generati è stato spedito oltre confine ma restando all’interno dell’UE.
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Economia circolare (e contrasto all’illegalità)
Durante la conferenza stamoa di presentazione della proposta, è stato ricordato che solo il 12% delle materie prime utilizzate nell’industria dell’UE proviene dal riciclaggio: “Non è un numero che soddisfi la nostra ambizione di economia circolare”, ha stigmatizzato Sinkevičius: “Se trattati correttamente i rifiuti, con le moderne tecniche, diventano una risorsa. Questo è ciò che vogliamo incoraggiare, in modo che più materiali ritornino all’economia dell’UE come materie prime secondarie”. All’interno dell’UE ha precisato Timmermans, “vogliamo semplificare le procedure per alcune spedizioni destinate al riciclaggio”. Mentre portare rifiuti nelle discariche e negli inceneritori di altri Paesi membri “deve essere reso più difficile”. Queste misure secondo la Commissione “contribuiranno a creare mercati di scala per i materiali riciclati e a trasformare i rifiuti in una risorsa preziosa”.
Tra il 15 e il 30% delle spedizioni di rifiuti, per un valore di 9,5 miliardi di euro, ha ricordato Sinkevičius, sono probabilmente illegali e chiamano in causa anche la criminalità organizzata. Per questo la proposta “affronta anche le attività illegali”, spiega il Commissario all’Ambiente: “Vogliamo quindi rafforzare il ruolo della Commissione nelle indagini sul traffico di rifiuti nell’UE attraverso l’OLAF, il nostro ufficio antifrode, che sosterrà le indagini degli Stati membri sul campo”.
Nella proposta viene annunciata anche l’istituzione di un “Waste shipment enforcement group” europeo, che rafforzi la cooperazione tra dogane, polizia e autorità di controllo nazionali. E una nuova proposta per rivedere la direttiva sulla criminalità ambientale, “incoraggiando gli Stati membri Stati per introdurre un quadro penale più solido”, ha sottolineato Sinkevičius.
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Perché le esportazioni di rifiuti possono essere utili all’economia circolare
Quando sono dirette ad impianti che, oltrefrontiera, riciclano effettivamente i rifiuti, le esportazioni sono uno dei tasselli della crescita dell’economia circolare, secondo l’Agenzia europea per l’Ambiente (EEA-European Environment Agency). “Le spedizioni di rifiuti all’interno dell’UE, agevolate ma comunque ben controllate, possono portare alla costruzione di economie di scala, riducendo il costo del trattamento dei rifiuti e quindi il prezzo delle materie prime secondarie”, leggiamo in un recente breefing dell’Agenzia. Le imprese “potrebbero beneficiare di economie di scala attraverso l’accesso a rifiuti di buona qualità raccolti separatamente, non solo dal proprio Paese ma anche da altri Stati membri dell’Ue. Ciò creerebbe opportunità per lo sviluppo di strutture di riciclaggio tecnologicamente avanzate di buona qualità e modelli di business economicamente competitivi”.
Secondo l’EEA, “i giusti incentivi per aumentare le spedizioni transfrontaliere di rifiuti destinati al riciclaggio aumenterebbero la sicurezza dell’approvvigionamento” per chi quei rifiuti li ricicla. Questo potrebbe contribuire ad “una riduzione dei prezzi delle materie prime secondarie, con un impatto favorevole sulla loro competitività di costo rispetto alle materie prime primarie”.
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I limiti della proposta
La proposta della Commissione, tuttavia, non convince del tutto. Secondo lo European Environmental Bureau (EEB), rete europea di 140 organizzazioni ambientaliste, “le deroghe previste e l’insufficiente distinzione tra riciclaggio dei materiali e altre forme meno sostenibili di recupero rischiano di annacquare la proposta della Commissione”. Il nuovo regolamento “potrebbe temporaneamente deviare un po’ più rifiuti verso i paesi OCSE piuttosto che quelli non OCSE, ma non renderà più difficile esportare rifiuti e non garantirà che risorse preziose rimangano nel sistema all’interno dell’UE”.
Spiega Stéphane Arditi, direttore dell’integrazione delle politiche e dell’economia circolare presso l’EEB: “Il testo sembra non distinguere tra spedizioni per il riutilizzo e il riciclaggio e spedizioni per forme meno sostenibili di recupero, come l’incenerimento. Ciò semplifica l’esportazione di materiali in un altro paese dell’UE o dell’OCSE per l’incenerimento come per il riutilizzo o il riciclaggio, il che è in contrasto con la gerarchia dei rifiuti”. Inoltre la proposta distingue “tra spedizioni per il riutilizzo e spedizioni di rifiuti, ma trascura il fatto che i prodotti spediti per il riutilizzo a un certo punto raggiungeranno la fine del loro ciclo di vita e dovranno essere gestiti nel paese di destinazione”.
Arditi pone anche un problema legato alla responsabilità estesa del produttore: “Per articoli come l’elettronica e, in futuro, possibilmente tessuti e automobili, i consumatori pagano le cosiddette tariffe di responsabilità estesa del produttore (EPR) per supportare la corretta raccolta, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti. Se le tariffe pagate dai consumatori non seguono i prodotti quando vengono spediti all’estero per il riutilizzo, rimarranno indebitamente presso i produttori dei paesi esportatori, invece di aiutare i paesi riceventi a gestire la fase di trattamento dei rifiuti”.
Zero waste Europe sottolinea che, “nonostante alcune disposizioni interessanti, i suggerimenti attuali non affrontano adeguatamente la portata e l’impatto del commercio di rifiuti”. L’attuale proposta sarebbe “un gradino al di sopra delle attuali misure in vigore. Tuttavia, la soluzione più sicura, efficace e circolare, sottolineano le ONG esperte, è rispecchiare il crescente movimento dei paesi riceventi nel vietare il commercio di rifiuti di plastica e che l’UE si assuma la responsabilità degli elevati livelli di rifiuti che genera vietando tutti gli Esportazioni di rifiuti di plastica dell’UE”. Zero waste Europe indica alcuni punti deboli della proposta: la scelta di limitare solo alcune esportazioni di plastica a Paesi non OCSE; la possibilità di esenzioni sulle esportazioni di rifiuti di plastica; l’attuale resistenza dell’UE nel recepire integralmente la normativa di Basilea La Convenzione.
Jim Puckett, direttore esecutivo del Basel Action Network, ricorda come “la Convenzione di Basilea richiede che tutti i Paesi siano autosufficienti nella gestione dei rifiuti”. Secondo Puckett “l’UE, che è molto ben dotata di risorse rispetto al resto del mondo, dovrebbe essere tra il primo gruppo di nazioni a raggiungere la piena autosufficienza dei rifiuti e smettere di giocare al gioco del commercio globale dei rifiuti. Va adottato un divieto senza eccezioni nello scambio dei rifiuti”.
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