“Il Recovery va sfruttato come fosse un booster per l’economia circolare, che accelerando ti spinge mettendoti sulla rotta giusta”. Quando rilascia interviste dal vivo, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani tradisce spesso la sua formazione da tecnico dell’aerospazio – fino all’anno scorso risultava dirigente, esattamente chief technology and information officer, di Leonardo. E così avviene durante la presentazione dei rapporti su raccolta differenziata e riciclo di Anci e Conai. In quella occasione si è provato a entrare un po’ più nel dettaglio rispetto alle misure sull’economia circolare destinate dal Pnrr. A distanza di un mese dalla presentazione del Piano all’Europa, infatti, si sa ancora poco su come l’Italia intende investire i 2 miliardi di euro previsti dal governo Draghi.
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Le promesse e i progetti
A Conai e Anci il ministro Cingolani ha parlato di una cinquantina di progetti, di cui “1,5 miliardi per la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento di impianti esistenti”, poi “600 milioni per alcuni progetti faro di economia circolare per aumentare la capacità di riciclo”, soprattutto di “carta, plastica, tessile e componenti elettronici”. C’è poi anche un “grosso investimento sulla bonifica dei siti orfani per 500 milioni”, che “va affrontato una volta per tutte” e che “deve riappacificarci con il passato, che forse non è stato molto edificante”. Spazio poi anche alla tecnologia, vera e propria fissazione di Cingolani, “con droni e satelliti”, insieme ai “programmi di riforestazione che migliorano i nostri territori e fanno cattura di carbonio in modo del tutto naturale”. Per ottenere risultati così ambiziosi l’esponente del governo Draghi chiarisce che “il Pnrr non si sostituisce alle misure che lo Stato deve mettere in atto con gli enti locali, ma si aggiunge a esse”.
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L’altra interessante occasione per capire le idee del ministro Cingolani sull’economia circolare è stata l’audizione alle commissioni riunite Ambiente e Attività produttive lo scorso 27 maggio. “Il Pnrr è una chiara sfida di project management – ha affermato il ministro -. Giusto per dare un numero, il capitolo relativo alla “rivoluzione verde e alla transizione ecologica” prevede un investimento di spesa di 40 milioni di euro al giorno per i prossimi 5 anni, per il Pnrr il totale è di 100 milioni. Il ministero dell’Ambiente investe circa 1 miliardo di euro di spese diciamo così fisse ogni anno, che col nuovo Mite diventano 16 miliardi tra spese fisse e Pnrr. Per questo ho predisposto un gruppo di project management di 10 persone, con in più gli enti che dovranno vigilare e diventare le stazioni appaltanti (Enea, Ispra e così via). Scrivendo il Piano ci siamo interfacciati continuamente con la Commissione europea. Il target primario stabilito dall’Accordo di Parigi è la decarbonizzazione, mentre concetti come gestione dei rifiuti ed economia circolare sono target secondari. Sull’idrogeno siamo pronti, puntiamo soprattutto sul settore hard to abate. Mentre sulle rinnovabili dobbiamo installare circa 8 gw all’anno, e al momento ne installiamo un decimo”.
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Di fronte ai ripetuti richiami e alle sollecitazioni dei parlamentari al tema dell’economia circolare, il ministro Cingolani mantiene come rotta la gestione dei rifiuti. “Dobbiamo seguire sempre il benchmark europeo 65-10-25, ovvero il 65% di differenziata, il 10% in discarica e il 25% di umido – ha affermato davanti alle commissioni parlamentari – Attualmente siamo l’unico grande Paese europeo che conferisce il 23% dei rifiuti in discarica. L’argomento è importante ma divisivo: la discarica deve sparire. Come farlo? Nel Pnrr non ci sono gli inceneritori, anche se l’Europa due giorni dopo la consegna del Piano ha detto che rientra nelle possibilità di ciascun Paese. Noi vogliamo fare prevalentemente compost, ma al momento non ho una risposta. Bisogna meditare, perché le discariche sono il problema più impellente”.
Successivamente Cingolani entra più nel merito. “Stiamo lavorando sull’end of waste, nel senso che stiamo abbozzando le direttive che mancano – dice -. Ci sarà un dipartimento ad hoc proprio perché dobbiamo sbrigarci. Concordo sulla mancanza di impianti, così come sollevato da parecchie associazioni di categoria. Altro tema fondamentale sarà il risparmio idrico: noi perdiamo attualmente il 42% di acqua dai tubi, quindi prima di pensare a cose sofisticate dobbiamo lavorare sulla prevenzione. Ed è per questo che a questo capitolo sulla gestione sostenibile delle risorse idriche abbiamo destinato quasi 4 miliardi di euro. In più creeremo una ventina di nuovi invasi”.
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Le reazioni da parte degli operatori del settore
Pare di capire che l’economia circolare non sarà centrale nella transizione ecologica disegnata dal Pnrr. Non solo per i pochi fondi a disposizione, come già detto, ma proprio perché si ha una visione limitata dell’economia circolare. Lo ha spiegato bene in un recente webinar Mattia Pellegrini, capo unità della Dg Ambiente della Commissione Europea. “Nel Pnrr italiano il capitolo sull’economia circolare è il più basso in termini di dotazione finanziaria – ha affermato Pellegrini – Eppure in regioni come Lazio e Sicilia il 60% dei rifiuti finisce ancora in discarica. L’Italia avrebbe potuto osare di più negli investimenti per la costruzione degli impianti di riciclo”.
Analoga insoddisfazione anche da parte di Cinzia Vezzosi, presidente Euric e vicepresidente Assofermet. “Lo scorso anno, come associazioni del riciclo, abbiamo lanciato un manifesto focalizzato sulle potenzialità del settore che costituisce il cuore dell’economia circolare e chiesto un contributo straordinario per il biennio 2021-2022 di 4 miliardi per l’innovazione tecnologica degli impianti – ha sottolineato Vezzosi – Ad oggi, purtroppo, quella richiesta non è stata ancora accolta. Auspichiamo un nuovo impulso all’economia circolare, anche perché si tratta di un comparto che muove circa 20 miliardi”.
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Se da una parte il governo Draghi continua a rinviare l’adozione della plastic tax, dall’altra gli operatori del settore chiedono che, oltre a maggiori contributi, per supportare l’economia circolare vengano individuate nuove riforme fiscali. “Servono interventi operativi e pragmatici – ha sottolineato Francesco Sicilia, direttore generale di Unirima – come un credito d’imposta per i riciclatori e sgravi fiscali per chi acquista materiali riciclati”.
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