Le evidenze scientifiche ci sono da tempo, così come le prove dei fatti: il cambiamento climatico – o climate change, o crisi climatica (la definizione che preferiamo) – è in atto da tempo. E il responsabile principale è l’essere umano, con le sue variegate attività. Sono tanti, dunque, i settori che possono contribuire a ridurre l’aumento delle temperature. Tra questi uno dei ruoli più cruciali spetta alla finanza, che indirizzando i suoi fondi può cambiare le traiettorie politiche, economiche e sociali dell’intero Pianeta. Ecco perché negli ultimi tempi si fanno sempre più numerosi gli appelli per una finanza che sia realmente sostenibile. Allo stesso tempo si moltiplicano anche gli sforzi dall’interno per correggere rotte e delineare nuovi orizzonti.
È il caso del nuovo paper del Forum per la Finanza Sostenibile “Obiettivo ‘net-zero’: come raggiungerlo?”, consultabile a questo indirizzo e realizzato in collaborazione con Eurosif, che propone una visione d’insieme delle opportunità e criticità insite nel percorso verso la neutralità climatica. Si evidenzia come gli attori finanziari possono tradurre l’obiettivo “net-zero” nelle politiche di investimento, anche grazie alla collaborazione con aziende e decisori politici. Inoltre il paper, che sarà presentato in un evento a Ecomondo – l’evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica e i nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa- sottolinea l’importanza di interventi rapidi e incisivi per contenere le emissioni climalteranti. “Anche se gli strumenti perfetti o le migliori politiche sono ancora da definire, il momento migliore per agire è adesso” è la chiusura de report. Gli spunti del Forum per la Finanza sostenibile sono tanti: alcuni immediatamente attuabili, altri necessitano di lungimiranza e lavoro costante. Andiamo a vedere i più importanti.
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La necessità di un impegno corale
“Poiché le emissioni di carbonio sono un sottoprodotto inevitabile del sistema economico e di molti aspetti dell’attività umana in generale – si legge nel report del Forum per la finanza sostenibile – sono necessari enormi sforzi da parte di numerosi soggetti, dagli Stati nazionali alle aziende, dalle comunità locali agli individui. In vista della COP26 di Glasgow il prossimo novembre, stanno aumentando la consapevolezza dell’opinione pubblica e l’attenzione da parte di istituzioni pubbliche, aziende e investitori. Un numero significativo e sempre crescente di Paesi, enti locali (per esempio, regioni e comuni), aziende e investitori si stanno impegnando pubblicamente a raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro la metà del secolo”. Uno dei problemi, però, è la differenza tra annunci e pratiche: è l’annosa pratica del greenwashing, diffusa anche nel mondo della finanza sostenibile. Legato a ciò c’è poi il problema della trasparenza dei dati, i quali molto spesso “sfuggono”, è proprio il caso di dirlo, a interpretazioni univoche.
“Molti dubbi sono ancora da sciogliere: identificare le fonti delle emissioni di gas serra nei portafogli di investimento, stabilire obiettivi credibili, intraprendere percorsi di decarbonizzazione coerenti e rendicontare sui progressi realizzati – si legge ancora nel report – Sono inoltre necessarie ulteriori riflessioni su come gli investitori possano dialogare con successo con le aziende ad alta intensità di carbonio per incoraggiarle a decarbonizzare, da un lato, e con i decisori politici per l’attuazione di politiche pubbliche coerenti con l’obiettivo “net-zero”, dall’altro. Gli impegni assunti pubblicamente e la formazione di reti internazionali di investitori sono cruciali per mantenere lo slancio, ma è necessaria anche una percezione realistica delle sfide pratiche che gli operatori finanziari devono affrontare nel tentativo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica”.
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Gestire le emissioni di Scope 3
Quando le aziende parlano di emissioni che intendono abbattere, quasi sempre fanno riferimento alle emissioni dirette, ovvero quelle prodotte durante la produzione. Tendono cioè a tralasciare le emissioni indirette, note col nome tecnico di Scope 3, che sono quelle indirette che si verificano lungo tutta la catena del valore. “In alcuni settori, come le compagnie petrolifere e le case automobilistiche, lo Scope 3 è la principale fonte di emissioni di gas serra – fa notare il Forum per la finanza sostenibile – Pertanto, per gli operatori finanziari le emissioni di Scope 3 sono cruciali in vista della misurazione delle emissioni finanziate e della definizione di solidi obiettivi “net-zero”. Secondo un recente rapporto di CDP (ex Carbon Disclosure Project), le emissioni totali finanziate dalle istituzioni finanziarie sono, in media, più di 700 volte maggiori delle loro emissioni dirette, sulla base dei dati di 84 organizzazioni con in gestione, complessivamente, 27mila miliardi in attività (CDP 2021). Purtroppo, i dati disponibili sulle emissioni di Scope 3 sono inadeguati e, inoltre, non completamente affidabili”.
Serve dunque un lavoro costante di pressione sulle aziende affinché forniscano dati che siano precisi e affidabili, non solo sulle emissioni Scope 1 e 2. Allo stesso tempo è necessario che gli enti pubblici, come sta provando a fare ad esempio l’Unione europea, si attivino non solo per una tassonomia che definisca cosa è sostenibile e cosa no ma anche per stabilire concretamente cosa voglia dire emissioni zero. L’ambigua definizione di neutralità climatica, infatti, ha fatto sì che finora la strada preferita sia stata quella della compensazione: tanto emetto tanto compenso, attraverso ad esempio progetti di forestazione e acquisti di crediti di carbonio che sono da tempo sotto l’occhio vigile degli ambientalisti e delle ong. “Nel frattempo – suggerisce il Forum – gli investitori dovrebbero utilizzare gli strumenti e le metodologie disponibili per elaborare ipotesi e stime in modo da colmare la carenza di dati. Infatti, è meglio avere approssimativamente ragione che precisamente torto”.
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Le proposte del Forum per la finanza sostenibile
Che fare, dunque? Per raggiungere le emissioni zero le strategie delineate dal Forum per la finanza sostenibile sono quattro:
- “Aumentare gli investimenti in aziende a basse emissioni (per esempio, nel settore della comunicazione) e in soluzioni climatiche (per esempio, le energie rinnovabili) è essenziale. Tale approccio rischia però di perdere le opportunità insite nelle aziende che riescono a decarbonizzare il proprio business pur operando in settori in cui è difficile ridurre le emissioni (per esempio, acciaio, cemento e prodotti chimici), cruciali in vista della decarbonizzazione dell’economia.
- Le aziende nei settori a basse emissioni devono essere valutate in termini di emissioni prospettiche nell’intera catena del valore, al fine di prendere in considerazione i rischi di transizione. Offsetting implica il fatto di compensare l’esposizione alle emissioni di gas serra investendo in soluzioni verdi (per esempio, piantando alberi) in grado di assorbire una quantità uguale di emissioni. Questa strategia, tuttavia, non consente di affrontare i rischi climatici delle attività ad alte emissioni. Inoltre, la compensazione non può sostituire gli sforzi per ridurre la quantità di emissioni finanziate all’interno del portafoglio.
- L’engagement è una delle leve più efficaci che permettono agli investitori di chiedere dati più accurati o di incoraggiare le società investite ad adottare percorsi di riduzione delle emissioni che perseguano obiettivi basati sulla scienza. Le azioni di engagement dovrebbero tenere conto del settore in cui operano le aziende, oltre a includere obiettivi che consentano agli investitori di verificare l’efficacia della loro azione (per esempio, scadenze e criteri dettagliati). L’engagement di solito esprime il suo pieno potenziale e impatto nel lungo termine ed è un’attività che richiede tempo e risorse.
- Il disinvestimento totale e parziale assicura una rapida riduzione delle emissioni di gas serra a livello di portafoglio e può rappresentare una soluzione quando l’engagement non ha successo. Un ritiro graduale degli investimenti da alcune attività critiche, come i nuovi progetti di estrazione di combustibili fossili e le centrali a carbone unabated, cioè quelle che non si impegnano a ridurre le emissioni, deve essere una pietra miliare verso la neutralità climatica, come raccomandato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) in un recente rapporto (AIE 2021). Disinvestire può anche essere efficace come segnale al mercato, soprattutto se incluso in iniziative più ampie come reti/cordate di investitori, sebbene il disinvestimento totale implichi la rinuncia alla leva dell’engagement e non sempre si traduca in una riduzione delle emissioni nell’economia reale, in quanto non è detto che le aziende target intraprendano percorsi di decarbonizzazione”.
Insomma: ciascuno deve fare la propria parte. Ma chi ha responsabilità fondamentali deve impegnarsi di più. Smettendo sin da subito di concentrare attenzioni ed energie su false soluzioni. Una lezione di cui anche la finanza sostenibile dovrà tener conto, se vorrà ricevere supporto e attenzioni anche da parte delle giovani generazioni.
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