In assenza di una politica regionale e comunale che incentivi davvero l’economia circolare, è difficile tenere un conto aggiornato e fedele delle imprese e delle realtà sociali che si muovono nel settore in Sicilia. Ci prova da tempo l’associazione A Sud Sicilia che, attraverso il progetto Circular Sud, promuove sistemi di produzione e consumo responsabili supportando lo scambio di esperienze a livello locale. Dal 2019 sono già una quarantina le imprese censite da Giulia Di Martino, responsabile del progetto sull’Isola. “Il panorama è frastagliato, e ancora eccessivamente legato alla logica del profitto – afferma Giulia – C’è poi chi si autodefinisce circolare, quando poi dei principi cardine attua veramente ben poco. È per questo che serve ancora molta attività di sensibilizzazione. Però è proprio da qui che arrivano i migliori esempi di azienda, esempi sui quali bisogna puntare e che rendono interessanti le prospettive“.
Distretto delle filiere e dei territori
Un efficace esempio di economia circolare in Sicilia è il distretto delle filiere e dei territori, che fa parte dei distretti del cibo che sono stati riconosciuti dall’assessorato regionale all’Agricoltura a dicembre 2019. L’obiettivo del distretto è quello di svolgere un ruolo strategico nella promozione e valorizzazione dei diversi prodotti afferenti alle filiere agroalimentari siciliane, in un’ottica di sviluppo territoriale sostenibile. Attraverso i diversi livelli di rappresentanza, il distretto include al suo interno otto filiere produttive complete (agrumicola, ortofrutticola, frutta secca a guscio, cerealicola, prodotti ittici e trasformati, olivicola/olearia, carni, piante officinali), tre comparti produttivi (lattiero-caseario, mielicolo e vitivinicolo), tre bio-distretti (Eolie, Valle del Simeto, Terre degli Elimi) e diciotto produzioni agroalimentari di qualità. La costituzione del distretto mira a superare il panorama “polverizzato” e poco cooperante delle realtà dell’agroalimentare siciliano.
Bioedilizia
Sono tante le imprese siciliane che operano in questo settore. Si parte con la Calcestruzzi Ericina Libera Società Cooperativa, che nella provincia di Trapani produce e vende aggregati riciclati di natura inerte (sabbie e pietrisco), oltre a utilizzare solo legno proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile e certificate PEFC o FSC, utilizzare fonti rinnovabili per l’approvvigionamento energetico e controllare le emissioni di polveri.
Si prosegue con la ditta catanese Strutture in Legno Martelli, specializzata nella realizzazione di strutture in legno, che fonda le sue radici su una lunga tradizione familiare per poi assumere l’attuale conformazione societaria nel 2002. L’azienda opera cercando di ridurre gli impatti ambientali su tutto il ciclo di vita del prodotto: dall’approvvigionamento delle materie prima alla fase costruttiva fino all’utilizzo dell’edificio e al suo smantellamento. E ancora c’è la TS Asfalti srl, anche questa una realtà catanese che lavora da oltre 30 anni nel campo delle costruzioni e manutenzioni stradali. La ditta ricicla l’asfalto direttamente sul luogo della lavorazione, consentendo la riduzione del materiale di scarto e un ridotto approvvigionamento di materia prima.
Abbigliamento
Se il territorio alle pendici dell’Etna è più specializzato nella bioedilizia, il palermitano invece pare essersi concentrato più sul settore dell’abbigliamento. Basti pensare al mercato solidale dell’usato di Emmaus, che dal 2015 si occupa dell’accoglienza di persone in difficoltà all’interno di una villa confiscata alla mafia, di autofinanziamento attraverso un’attività di recupero e di riuso di merce usata, e in generale di iniziative di sensibilizzazione e di educazione nel campo della giustizia ambientale e della povertà educativa. Attualmente però Emmaus Palermo ha dovuto abbandonare la propria storica sede, un padiglione di tremila metri quadri proprio sotto Monte Pellegrino, per via della mancata assegnazione formale dello spazio da parte del Comune.
Tra le esperienze più apprezzate c’è poi Al Revés, una sartoria sociale che sfrutta capi destinati a diventare scarto o eccedenza, dopo loro opportuna igienizzazione, per dare vita a nuove creazioni. Qui si organizzano anche corsi di cucito per imparare a recuperare vecchi abiti con le proprie mani. Infine i vestiti ricevuti che non possono essere lavorati vengono donati ad organizzazioni che si occupano dell’assistenza di persone svantaggiate.
Come non citare, poi, la vasta rete di Alab, l’Associazione di Liberi Artisti e Artigiani che dal 2010 continua a crescere in maniera vorticosa il numero di affiliati e che promuove l’arte e l’artigianato per riqualificare il centro storico del capoluogo siciliano. Lo fa stando attenta al riciclo, dando nuova vita agli oggetti che non vanno più di moda, e favorendo azioni sociali nei quartieri.
Innovazione
Non può mancare l’innovazione nel campo dell’economia circolare: anche in Sicilia quelle che magari sono nate come piccole start-up sono poi cresciute e hanno assunto dimensioni importanti. È il caso di Orange Fiber, che utilizza gli scarti della lavorazione industriale degli agrumi per realizzare un bio-tessuto impiegato nella produzione di vestiti e capi di abbigliamento – e capace nel 2017 di partecipare a una vera e propria sfilata di moda coi propri abiti. Nel ragusano, invece, la cooperativa sociale PietrAngolare lavora lo scarto della pietra della Mondial Granit spa, che altrimenti sarebbe inviato a smaltimento, per realizzare nuove opere da vendere al mercato locale o commissionate su richiesta da specifici clienti. La cooperativa inoltre adotta una politica fortemente inclusiva, offrendo percorsi di crescita lavorativa e formazione professionale a soggetti diversamente abili e alle loro famiglie.
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