Una delegazione più numerosa di quella dell’Unione europea, o di quella della Corea del sud, che ospita l’evento. Ecco come si presenta a Busan – per il quinto e ultimo incontro del Comitato Intergovernativo di Negoziazione (INC-5) per il trattato globale sulla plastica – la “delegazione” dei lobbisti delle imprese chimiche e delle fonti fossili. Una presenza decisamente inquietante, visto che abbiamo capito che gli emissari delle imprese fanno gli interessi dei loro datori di lavoro anche in contesti che dovrebbero avere tutt’altri obiettivi. Lo abbiamo visto alla Cop28 e alla Cop29 sul clima: e non a caso il nostro magazine, insieme all’associazione ecologista A Sud e da Fondazione Openpolis, ha avvito la campagna Clean the Cop, per chiedere al governo italiano di lavorare per ripulire le negoziazioni climatiche internazionali dagli interessi delle industrie dell’Oil&gas. E non c’è motivo di pensare che in Corea del sud avranno un contegno più rispettoso degli interessi collettivi.
“Permettere alle aziende produttrici di combustibili fossili e petrolchimici di esercitare la loro influenza in questi negoziati è come lasciare che le volpi facciano la guardia al pollaio”, ha commentato Von Hernandez, Global Coordinator di Break Free From Plastic: “La loro presenza eccessiva minaccia di trasformare un accordo ambientale critico in una farsa”.
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I numeri delle lobby delle fossili e della chimica
A spulciare l’elenco provvisorio dei partecipanti all’INC-5 del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) è il Center for International Environmental Law (CIEL) — supportato dall’International Indigenous Peoples’ Forum on Plastics (IIPFP), l’International Pollutants Elimination Network (IPEN), Break Free From Plastic movement, la Global Alliance for Incinerators Alternatives (GAIA), Greenpeace, Stop Tobacco Pollution Alliance (STPA), Scientists’ Coalition for an Effective Plastics Treaty, and the Uproot Plastics Coalition (Korea): sono 220 i lobbisti dell’industria dei combustibili fossili e chimica accreditati a Busan, “il numero più alto registrato finora”. Questo dato supera infatti il precedente record di 196 lobbisti registrato durante l’INC-4 di Ottawa.
Questi lobbisti, come si accennava, hanno superato delegazioni nazionali come quella della Repubblica di Corea, che contava 140 rappresentanti, e quella dell’Unione Europea con 191 membri. Inoltre, 16 lobbisti sono stati inclusi nelle delegazioni nazionali di Paesi come Cina, Egitto e Malesia. Aziende come Dow e ExxonMobil sono tra le più rappresentate, con rispettivamente 5 e 4 lobbisti registrati. Questi dati, commenta CIEL, “sollevano preoccupazioni riguardo all’influenza sproporzionata dell’industria sui negoziati, con segnalazioni di intimidazioni nei confronti di scienziati indipendenti e pressioni sulle delegazioni nazionali per favorire posizioni allineate agli interessi industriali”.
La delegazione dei lobbisti è risultata più numerosa di quella del Paese ospitante, la Repubblica di Corea, che conta 140 rappresentanti. Anche la delegazione combinata dell’Unione Europea e dei suoi Stati Membri, composta da 191 membri, è stata superata in numero. Inoltre, i lobbisti hanno superato di oltre due a uno gli 89 rappresentanti degli Stati insulari in via di sviluppo del Pacifico (PSIDS) e i 165 delegati della regione dell’America Latina e dei Caraibi (GRULAC). Inoltre la presenza dei lobbisti dell’industria ha superato di tre a uno quella della Scientists’ Coalition for An Effective Plastic Treaty e di quasi nove a uno quella del Caucus dei Popoli Indigeni.
Graham Forbes, capo delegazione di Greenpeace a Busan: “Questa analisi mostra un’industria disperata disposta a sacrificare il nostro pianeta e ad avvelenare i nostri figli per proteggere i propri profitti. Le lobby dei combustibili fossili e dei petrolchimici, aiutate da una manciata di Stati membri, non devono dettare l’esito di questi negoziati critici”.
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Infiltrazione dei lobbisti della plastica nelle delegazioni nazionali (e intimidazioni)
Mentre le organizzazioni della società civile, gli scienziati indipendenti e i titolari di diritti affrontano significative barriere finanziarie e logistiche per partecipare ai negoziati, l’industria dei combustibili fossili e chimica mette in campo risorse significative per influenzare i negoziati. Con la conseguenza di una rappresentanza inadeguata delle voci della società civile, compromettendo l’equità del processo negoziale.
Un aspetto preoccupante emerso durante l’INC-5 è stata la presenza di 16 lobbisti dell’industria all’interno di delegazioni nazionali, tra cui quelle di Cina, Repubblica Dominicana, Egitto, Finlandia, Iran, Kazakistan e Malesia. Questa inclusione “solleva interrogativi sull’integrità dei negoziati e sulla possibilità che gli interessi dell’industria influenzino le posizioni ufficiali dei paesi”, denuncia CIEL: “La presenza di lobbisti nelle delegazioni nazionali potrebbe portare a conflitti di interesse e compromettere l’obiettività dei processi decisionali”.
Durante i primi giorni dei lavori del Comitato negoziale, denuncia ancora il Center for International Environmental Law, “sono emerse segnalazioni di intimidazioni e interferenze da parte dei lobbisti dell’industria. Ciò include accuse di intimidazione nei confronti di scienziati indipendenti partecipanti ai negoziati e pressioni sulle delegazioni nazionali per sostituire esperti tecnici con rappresentanti più favorevoli all’industria”. Presenza e iniziative delle lobby “sollevano seri dubbi sull’integrità del processo negoziale e sulla capacità dei partecipanti di prendere decisioni imparziali e basate su evidenze scientifiche”.
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Plastica, biodiversità, clima: le stesse strategie
Ciò che emerge nei colloqui sul trattato sulla plastica non è dissimile da quanto abbiamo osservato nei recenti colloqui sulla diversità biologica e sul clima. “Non possiamo permettere che tattiche favorevoli all’industria facciano deragliare e ritardare questi negoziati come hanno fatto in altri spazi multilaterali”, conclude Rachel Radvany, Campaigner del Center for International Environmental Law. “I Paesi devono utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per prevenire l’ostruzionismo e porre fine al controllo delle imprese su questo negoziato. Dobbiamo garantire un trattato che includa forti protezioni contro i conflitti di interesse, la divulgazione delle informazioni sulle lobby e che impedisca agli interessi acquisiti di influenzare l’attuazione dell’accordo”.
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