“Cosa siete venuti a fare? Lasciateci morire in pace!”. Probabilmente avranno chiesto di acquistare una baita, magari per aprirci un resort, o forse qualche informazione in più riguardo una casa, convinti di aver trovato finalmente il posto giusto dove trascorrere le vacanze in montagna, tra trekking, itinerari escursionistici e aperitivi al cospetto del Monviso, il Re di pietra che domina la Valle Po. Ma i desideri degli aspiranti imprenditori e dei curiosi viaggiatori capitati ad Ostana all’inizio degli anni ’80 dovettero fare i conti con quelle poche e aspre battute pronunciate dagli amministratori locali, ormai rassegnati allo scenario del completo spopolamento.
In quegli anni dalle borgate di Ostana, paese in provincia di Cuneo e angolo alpino di Occitania, se n’erano andati praticamente tutti: tra emigrazioni all’estero e spostamenti in città per lavorare nelle fabbriche torinesi, a vivere quotidianamente ai piedi del Monviso erano rimaste meno di dieci persone e il rischio di una scomparsa definitiva diventò concreto quanto la pietra delle vecchie case di Ostana. Cosa fare? Accettare questo destino e spingere il paese verso la fine? No. Per un gruppo di ostanesi emigrati a Torino quel rischio fu la spinta per tornare e fare politica, con l’obiettivo di riabitare Ostana.
Così, proprio nel momento più critico, nel 1985 la squadra guidata dal sindaco Giacomo Lombardo iniziò un processo di rigenerazione del paese che è tutt’ora in corso; un tragitto segnato da un dialogo costante tra architettura e organizzazione di comunità, da visioni a lungo periodo e cambi di passo, dall’intreccio di saperi e di progettualità che hanno riattivato e favorito il protagonismo giovanile, all’insegna di nuovi modelli di sviluppo locale e di abitabilità. All’interno di questo itinerario, oggi Ostana vive una stagione di rinascita in cui il paese è sinonimo di casa per 50 residenti fissi e di lavoro per diverse persone che hanno deciso di attraversare il paese tutto l’anno.
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Dal riuso dei materiali all’apertura di nuovi servizi
A metà degli anni ’80 – periodo di cementificazione selvaggia e di varianti ai piani regolatori – il sindaco Lombardo decide di recuperare l’esistente e di non costruire nuovi edifici. Attraverso il riuso di materiali locali e grazie alla valorizzazione dell’architettura alpina, le case in pietra vengono quindi ristrutturate, tornando così a ospitare gli ostanesi e i servizi per la comunità. Approfondire la storia di Ostana è un’occasione per scoprire come i principi dell’economia circolare, con i paradigmi della rigenerazione e della trasformazione, non siano da rintracciare soltanto negli aspetti tecnici, nella scelta dei materiali architettonici e nella conservazione dell’ambiente, ma anche nei processi di animazione territoriale, nelle collaborazioni tra chi resta e chi arriva, nei progetti che aprono a nuovi orizzonti culturali e a scenari inediti, soprattutto nelle aree interne e in montagna, in questo caso con lo sguardo sempre sul Monviso.
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“Oltre al recupero e alla valorizzazione, ad Ostana c’è stata un’azione progettuale che ha puntato e che punta a creare nuove condizioni di abitabilità con una serie di interventi che si possono definire come infrastrutturazione di welfare. Giacomo Lombardo, che è stato sindaco dal 1985 per due mandati, tornato in carica dal 2004 fino al 2019, ha capito l’importanza di aprire la comunità a nuove competenze, alla ricerca di finanziamenti e alla collaborazione con i centri di ricerca e le università. A Ostana si è formata una rete di supporter che ascolta e che accompagna il percorso di rigenerazione. E questo è merito di Lombardo che ha deciso di allontanarsi da una mentalità autarchica e ha innescato rapporti di fiducia per un lavoro che dura da trentasei anni” racconta a Economiacircolare.com il professor Antonio De Rossi, architetto, docente del politecnico di Torino e curatore per Donzelli del saggio “Riabitare l’Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste” uscito nel 2018. Profondo conoscitore dell’architettura alpina e frequentatore di Ostana sin dall’infanzia, dal 2008 De Rossi segue e coordina la rivalutazione di molte strutture del paese, guidando la progettazione di un sistema composto da spazi pensati per garantire servizi e per generare occasioni imprenditoriali.
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La casa alpina del welfare e il centro culturale Lou Pourtoun
Gli innesti tra qualità architettonica e politiche dell’abitare sostenuti dal professor De Rossi e da altri architetti come Luisella Dutto, Massimo Crotti e Marie-Pierre Forsans hanno consegnato alle borgate di Ostana un polo culturale, un centro benessere, una foresteria, un museo etnografico e la casa alpina del welfare, dove ci sono un presidio medico, una biblioteca e un panificio.Tutti spazi nati a partire da nuovi bisogni e da idee germogliate durante l’ascolto e la progettazione partecipata.
Inaugurato nel 2015 nella frazione di Miribrart – una delle borgate maggiormente segnate dall’abbandono e dallo spopolamento iniziato negli anni sessanta – il centro culturale Lou Pourtoun all’interno dei suoi tre piani ospita spazi espositivi, una scuola di cinema, mostre di strumenti musicali e poli di ricerca, come il centro per lo studio dei fiumi alpini che monitora e tutela il patrimonio fluviale, prendendo parte anche a progetti scientifici di rilevanza internazionale sui cambiamenti climatici e sulla biodiversità. Un punto di osservazione strategico quello di Ostana, in cui l’analisi del territorio contribuisce a fornire dati e riferimenti utili per affrontare le sfide ecologiche del nostro tempo.
“Ostana si è creata il suo welfare e sta generando nuove culture locali che fanno impresa con strutture di accoglienza, con la nuova agricoltura e con produzioni di qualità. L’intreccio tra le attività dei vecchi e nuovi abitanti sta creando un’ibridazione interessante capace di aggregare, di fare comunità, economia e ricerca. Ora stiamo lavorando a un progetto di housing sociale. Abbiamo ottenuto un finanziamento per lavorare su tre appartamenti con l’idea di mettere a disposizione di nuove famiglie delle strutture a un prezzo calmierato, così possiamo continuare il processo di insediamento”, racconta Antonio De Rossi.
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VISO A VISO con la comunità
A gestire le strutture rigenerate dagli interventi del Politecnico di Torino è la cooperativa di comunità VISO A VISO, nata nella primavera del 2020, in piena pandemia. Nove tra ragazze e ragazzi, insieme all’asino Ulisse, hanno scelto un modello innovativo per garantire beni e servizi a chi vive e abita Ostana. “L’impostazione della cooperativa di comunità consente di mettere a sistema le risorse e le competenze, rispondendo alle esigenze di mutualità. Si tratta quindi di una scelta fondamentale affinché la gestione delle strutture non sia di tipo speculativo o predatorio, ma orientata al vantaggio della comunità stessa”, ci spiega Laura Cantarella, una delle socie della cooperativa.
Nella merenderia alpina, circondati dalle pietre del centro culturale, i soci di VISO A VISO preparano colazioni con prodotti artigianali e a km zero per chi si prepara al trekking mattutino. E per chi in serata torna dalle escursioni sul Monviso, la convivialità e l’ospitalità saranno sempre garantite da un concerto, un evento culturale e da un bicchiere di vino. Ma la storia di Ostana racconta di persone che non vogliono assestarsi su una prospettiva stagionale, sull’estrazione di valore o sul marketing territoriale. Oltre a essere riconosciuta come uno dei Borghi più belli d’Italia, Ostana ha vinto anche il premio Cresco Award, assegnato dalla fondazione Sodalitas, in collaborazione con l’Anci, ai comuni e alle città metropolitane che realizzano politiche di sviluppo sostenibile del territorio in linea con tematiche degl SDGs (Sustainable Development Goals-SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
L’ecoturismo, infatti, è solo parte di un lavoro quotidiano in cui troviamo soprattutto percorsi formativi, culturali e sociali. “La Merenderia Alpina utilizza per quanto possibile prodotti locali e biologici. Gli oggetti che vendiamo sono realizzati da artigiani e designer del territorio con materiali naturali. Grazie al progetto UNITA, coordinato da una rete di università europee, quest’anno ospitiamo un programma di mobilità internazionale di studenti che si basa su diversi temi, tra cui la sostenibilità ambientale. Ostana è in un momento di grande visibilità, sia per la grande bellezza del contesto sia per la notorietà del suo processo di rigenerazione, con rischi concreti di overtourism in alcuni periodi dell’anno. VISO A VISO opera in sinergia con il Comune di Ostana e in collaborazione con più di 30 realtà nazionali e internazionali, per favorire soprattutto una nuova abitabilità del territorio e sulla base di questa premessa, propone progetti a medio-lungo termine, innervati nei luoghi e costruiti con le persone che li vivono”, specifica Laura.
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L’orto di Ostana
Tra queste persone, a vivere quotidianamente Ostana troviamo Serena Giraudo e Andrea Reineri, giovane coppia che lavora nel borgo, tra pietra, legno e campi di segale. “Viviamo qui dal 2015. I genitori di mio marito avevano una seconda casa ad Ostana e siamo stati lì temporaneamente, poi ne abbiamo comprata una. Andrea si occupa di ristrutturazioni conservative, io invece io ho aperto ‘L’orto di Ostana’, un’azienda agricola certificata biologica in cui coltivo principalmente ortaggi e elementi tipici come segale e patate. È sicuramente un ritmo di vita diverso dalle città. Noi cercavamo altro, e qui lo abbiamo trovato. Con mio marito condivido la passione per la natura e per le camminate nei boschi, ma di certo le difficoltà esistono. Anche se siamo immersi in un ambiente meraviglioso non è tutto idilliaco. Basta pensare alla neve di inverno e agli spostamenti negli altri paesi. L’apertura di una nuova attività non è mai facile, non sono mancati momenti difficili in azienda. Adesso stiamo raggiungendo buoni obiettivi e andiamo avanti”, racconta Serena, classe 1992, con una laurea in scienze erboristiche, che da Fossano, cittadina del cuneese, ha scelto di vivere a Ostana, nella frazione di Miridò a 1400 metri di altezza, dove coltiva segale, legumi, patate e piccoli frutti, trasformando alcuni prodotti in conserve e composte in un laboratorio nato in un locale messo a disposizione del comune tramite un bando.
Ascoltare le voci di Ostana è un buon esercizio per allontanare le immagine posticce sui piccoli paesi considerati spesso come presepi, su “quei posti incastonati nella pietra dove il tempo sembra essersi fermato”, come recitano molte descrizioni dei pacchetti turistici intitolati di solito ‘fuga per due in uno splendido borgo italiano’. Nella voce di Serena non c’è alcun tentativo di evasione dal mondo, piuttosto troviamo la storia di una coppia che partecipa alla rinascita di una comunità, con un progetto di vita che parla al futuro, perché in fondo le lancette non sono rotte, e il tempo scorre anche in montagna, anche ad Ostana. Come fa notare lo stesso Antonio De Rossi, “ci sono molti giovani, riuniti in associazioni, in cooperative di comunità, in progetti politici o imprenditoriali, che si approcciano alle aree interne guardandole come spazi strategici dove sviluppare pratiche di economia sostenibili. Ogni storia di rigenerazione è sicuramente diversa e non si può replicare allo stesso modo in altri contesti. Ostana ha la forza di un simbolo, è un esempio di rivitalizzazione nata grazie a visioni e progetti. Era prossima alla morte e invece l’arrivo di nuove culture ha reso attive quelle vecchie, proiettando Ostana nel futuro, con l’obiettivo di arrivare a cento residenti. Ostana esprime sicuramente un concetto, ossia che le aree interne possono essere uno spazio di contemporaneità”.
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