Immaginate tutta la carta e la plastica prodotta sul Pianeta. Ora prendete metà della carta e il 40% della plastica. Ecco: avete davanti a voi il quantitativo di imballaggi messo in circolazione a livello globale. Secondo dati recenti sono queste le quantità di materiale utilizzato per produrre packaging, quello stesso packaging che poi “si trasforma” molto presto nel 36% dei rifiuti solidi urbani.
Questi numeri sono destinati ad aumentare insieme alla crescita dell’e-commerce, già in corso e intensificata con la pandemia e prevista in accelerazione nei prossimi anni. Il problema dunque si fa sempre più pressante, tanto che larga parte delle aziende che producono beni di largo consumo inizia a concentrarsi sulla riciclabilità o compostabilità degli imballaggi, spesso appiattendosi sulla mera sostituzione degli imballaggi in plastica con altri materiali monouso. C’è però anche chi sperimenta soluzioni basate sulla prevenzione e sulla diffusione di nuovi modelli di consumo, ponendosi l’obiettivo “zero packaging” e mettendo in campo una piccola rivoluzione basata sul riutilizzo degli imballaggi.
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Un passo avanti nella gerarchia dei rifiuti
Queste imprese che sperimentano sistemi di riuso, con diverse formule e applicazioni al servizio della commercializzazione di prodotti di largo consumo, lavorano su un’altra R della gerarchia europea dei rifiuti, non più riciclo ma appunto riutilizzo, evitando che contenitori e flaconi diventino rifiuti. I “pionieri” dei sistemi di riuso operano in diversi settori: dalle bevande ai piatti pronti da asporto (online incluso), fino al settore degli imballaggi commerciali. Una strategia che tradotta in uno slogan riprende un concetto tanto banale quanto poco applicato: il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto. Sempre se l’obiettivo è quello di disaccoppiare la crescita economica dallo sfruttamento delle risorse.
I modelli di riuso applicati all’erogazione di prodotti con contenitori riutilizzabili portati da casa o forniti dal venditore – sia nel punto vendita fisico che in quello virtuale degli acquisti online – consentono di ottenere vantaggi ambientali ed economici rispetto al sistema attuale.
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Una transizione inevitabile
Questi benefici che analizzeremo non derivano solamente da una sostituzione del packaging primario (l’oggetto materiale che contiene i prodotti che si acquistano) con opzioni riutilizzabili, ma dall’apporto anche di conoscenza che deriva dal settore ormai maturo e rodato degli imballaggi utilizzati per il trasporto delle merci (settore B2B). Ci riferiamo a imballaggi riutilizzabili come cassette con sponde abbattibili o meno, fusti, pallet, cisternette, mastelli e cassoni di varie misure con e senza chiusure e interfalde (manufatti che hanno una funzione di protezione come nel trasporto di bottiglie). Un settore tecnologicamente avanzato ma con ancora ampi margini di crescita in segmenti di prodotto non ancora coperti.
Nonostante l’implementazione di sistemi di riuso richieda il superamento di alcune barriere, le grandi aziende devono dare un seguito agli obiettivi ambiziosi (in taluni casi) sul clima e sulla sostenibilità complessiva del proprio business da raggiungere entro i prossimi 5-10 anni annunciati pubblicamente. I modelli di riutilizzo offrono ampie opportunità e potenzialità nel supportare questi obiettivi nelle diverse aree delle attività aziendali.
Infatti ThePackHub’s – ente di consulenza internazionale sul packaging che registra nella sezione Innovation Zone i trend del packaging – non ha alcun dubbio sul fatto che la sostenibilità del packaging sia diventata ormai centrale per i decisori aziendali e che difficilmente si tornerà indietro. Il rapporto Refillable and Reusable Packaging Compendium 2020/21 dedicato alle iniziative di riuso e ricarica (Refill) dei contenitori lanciate dalle aziende del largo consumo ha registrato nel 2020 un aumento del 68% in questo segmento.
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Per disaccoppiare crescita e consumo di risorse
I sistemi di riutilizzo sono fondamentali per migliorare la sostenibilità degli attuali modelli di consumo contribuendo alla risoluzione delle più grandi sfide mondiali legate all’aumento dei rifiuti, dell’inquinamento, della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico. Grazie alla considerevole riduzione nello sfruttamento delle risorse di tutti i tipi questi modelli riducono anche la portata degli effetti collaterali negativi prima citati del nostro modello economico lineare che vengono spesso venduti come un prezzo accettabile da pagare in nome della crescita economica.
Al contrario i nuovi modelli economici basati sul riuso, la condivisione e l’estensione del ciclo di vita dei beni non solo contribuiscono alla soluzione di sfide globali che incidono negativamente sulla mitigazione climatica, ma svolgono anche un ruolo importante nella trasformazione verso una moderna economia digitale che disaccoppia la crescita economica dal consumo di risorse.
Ecco perché gli investitori tengono sempre più conto dei rating ambientali, sociali e di governance (i cosiddetti “criteri Esg”) delle imprese: quelle più sostenibili sono destinate ad attrarre più investimenti. Tutti concetti che Tim Debus, ceo della Reusable Packaging Association selezionato per il premio annuale ‘Top 100 ceo’s in Innovation award’ di World Biz Magazine, non si stanca di riprendere nei suoi interventi pubblici, ricordando che la crisi globale dell’aumento dei rifiuti è una diretta conseguenza dell’utilizzo monouso del packaging e della cultura usa e getta delle nostre società.
“Per prevenire rifiuti e sprechi – spiega Debus – dobbiamo guardare alla gestione dei materiali e alle opzioni di riutilizzo che permettono di preservare meglio le nostre risorse. A maggior ragione ora che sappiamo che questi sistemi possono portare, quando efficaci, a riduzioni dei costi, benefici ambientali e a una maggiore qualità dei prodotti. Adottare imballaggi riutilizzabili per un’azienda non significa solo aiutare l’ambiente ma migliorare le performance aziendali riducendo i costi e migliorando in alcuni casi anche le catene di approvvigionamento con soluzioni innovative che contribuiscono a mitigare le sfide globali di oggi e domani”.
Negli studi di impatto ambientale il riuso la vince
Tutti gli studi usciti negli ultimi sei mesi di comparazione degli impatti ambientali con la metodologia del Life cycle assesment (Lca) citati in questo articolo hanno rilevato un impatto inferiore delle opzioni riutilizzabili rispetto al monouso nei principali indicatori ambientali utilizzati. Per ogni opzione riutilizzabile viene identificata la quantità minima di utilizzi necessaria per raggiungere il pareggio con l’alternativa monouso: dopo quel determinato numero di utilizzi il vantaggio ambientale diventa sempre più importante.
Nelle opzioni riutilizzabili incide molto la distanza da coprire per il trasporto (inclusa la logistica inversa, cioè il ritorno dell’imballaggio dal cliente al venditore del suo contenuto) nelle attività denominate di “pooling” per la rotazione e manutenzione degli imballaggi tra raccolta, sanificazione e redistribuzione. Lavorando su questi aspetti si possono disegnare sistemi efficaci tanto sotto il profilo ambientale e quanto dal punto di vista commerciale.
Gli studi pubblicati hanno contribuito a costruire un’evidenza solida che dimostra come gli imballaggi riutilizzabili progettati per supportare centinaia, e spesso migliaia di utilizzi, superano le performance delle versioni monouso in tutti gli indicatori di impatto ambientale. Un recentissimo report dell’ong statunitense Upstream, intitolato Reuse Wins, ha messo a confronto caratteristiche e performance delle varie opzioni di imballaggi e contenitori monouso con le alternative riutilizzabili nel settore della ristorazione, considerando sia il servizio di asporto sia la consumazione in loco. II rapporto evidenzia i benefici ambientali che possono risultare da una transizione al riutilizzo e i potenziali risparmi economici per le attività commerciali, risparmi che si estendono anche alle amministrazioni locali.
Sotto l’aspetto ambientale, gli imballaggi riutilizzabili presi in esame da Upstream battono le opzioni monouso in tutti gli indicatori ambientali: clima, acqua, uso del suolo, rifiuti, inquinamento, ecc. Le analisi del ciclo di vita (Lca) delle opzioni riutilizzabili per tazze, bicchieri, piatti, contenitori da asporto iniziano a essere ambientalmente più vantaggiose mediamente dal secondo al 122esimo riutilizzo (nel caso dei materiali più pesanti) rispetto ai corrispettivi usa e getta. Se si considera che per materiali come acciaio, vetro e ceramica i cicli di riutilizzo possono superare facilmente le migliaia di volte, il bilancio è presto fatto.
Per quanto concerne i bicchieri monouso in carta, plastica o bioplastica le emissioni di CO2 sono da 3 a 10 volte maggiori rispetto a quelle prodotte dai corrispettivi riutilizzabili in ceramica, acciaio inossidabile e vetro. I materiali usa e getta hanno anche una maggiore impronta idrica, dovuta soprattutto al gran consumo d’acqua nelle fasi di produzione, mentre l’igienizzazione dei manufatti riutilizzabili è ben lontana da quei consumi quando si utilizzano le lavastoviglie più moderne e altamente efficienti.
Lo studio Realising Reuse: The potential for scaling up reusable packaging, and policy recommendations, appena pubblicato dalla Rethink Plastic Alliance e da Break Free From Plastic, ha stimato i vantaggi ambientali derivanti dalla parziale sostituzione di imballaggi monouso con opzioni riutilizzabili in tre settori: contenitori da asporto di cibo e bevande, imballaggi usati nell’e-commerce per abbigliamento e accessori, imballaggi utilizzati per prodotti per la cura della casa e della persona.
Il report ha stimato il potenziale risparmio in emissioni di CO2, consumo di acqua e di materiali qualora si sostituisse una quota di imballaggi monouso con quelli riutilizzabili. Gli scenari analizzati, che prevedono obiettivi di riduzione rispetto all’immesso al mercato incrementabili e raggiungibili al 2027 e al 2030, sono tre: livello basso (riutilizzabili pari al 10-20%), medio (20- 50%) e alto (50-75%). In tutti i casi emergono significativi risparmi di impatto ambientale rispetto allo scenario attuale di business as usual in cui predomina l’imballaggio monouso.
Per dare qualche numero, raggiungere l’obiettivo del 50% di imballaggi riutilizzabili entro il 2030 nell’Unione europea nei tre settori elencati potrebbe ridurre le emissioni di CO2 di 3,7 milioni di tonnellate, facendo risparmiare 10 miliardi di metri cubi di acqua e quasi 28 milioni di tonnellate di materiale.
Ciò equivale alla CO2 assorbita da 170 milioni di alberi maturi, al risparmio di una quantità d’acqua che può riempire quasi 4 milioni di piscine olimpioniche e a quasi 3,5 milioni di tir carichi del materiale risparmiato.
Tra le raccomandazioni chiave dello studio emerge il perseguimento dell’obiettivo del 100% riutilizzabile per il settore della ristorazione (in loco) e dell’obiettivo del 75% di riutilizzabile per il settore del cibo da asporto e del delivery (consegna a casa). Per supportare il processo decisionale delle aziende che vogliono sostituire il monouso, dunque, è disponibile un’ampia varietà di studi Lca, che è sempre auspicabile integrare con analisi Lca mirate alle specificità del sistema di riuso che si vuole implementare e che si possono affiancare a studi Lcc (Life Cycle Costs), per quantificare nel dettaglio i costi da affrontare per la conversione al nuovo modello.
Le opportunità economiche
Stando alle stime prudenziali della Ellen MacArthur Foundation (Emaf), il business che potrebbe scaturire da una conversione del 20% degli imballaggi monouso immessi in peso sul mercato in sistemi riutilizzabili supera i 10 miliardi di dollari. Nello studio del 2019 Reuse: rethinking packaging la Emaf ha evidenziato le opportunità economiche connesse ai sistemi riutilizzabili: risparmiare sui costi, ottimizzare le operazioni, consentire ai marchi o altri operatori commerciali intermedi di fornire personalizzazioni alle esigenze individuali, fidelizzare i consumatori anche attraverso sistemi di deposito, raccogliere nell’interazione anche digitale con i consumatori informazioni che permettono di perseguire i primi due obiettivi e non solo.
Adottando modelli basati sulla condivisione, il noleggio e il riuso, le aziende possono creare nuovi flussi di entrate e relazioni più profonde, potenzialmente molto più preziose, con i clienti che proseguono ben oltre la singola vendita. Oppure possono anche ricavare più valore dai prodotti esistenti estendendo la loro durata e aumentando il loro valore a fine vita. Il tutto riducendo i costi operativi e delle materie prime.
Sotto l’aspetto commerciale i modelli di riutilizzo innovativi già in uso hanno dimostrato di poter rispondere alle richieste più sofisticate degli utenti che non sono solamente prerogativa del mercato dell’e-commerce. Merito anche delle opportunità offerte dagli imballaggi riutilizzabili di poter supportare tecnologie come tag Rfid (tecnologia di riconoscimento automatico sempre più utilizzata nella logistica), sensori e tracciamento Gps che possono raccogliere dati e informazioni. Queste tecnologie permettono, ad esempio di ottimizzare la gestione logistica e di conoscere preferenze e abitudini di acquisto dei consumatori: tutte informazioni utili alle aziende per poter fidelizzare i propri clienti e per sviluppare nuove attività e servizi.
“Gli imballaggi riutilizzabili – rileva ancora il ceo della Reusable Packaging Association, Tim Debus – offrono un esempio calzante di cosa significa un cambiamento di sistema che può portare sia a ritorni finanziari immediati che alla creazione di valore economico a lungo termine“. Tuttavia, aggiunge Debus “manca ancora nei decisori aziendali una comprensione del loro potenziale di sostenibilità ambientale ed economica”.
Per aiutare le aziende a inquadrare i benefici più significativi derivanti dal riutilizzo, Reusable.org ha pubblicato un elenco in sette punti divisi per aree in cui una transizione verso sistemi riutilizzabili può apportare una crescita dei profitti rendendo anche la catena di approvvigionamento più sostenibile. Eccoli sintetizzato qui di seguito:
- Economia rigenerativa: il riutilizzo è un’attività del ciclo interno in un’economia circolare
- Investimenti ESG: la sostenibilità è ora un benchmark finanziario, un parametro preso a riferimento degli investitori.
- Rendimenti in conto capitale: il riutilizzo ripaga ripetutamente nel tempo
- Stabilità delle risorse: riduce la dipendenza dalla volatilità dei mercati delle materie prime.
- Durabilità versus smaltimento: il riutilizzo aumenta il valore, il riciclaggio lo riduce.
- System thinking: aiuta a risolvere problemi correlati e a individuare migliori metodologie.
- Efficienza operativa: migliora i processi e fa risparmiare denaro.
Il caso studio di Reuse wins
Spesso lo stovigliame e i contenitori da asporto vengono preferiti dalle catene del fast food anche per il consumo nei locali, nella convinzione che alla fine sia più economico delle opzioni riutilizzabili. In realtà lo studio Reuse Wins elaborando i dati messi a disposizione dal programma ReThink Disposable, attivo in California per aiutare governi locali, imprese e singoli a ridurre al minimo gli imballaggi monouso nella ristorazione, ha rilevato che passare dalle stoviglie monouso a quelle riutilizzabili comporta sempre risparmi economici.
Dagli oltre 166 casi presi in esame, il risparmio medio per le piccole imprese si è aggirato tra i 3mila e i 22mila dollari. L’analisi ha tenuto conto degli eventuali costi per l’acquisto o il leasing di lavastoviglie e altri costi aggiuntivi per la manodopera. Nella maggioranza dei casi i ristoratori non hanno dovuto modificare i sistemi di lavaggio esistenti e/o aumentare i costi di manodopera.
Per una nuova economia basata sul riutilizzo
Lo studio ipotizza i risparmi economici e i vantaggi occupazionali qualora il 100% dei locali eliminasse il monouso nei pasti serviti e anche l’asporto di cibo pronto e bevande avvenisse con contenitori e stoviglie riutilizzabili (delivery incluso) in tutte le città e le aree urbane degli Stati Uniti. Si arriverebbe a una riduzione dell’usa e getta dell’86% rispetto al consumo attuale, pari a 841 milioni di imballaggi monouso evitati ogni anno. Questo significa una riduzione di materiali impiegati di 7,5 milioni di tonnellate, circa 17 miliardi di pezzi in meno. Le aziende della ristorazione risparmierebbero quindi 5 miliardi di dollari già solo rinunciando agli imballaggi monouso dei pasti consumati in loco, mentre il risparmio stimato il minor carico nella gestione dei rifiuti derivanti da questa tipologia di imballaggi monouso è di 5,1 miliardi di dollari.
Gli imballaggi riutilizzabili gestiti con sistemi di deposito su cauzione – spiega lo studio – restano nel sistema senza dispersioni nell’ambiente perché hanno un valore economico che spinge a tenerli all’interno del circuito di riutilizzo. Un altro significativo aspetto del report è che questa nuova economia del riutilizzo nel settore della ristorazione può creare fino a 193mila nuovi posti di lavoro nel mercato considerato, posti di lavoro che restano nella comunità e non si possono delocalizzare.
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