“L’abbiamo aspettata due anni, finalmente ci siamo, e va bene così: c’è stato il tempo necessario per Ministero e Conai di sentire le aziende, stilare le linee guida e farle approvare dalla Ue. E soprattutto c’è stato tempo sufficiente per le aziende di adeguarsi. La norma italiana, completata da questo attento lavoro di ascolto e concertazione tra le parti, ha prodotto un risultato che possiamo portare in Europa con orgoglio come modello applicativo della direttiva europea cui risponde”.
Queste le prime dichiarazioni di Noemi De Santis, dell’app Junker (raccolta differenziata, ndr) che considera vincente l’iniziativa Italiana all’indomani della pubblicazione delle linee guida per gli imballaggi.
Informare i cittadini e facilitare la raccolta
Il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 dispone che tutti gli imballaggi siano “opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali. I produttori hanno, altresì, l’obbligo di indicare, ai fini della identificazione e classificazione, la natura dei materiali utilizzati, sulla base della decisione 97/129/CE della Commissione”.
Siamo ormai alle porte del 2023, quando il tanto atteso modello per le etichettature, con le indicazioni relative ai materiali e le istruzioni per il loro riciclo, sarà obbligatorio.
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L’etichettatura per la gestione dei rifiuti di imballaggio
Oggetto dell’articolo 219 comma 5 è l’etichettatura per la gestione dei rifiuti di imballaggio, ai sensi dell’articolo 8 della Direttiva 94/62/CE, e prescinde da ogni altro obbligo di etichettatura da esporre.
Racchiuso in un documento di quasi 50 pagine, elaborato tenendo conto delle proposte dal Consorzio nazionale imballaggi (Conai), nel testo si legge che “la presente versione potrà essere aggiornata o modificata periodicamente, alla luce di nuove disposizioni di legge (Nazionali e/o Comunitarie), nonché di nuove specifiche indicazioni, semplificazioni tecniche e modalità applicative dell’etichettatura, derivanti da successive consultazioni e confronti con le Associazioni di imprese.”
Elementi grafici rendono più chiara la destinazione dell’imballaggio in questione, e danno informazioni che potranno essere ben comprese dai consumatori finali. Il senso di tutto è una migliore gestione dei rifiuti nel rispetto delle norme, grazie ad una comunicazione più dettagliata e anche qualche consiglio aggiuntivo per una raccolta differenziata che sia anche di qualità.
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Informazioni necessarie e suggerimenti utili
Ad accompagnare le illustrazioni grafiche, c’è la descrizione dei diversi prodotti e degli eventuali elementi separabili, a titolo di esempio si pensi ad una lattina o un contenitore in plastica. A seguire, le informazioni “necessarie”, e quindi un codice identificativo del materiale di imballaggio e delle parti separabili – ad esempio un tappo in alluminio per un contenitore in PET –, con la precisa indicazione di come e dove smaltirli. Spesso lo stesso imballaggio ha parti che devono essere differenziate in modo diverso affinché la raccolta sia efficace. Sempre per renderle maggiormente identificabili, queste informazioni possono essere differenziate utilizzando codici colore differenti.
E ci sono anche delle “informazioni consigliate”, una sorta di “suggerimenti utili” che potrebbero essere indispensabili per una corretta, efficace e qualitativa raccolta differenziate. Anche qui, un esempio pratico potrebbe essere quello di levare le etichette in plastica dall’allumino, o sciacquare i contenitori prima che finiscano dentro un cassonetto.
Se ci sono imballaggi a corpo unico, composti da diversi elementi non separabili manualmente, gli identificativi devono riportare obbligatoriamente il codice del materiale del corpo principale e le relative indicazioni sulla raccolta. Anche in questo caso, l’indicazione della codifica del materiale secondario e non separabile non è obbligatoria ma consigliata per rendere coscienti i consumatori e rendere più agevole la separazione in luogo apposito, evitando che tutto finisca in discarica.
Anche la parte digitale ha un ruolo importate, tanto da poter sostituire o integrare descrizioni e codici con l’inserimento di QrCode o con delle app appositamente create e messe a disposizione degli utenti. Ovviamente, lo strumento digitale deve essere in grado di poter sostituire quello informativo grafico a patto che l’accesso all’informazione sia realmente alla portata di tutti.
“Dal nostro punto di vista – conclude Noemi De Santis – vediamo i risultati anche comparandoli con le norme gemelle di altri paesi: l’esempio migliore è che in Italia, la versione digitale dell’etichetta ambientale è equiparata a quella stampata sui packaging e questo dà un’alternativa fondamentale per i packaging molto piccoli e per chi importa o esporta, garantendo una libera circolazione delle merci tra i vari paesi. Al contrario la rigidità di altre normative sta producendo etichette-mostro, in cui si affollano simboli, grafiche, colori e pittogrammi. Risultati che ci sembrano diametralmente opposti, non solo allo spirito della direttiva Ue, ma anche all’utilità stessa per i consumatori, persino più confusi di prima su quale sia effettivamente il corretto smaltimento del prodotto“.
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