Mentre è in corso la quinta sessione dei negoziati su un trattato globale sull’inquinamento da plastica, sotto l’egida delle Nazioni Unite, in contemporanea per l’Unione Europea si apre anche la sfida dei dazi USA al 15% sui prodotti commerciali esportati. Il nesso tra le due questioni appare lontano solo in apparenza e in realtà dimostra come l’UE si muova su un filo sottilissimo tra ambizione e mediazione, tra propaganda e realtà dei fatti.
Partiamo dal trattato sulla plastica. Fino al 14 agosto a Ginevra le delegazioni di 179 Paesi – insieme a quasi 2mila partecipanti tra rappresentanti di organizzazioni, scienziati, ambientalisti e industriali – si incontreranno per discutere della bozza di testo del trattato, che da quattro anni vaga in giro per il mondo, tra varie sessioni, senza essere mai completata.
Allo stesso modo la cosiddetta guerra dei dazi tra UE e USA riguarderà, in maniera indiretta ma comunque netta, i manufatti in plastica. Tanto per fare un esempio: visti i dazi sui prodotti in acciaio e alluminio, che saranno attivi a breve (a meno dell’ennesima marcia indietro di Trump), è probabile che le aziende europee e statunitensi vireranno ancor di più sui prodotti in plastica, come ad esempio ha dichiarato qualche tempo fa Coca-Cola.
Insomma: i proclami per porre fine all’inquinamento della plastica, esteso a tutto il ciclo di produzione, devono poi fare i conti con le tensioni geopolitiche e gli equilibri industriali. Ecco perché è particolarmente interessante comprendere qual è la posizione che l’Unione Europea intende portare avanti al tavolo svizzero di questi giorni.
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L’UE punta a “un accordo globale ambizioso” sulla plastica
A partecipare ai negoziati per un trattato globale sull’inquinamento da plastica è l’organo esecutivo dell’Unione Europea, vale a dire la Commissione. In particolare a Ginevra sarà presente il 12 agosto, soprattutto se si dovesse giungere a un accordo (abbastanza improbabile al momento), la Commissaria per l’Ambiente, la resilienza delle acque e l’economia circolare competitiva Jessika Roswall. “Se si dovesse procedere col business as usual – ha dichiarato – la produzione di plastica potrebbe triplicare entro il 2060. L’UE rimane fermamente impegnata a trovare una soluzione globale per ridurre l’inquinamento da plastica e ci aspettiamo che tutte le parti siano flessibili e aperte nei negoziati. Dobbiamo concordare politiche globali efficaci a beneficio sia delle persone che del pianeta”.

Sterne blau Collage European Parliament
Una dichiarazione abbastanza piatta e che parla anzi di “ridurre l’inquinamento”, senza dunque pensare di arrestarlo del tutto, e che punta a soluzioni “flessibili e aperte”, che di solito è la formula lasciapassare per compromessi al ribasso. Va ricordato che per ottenere un “accordo globale ambizioso”, come scrive la Commissione sulle proprie pagine, l’UE è attivamente coinvolta nella High Ambition Coalition To End Plastic Pollution, o Coalizione ad alta ambizione per porre fine all’inquinamento da plastica, che comprende 70 Paesi impegnati nei negoziati per porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040. La coalizione parla esplicitamente di “porre fine all’inquinamento da plastica”, non di riduzione. Si tratta di una scelta semantica, quella optata dalla commissaria Jessika Roswall, che lascia intravedere un possibile cambio di strategia ai tavoli negoziali o è una cautela necessaria, vista la posta in gioco e gli interessi divergenti? Staremo a vedere.
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L’UE non menziona l’economia circolare per l’inquinamento da plastica
Secondo i dati UNEP 2021, come ricorda la stessa Commissione europea, la produzione globale di plastica ha raggiunto uno sconcertante livello di 400 milioni di tonnellate all’anno. E, soprattutto, di questa quota enorme solo il 9% viene riciclato, col risultato di una costante, e anzi crescente, quantità di rifiuti di plastica che contaminano l’ambiente, compresi gli oceani e i fiumi.
A causa di queste statistiche allarmanti, scrive ancora la Commissione, “l’UE sta sostenendo un trattato che affronta l’intero ciclo di vita della plastica, dalla produzione allo smaltimento, e include misure per eliminare gradualmente alcuni prodotti di plastica che rappresentano un rischio significativo per la salute umana e l’ambiente. L’UE continuerà inoltre a sostenere disposizioni efficaci sulla gestione ecologica dei rifiuti di plastica”.

Nessun riferimento, almeno in questo caso, al Circular Economy Act, cioè la prima legge-quadro europea sull’economia circolare, che tra il 2026 e il 2027 è destinata a orientare strategicamente produzione, consumo, gestione delle risorse e politiche industriali nel prossimo decennio, anche con l’obiettivo di rendere l’Europa più autonoma, competitiva e resistente agli shock globali. Diventa sempre più evidente che per fermare l’inquinamento da plastica il primo vero passo è la riduzione della produzione, così come previsto al vertice della gerarchia dei rifiuti. Più che ad azioni settoriali o verso regolamenti al ribasso, dunque, la posizione europea durante il confronto a Ginevra per un trattato globale sulla plastica dovrebbe mirare ad affrontarne l’intero ciclo di vita in maniera radicale e ambiziosa. Così come farà, o dovrebbe fare, il Circular Economy Act.
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