Come si gestiscono in ottica di riciclo le plastiche presenti nei rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)? E quale tipologia di riciclo è il più adatto? Il riciclo meccanico o il riciclo chimico? La plastica dei RAEE costituisce tra il 15% e il 35% del loro peso ed è composta da vari polimeri differenti come il polistirene, il polipropilene, il policarbonato e miscele degli stessi. Riciclare questi rifiuti è complicato non solo per via di questa varietà di polimeri, ma anche per la presenza di additivi organici e inorganici come stabilizzanti, ritardanti di fiamma e coloranti, impiegati per migliorare caratteristiche e prestazioni di alcune componenti plastiche delle apparecchiature.
Nell’ambito del progetto “Training for Circularity – Borse di Studio (WEEE Edition)”, promosso dal Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali, in collaborazione con ERION WEEE ed ENEA – Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, la ricerca condotta dalla borsista Rosanna Della Porta, sotto la supervisione dei ricercatori dell’ENEA Riccardo Tuffi e Letizia Tuccinardi, ha testato l’efficacia del riciclo meccanico e chimico della plastica presente nei RAEE grazie ad alcune tecnologie di riciclo a scala del Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali (T4RM). “L’obiettivo ha riguardato il recupero e la valorizzazione della frazione plastica di alcuni RAEE da reimpiegare in altri processi produttivi”, spiega Rosanna Della Porta. “I risultati raggiunti, così come le criticità emerse, possono essere un riferimento per ulteriori ricerche e approfondimenti in modo da giungere a processi standardizzati che possano trovare impiego a scala industriale e contribuire in maniera più incisiva alla transizione verso un’economia circolare”.
Il riciclo delle plastiche può essere suddiviso in quattro categorie principali, ognuna con caratteristiche e applicazioni specifiche:
- Il riciclo primario (meccanico) consiste nel recupero di scarti di lavorazione industriali non contaminati e costituiti da un unico polimero che, miscelati con il polimero vergine, restituiscono prodotti di qualità equivalente a quelli che si otterrebbero a partire dal solo polimero vergine;
- Il riciclo secondario (meccanico) è effettuato su materiali plastici post-consumo al fine di ottenere prodotti plastici caratterizzati da una qualità inferiore rispetto a quella del materiale di partenza. È la forma di riciclo più utilizzata e può essere applicata, previa separazione, a plastiche mono-polimero (riciclo omogeneo) o a plastiche caratterizzate da un lieve grado di eterogeneità polimerica, previa eventuale compatibilizzazione dei polimeri presenti (riciclo eterogeneo);
- Il riciclo terziario (chimico) prevede l’impiego di tecniche termiche e/o chimiche (depolimerizzazione chimica o termica, cracking termico, cracking catalitico) al fine di scomporre il materiale nelle sue parti costitutive (monomeri/oligomeri o miscele eterogenee di idrocarburi) che a loro volta possono essere impiegate per la produzione di polimeri vergini, prodotti chimici o combustibili.
- Il riciclo quaternario (termico) consiste nel recupero energetico attraverso la combustione dei materiali plastici in impianti di termovalorizzazione ed è impiegato solo quando le altre tipologie di riciclo non sono possibili o sostenibili economicamente.
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Dalla spazzatura alla stampa 3D
Il primo campione oggetto di riciclo secondario meccanico è composto da plastiche di apparecchiature dismesse come condizionatori, schermi piatti, monitor di computer, piccoli elettrodomestici ed elettronica di consumo provenienti da un’azienda di trattamento RAEE in provincia di Macerata. “Il riciclo meccanico – spiega Rosanna Della Porta – è stato applicato per ottenere filamenti per stampa 3D con tecnologia a deposizione fusa (FDM), da utilizzare come una sorta di toner in alternativa alle bobine di polimeri vergini”. Questi filamenti sono stati ottenuti a seguito di un processo chiamato “estrusione”, che fonde i vari campioni plastici (resi opportunamente omogenei e compatibili) a una temperatura selezionata di circa 200 °C e li fa passare in uno “stampo” per ottenere la forma desiderata prima del raffreddamento. A seguito di alcune prove di variazione della temperatura, i fili estrusi hanno presentato un aspetto e una consistenza buona e sono stati avvolti su se stessi, ottenendo bobine di 50 e 27 metri.
La seconda vita delle plastiche dei pannelli fotovoltaici
Il secondo filone di ricerca ha riguardato invece il recupero e la valorizzazione della plastica da un pannello fotovoltaico in silicio cristallino, che è attualmente la tipologia di pannello più diffusa. È stata impiegata innanzitutto una tecnologia di riciclo meccanico, sempre tramite prove di estrusione, per valutare la produzione di un filamento per stampa 3D: in questo caso, però, non è stato possibile ricavare una bobina di filamento idonea. Per questa ragione si è proceduto con l’applicazione di una tecnologia di riciclo chimico attraverso la pirolisi (decomposizione termochimica) di un campione di plastica eterogeneo per ottenere prodotti potenzialmente combustibili di interesse per l’industria chimica e petrolchimica.
Nella figura 3 sono riportati i risultati dell’analisi quantitativa dei gas derivanti dalla pirolisi. Riguardo a una possibile destinazione commerciale, le specie idrocarburiche comprese nel range C2-C5, previa separazione di CO2 e CO, potrebbero essere compresse per ottenere una miscela con una composizione simile a quella del GPL (gas di petrolio liquefatto) convenzionale. La frazione incondensabile ottenuta, costituita da metano (C1), monossido di carbonio e idrogeno, potrebbe invece essere utilizzata come combustibile industriale (gas d’acqua), mentre il metano è utilizzabile sia in ambito industriale per la produzione di energia elettrica che in ambito domestico per il riscaldamento dell’acqua, per la cottura di cibi e per il riscaldamento degli ambienti. Inoltre, il monossido di carbonio e l’idrogeno sono i costituenti principali del syngas, utilizzato per la sintesi di combustibili o di ammoniaca.
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Riciclo meccanico o riciclo chimico?
“Dallo studio condotto appare evidente l’approccio complementare di riciclo meccanico/chimico impiegato per la valorizzazione delle plastiche presenti nel pannello fotovoltaico”, spiega Rosanna Della Porta. “Infatti, la molteplicità di polimeri individuata nella composizione del pannello ha richiesto la necessità di ricorrere, laddove sussistevano buone condizioni qualitative del materiale, al riciclo meccanico mediante estrusione, mentre le prove di riciclo chimico attraverso la pirolisi sono state condotte su un campione eterogeneo derivante dall’assemblamento di tutti i polimeri selezionati dal pannello stesso. Occorre anche osservare che la filiera del riciclo chimico è molto giovane dal momento che la maggior parte degli impianti nel mercato sono ancora in una fase pilota. In ogni caso è bene che il riciclo chimico agisca in modo complementare a quello meccanico nella gestione della plastica da RAEE dal momento che non esiste una gerarchia assoluta delle forme di riciclo e che occorre di volta in volta circoscrivere cosa rappresenta la migliore scelta in relazione a ciascun flusso di rifiuto”.
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