Oggi nel Comune commissariato per mafia è nato il primo parco urbano, su terreni confiscati alla mafia, realizzato con il contributo dei GreenHeroes, imprese virtuose raccontate da Kyoto Club e Alessandro Gassmann. San Giuseppe Jato (PA) è uno di quei territori italiani il cui nome evoca immediatamente la presenza mafiosa. Un peso che le tante persone oneste del territorio faticano a scrollarsi di dosso. Ma per fortuna c’è chi non si arrende. Qualche mese fa, lo scorso 11 gennaio, a San Giuseppe Jato è nato il primo parco urbano su un terreno sottratto alla mafia e restituito alla collettività. Esther Mammano, Federica Nicolosi e Susanna Conte, da agosto 2021 commissarie prefettizie dopo lo scioglimento per mafia dell’amministrazione comunale, hanno progettato e coordinato l’intervento di riqualificazione, anche grazie ai fondi stanziati dal ministero dell’Interno. Su quel terreno, poi, sono stati piantati 260 tra alberi e arbusti donati da una ventina di imprese del circuito dei #GreenHeores, il network selezionato dal Kyoto Club e raccontato in un libro da Alessandro Gassmann.
Il parco Giuseppe Di Matteo
Il parco di San Giuseppe Jato realizzato sul terreno confiscato a Brusca porta ora il nome di Giuseppe Di Matteo, il bambino di 12 anni rapito su ordine della cupola mafiosa il 23 novembre 1993 per contrastare la collaborazione con la giustizia di suo padre, Santino Di Matteo. Stando alle ricostruzioni emerse dai processi, l’idea di non ucciderlo subito e di tenerlo recluso per minacciare la famiglia fu dell’allora boss di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca. Nelle campagne del comune palermitano sono trascorsi anche gli ultimi 180 giorni prima del barbaro omicidio del bambino, avvenuto l’11 gennaio 1996, dopo oltre due anni di prigionia.
A 27 anni da quel giorno maledetto, nel territorio un tempo feudo di Brusca, è nato il parco urbano dedicato proprio a Giuseppe Di Matteo. Il progetto mette insieme le energie migliori del territorio e non solo. A coordinare il progetto per la realizzazione dell’area verde è stata AzzeroCO2, la società nata da Legambiente e Kyoto Club per sostenere imprese, enti e comunità nella riduzione delle emissioni e degli impatti. Braccio operativo delle attività svolte e della manutenzione dell’area per i prossimi due anni è invece la cooperativa sociale Placido Rizzotto, appartenente al circuito Libera Terra, che sui beni confiscati si occupa di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e produzione biologica.
Annalisa Corrado, cofondatrice del progetto #GreenHeroes con Kyoto Club e responsabile sviluppo dei progetti innovativi di AzzeroCO2, evidenzia il valore al tempo stesso simbolico e concreto dell’iniziativa: “In questo come in alti progetti sul filone dei ‘Frutteti solidali’ portiamo la responsabilità sociale delle imprese direttamente sul campo, coniugando l’attenzione verso la sostenibilità con l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo di persone fragili. Nel caso di San Giuseppe Jato si è mobilitata una cordata di imprese, alcune delle quali anche molto piccole, che hanno subito compreso il valore del progetto dando un contributo concreto al suo sviluppo. L’inaugurazione del parco, l’11 gennaio scorso, alla presenza del fratello minore di Giuseppe Di Matteo, ha rappresentato un momento molto intenso e commovente, ma anche l’occasione per assumere collettivamente l’impegno a proseguire questo percorso di ripartenza e sostegno alla comunità locale”.
Leggi anche: Sostenibili e felici? Si può. Stefano Bartolini: “Ricostruire le comunità per stare subito meglio”
“Uno stimolo per altri Comuni”
Il nuovo parco di San Giuseppe Jato è la tappa di un percorso partito da mesi e sostenuto dalla struttura commissariale, ma con un forte protagonismo dei cittadini: “La nascita di una consulta giovanile molto partecipe e presente – riprende l’ingegnera Corrado di AzzeroCO2 – è un dato che fa ben sperare, non solo per il futuro del progetto: grazie a loro e alle tante famiglie che lo attraversano, il ‘Parco Giuseppe Di Matteo’ è un importante luogo di aggregazione e socialità che si affianca al Giardino della memoria, una specie di piccolo vivaio realizzato proprio dove il piccolo Giuseppe ha trascorso l’ultimo anno e mezzo di prigionia e dove è stato assassinato”.
Il 27 marzo sarà siglato un protocollo d’intesa per disegnare i risvolti futuri del progetto: un’occasione per mettere in rete le realtà del territorio ed espandere l’esperienza di San Giuseppe Jato ad altri Comuni, come ci spiega la commissaria prefettizia del comune palermitano, Esther Mammano. “Firmeremo un protocollo per continuare a lavorare e per passare dalle parole ai fatti – spiega a EconomiaCircolare.com la commissaria –. L’iniziativa di San Giuseppe Jato è stata di stimolo anche per i comuni limitrofi: ora in tanti piantano alberi e in tanti intitolano spazi e strutture al piccolo Giuseppe Di Matteo. Ora l’obiettivo è fare in modo che questa memoria sia vigile e attiva e che la bellezza e la cura prendano il posto dell’abbandono e della rassegnazione”.
Leggi anche: Annalisa Spalazzi (GSSI): “L’Appennino può essere circolare, come avviene nelle imprese di comunità”
Ragazze e ragazzi in azione
Il ruolo delle ragazze e dei ragazzi di San Giuseppe Jato in questo progetto è centrale. “Le giovani generazioni sono di palato fine – riprende la commissaria Mammano –: prima che si attivino vogliono giustamente verificare che non ci si fermi alle chiacchiere e all’apparenza, ma che si agisca concretamente per il bene comune. Ci hanno messo alla prova e adesso vanno spediti: ora sono in fermento per preparare le prossime attività e rendere gli spazi confiscati del territorio luoghi di memoria attiva. Vogliamo ricordare tutte le vittime innocenti di mafia di San Giuseppe Jato – ce ne sono dieci –, vogliamo riattivare la partecipazione di tutta la cittadinanza e, infine, creare opportunità di fruizione del territorio, anche con percorsi escursionistici e naturalistici”.
La commissaria Mammano non ha dubbi: “Si vuole bene a una cosa quando si contribuisce a realizzarla e custodirla: partire da questi luoghi rigenerati ci aiuterà a invertire la tendenza e ad agire positivamente anche sugli adulti disillusi. La terra, gli alberi, l’ambiente in generale sono la materia viva su cui sperimenteremo questa esperienza di coinvolgimento e solidarietà, senza la quale non ha senso parlare di legalità. Vorremmo dedicare l’albero più grande del nostro parco ai buoni cittadini di San Giuseppe, quelli che vogliono scrollarsi di dosso lo stigma e vogliono ripartire da questo spazio per far rinascere l’intera comunità”.
© Riproduzione riservata