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sabato, Novembre 30, 2024

PNRR, nuovo report denuncia lo scarso coinvolgimento di cittadini e associazioni

Secondo lo studio “No recovery without citizens” del Citizens Observatory for Green Deal Financing, “gli Stati membri dell'UE mettono a rischio la ripresa economica escludendo i cittadini dal processo decisionale”

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Redazione EconomiaCircolare.com

Uno Stato paternalista che esclude i cittadini dalle decisioni strategiche del PNRR. Questa è la sensazione che resta dopo aver letto il report “No recovery without citizens” pubblicato il 20 giugno dal Citizens Observatory for Green Deal Financing, progetto finanziato dall’Ue che coinvolge 9 associazioni europee, tra cui l’italiana ReCommon.

Il giudizio è molto netto: “Gli Stati membri dell’UE stanno esacerbando le disuguaglianze economiche, erodendo la democrazia e ostacolando gli sforzi per creare un’economia europea verde e trasformativa, emarginando i cittadini dal processo decisionale”.

Investimenti lontani dagli obiettivi UE

Il rapporto analizza gli investimenti in Bulgaria, Estonia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia e Spagna effettuati con il Recovery Fund dell’UE, esaminando anche il ruolo dei programmi InvestEU e REPowerEU, e della Banca europea per gli investimenti (BEI): “Questi investimenti – si legge nel documento – dovrebbero teoricamente aiutare l’Europa a riprendersi dalla pandemia COVID-19 e a trasformare le economie verso un futuro più verde e resiliente, ma sono stati pianificati senza il coinvolgimento dei cittadini”. Nonostante l’ingente quantità di denaro pubblico che è stato o sarà presto stanziato, infatti, “le decisioni su come e dove investire queste preziose risorse sono state sempre più spesso prese a porte chiuse”. Questo aprirebbe la strada “a investimenti che danneggiano il clima, favoriscono la perdita di biodiversità e trascurano servizi pubblici cruciali come la sanità e l’istruzione in tutta Europa”. Una delle conseguenze della mancanza di partecipazione civile, infatti, è che in alcuni Paesi gran parte dei fondi di recupero (così come quelli provenienti dagli investimenti di InvestEU e BEI) sono stati destinati a società che ancora estraggono e bruciano combustibili fossili.

Ha spiegato Daniel Thomson, responsabile delle politiche dell’UE per la biodiversità presso la CEE Bankwatch Network, una delle associazioni dell’Osservatorio: “I bisogni e gli interessi dei cittadini devono essere la priorità principale nella progettazione e nell’attuazione dei fondi pubblici. Questo può essere fatto solo coinvolgendo meglio i cittadini e permettendo il loro pieno coinvolgimento nel processo. Purtroppo, questo non è avvenuto per la ripresa dell’UE, consentendo investimenti che non riflettono le vere priorità dei cittadini e sprecando prezioso denaro pubblico”.

Il rapporto denuncia come gli investimenti finalizzati alla gestione delle alluvioni, quelli per le energie rinnovabili, per i trasporti e in altri settori effettuati con i fondi del Recovery Fund vengano utilizzati “in modo improprio”. Tra gli esempi deli effetti dello scarso coinvolgimento dei cittadini presentati dalle associazioni  troviamo la nuova diga foranea di Genova, i cui lavori sono iniziati a maggio. “La diga – sottolinea il report – aumenterà l’inquinamento atmosferico a causa dell’aumento del traffico di grandi navi e veicoli stradali e metterà in pericolo delfini, balene, foche e tartarughe che abitano la zona. Inoltre, non c’è alcuna garanzia di un aumento dell’occupazione a Genova, nonostante il costo per le casse pubbliche sia potenzialmente superiore a 1,3 miliardi di euro”. Secondo Eva Pastorelli, attivista dell’ong italiana ReCommon, “La nuova legislazione italiana sui progetti finanziati dai fondi di recupero ha impedito ai cittadini di avere un’adeguata voce in capitolo su investimenti come la diga foranea di Genova, con il pretesto di accelerare il processo per rispettare le scadenze degli investimenti. Come dimostra il pasticcio della valutazione ambientale di Genova, c’è il rischio concreto che i profitti per pochi prevalgano sul benessere dei cittadini e dell’ecosistema”.

Perché il mancato coinvolgimento ha effetti negativi nel raggiungimento degli obiettivi? Perché “i cittadini e le organizzazioni della società civile possono contribuire a identificare e allineare gli investimenti con le reali esigenze delle loro società ed economie se possono partecipare in modo significativo al processo decisionale su come vengono spesi i fondi”. Per questo, chiedono le associazioni dell’Osservatorio, “la Commissione europea, la BEI e gli Stati membri dell’UE dovrebbero migliorare la trasparenza degli investimenti, rafforzare il ruolo delle organizzazioni della società civile nel monitoraggio dei piani nazionali e migliorare la partecipazione dei cittadini piuttosto che permettere alle imprese private di definire i piani di investimento”.

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Centralità dei cittadini, un ruolo riconosciuto ma rimosso

La funzione non accessoria che i cittadini e la società civile avrebbero dovuto avere nella stesura, nell’implementazione e nel controllo dei piani di ripresa e resilienza era chiaro ed è stato affermato ai più alti livelli istituzionali. La Commissione ha riconosciuto il ruolo del pubblico affermando che “l’attuazione dei [piani di ripresa e resilienza] avrà successo solo con una forte titolarità regionale e locale, nonché con il sostegno delle parti sociali e della società civile”. Nel marzo del 2021, il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis ha dichiarato che “l’attuazione dei piani di risanamento dei piani di rilancio avrebbe avuto successo solo con una forte partecipazione regionale e locale e locale e deve essere realizzata con il sostegno delle parti sociali e della società civile”.

Sono emerse diverse preoccupazioni sulla mancanza di coinvolgimento durante la stesura e l’attuazione dei piani. Ad esempio, nella sua risoluzione di controllo sui piani di ripresa, il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per il fatto che “molti Stati membri non hanno coinvolto affatto o in modo inadeguato le autorità regionali e locali nel processo di elaborazione dei piani di ripresa nazionali, anche se sono attori importanti nell’attuazione dei piani “. La società civile ha espresso più volte alla Commissione europea le proprie preoccupazioni in merito alla scarsa trasparenza e partecipazione del pubblico durante il processo di pianificazione della ripresa e ha chiesto un’azione correttiva durante la fase di attuazione.

Nonostante la disponibilità di documenti online concepiti per fornire informazioni trasparenti al pubblico, secondo il report, “questi non forniscono informazioni sistematiche, dettagliate e armonizzate sull’effettiva attuazione di misure specifiche (quale progetto è finanziato, seguendo quale processo, gli sviluppatori del progetto / i beneficiari finali, il budget specifico, l’ubicazione, lo scopo, ecc.)”. Questo sarebbe un problema nella maggior parte degli Stati membri, i cui documenti non rispondono alle linee guida dell’OCSE sulla governance aperta.

Spesso, inoltre, le semplificazioni messe in atto dai diversi Paesi per raggiungere i target temporali fissati per i PNRR hanno eroso proprio la partecipazione: “Ad esempio, la semplificazione della procedura di VIA ha avuto un impatto sul diritto dei cittadini e delle organizzazioni della società civile di partecipare al processo decisionale nel caso della diga foranea di Genova da 2 miliardi di euro, in quanto la nuova procedura prevedeva un periodo più breve per le parti interessate per fornire commenti sulla VIA”.

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Il caso Italia e la diga di Genova finanziata col PNRR

Il report, come annunciato, riserva un focus a diversi Paesi, tra cui l’Italia.

Al centro dell’analisi, in primis la disponibilità di documenti. Solo “a due anni dall’inizio del piano di recupero e dopo innumerevoli richieste di trasparenza, nel marzo 2023 è stato finalmente possibile accedere alle informazioni relative a ogni singolo progetto finanziato”. Solo il 31 maggio 2023, il governo ha annunciato la pubblicazione della relazione sullo stato di attuazione del piano di risanamento per il Parlamento italiano, prevista per dicembre 2022. Tuttavia, grazie al lavoro di monitoraggio di Fondazione Openpolis attraverso il portale OpenPNRR, si può osservare “che 7 delle 12 scadenze UE per il primo trimestre del 2023 – quelle su cui si basa la Commissione europea per valutare la performance dell’Italia e consentire l’erogazione dei fondi – non sono state completate”.

Cuore del focus italiano è la diga di Genova. “La costruzione della diga foranea è il più grande progetto infrastrutturale finora finanziato dal governo italiano nell’ambito del piano di ripresa e il suo costo, inizialmente stimato in 1,3 miliardi di euro (di cui 950 milioni di euro per la prima fase), è ora salito a oltre 2 miliardi di euro”.

Secondo le associazioni, “il progetto non affronta nessuna delle priorità della ripresa, il cui obiettivo è migliorare la resilienza economica e sociale degli Stati membri e sostenere la transizione verde e digitale, aprendo la strada a un’economia neutrale dal punto di vista climatico, più equa, più resiliente e più sostenibile per le generazioni future”.

Tra i buchi neri evidenziati per questo progetto del PNRR:

– Gli studi ambientali “appaiono incompleti e non tengono conto di come la diga foranea influenzerà e sarà influenzata dalle correnti del Mar Mediterraneo”. Nel dibattito pubblico è stato sottolineato che l’impatto della costruzione del frangiflutti e delle relative infrastrutture della diga potrebbe avere un impatto sull’intero ecosistema del Mar Mediterraneo. Eppure “questo aspetto non è stato valutato in nessuno dei documenti di VIA presentati dal committente, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale”;

– La mancata considerazione dell’impatto del progetto sull’ecosistema mediterraneo viola i requisiti della Direttiva VIA dell’UE per la valutazione degli impatti cumulativi, nonché la Convenzione di Espoo, sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero.

– Ulteriori preoccupazioni sul progetto riguardano i danni causati alle specie marine (delfini, balene, foche e tartarughe) che sono spesso presenti nell’area interessata dal frangiflutti, soprattutto nel Santuario Pelagos, un’area protetta. Si tratta infatti di aree di alimentazione, riproduzione e riposo per molte specie durante la migrazione stagionale, e il deterioramento o la distruzione intenzionale di siti di riproduzione o aree di riposo viola la Convenzione sulla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa;

– La diga foranea comporta un aumento del traffico e dell’inquinamento. Un progetto che aumenta il traffico di grandi navi porterà inevitabilmente a un peggioramento della qualità dell’aria e di conseguenza a impatti negativi sulla salute umana e sugli ecosistemi, come evidenziato dal rapporto “Transport and Environment Reporting Mechanism – TERM” dell’Agenzia europea dell’ambiente;

– Il progetto è stato accelerato sia nell’ambito di un programma straordinario di investimenti urgenti nell’area di Genova sia nell’ambito di una nuova procedura accelerata di valutazione dell’impatto ambientale adottata dal governo italiano per i progetti previsti dal PNRR. La nuova procedura prevede un periodo più breve per fornire commenti sulla valutazione VIA (da 60 a 30 giorni). Secondo le testimonianze delle organizzazioni ambientaliste e dei cittadini,” la durata della consultazione pubblica è stata insufficiente. I documenti informativi sul progetto sono stati forniti al pubblico molto tardi e, in alcuni casi, non sono stati forniti affatto”. Durante il dibattito pubblico sono state affrontate questioni molto tecniche e poco spazio è stato dato al rapporto tra il porto e la popolazione;

– L’analisi costi-benefici è stata criticata per la stima estremamente ottimistica del tasso di crescita del traffico marittimo, pari al 4% costante all’anno, ben lontano dalle stime, pari ,3 percento all’anno fino al 2050, di McKinsey.

“È inaudito – afferma il documento – che un progetto di questa portata non sia stato sottoposto a rigorose valutazioni di impatto ambientale e sociale e che le preoccupazioni – più volte espresse da associazioni, esperti e cittadini – non siano state considerate o riconosciute dai responsabili dell’investimento”. Inoltre, “questo modus operandi potrebbe costituire un precedente che causerà un impatto dannoso sull’ambiente e uno spreco di risorse pubbliche”.

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Come è stato realizzato il report

Il rapporto “No recovery without citizens” è stato redatto nell’ambito del Citizens Observatory for Green Deal Financing che riunisce nove partner di sette diversi Paesi UE. Le informazioni utulizzate si basano sull’esperienza diretta di queste organizzazioni che hanno monitorato il processo del PNRR sia nei rispettivi contesti nazionali che a livello europeo. Anche i singoli europei hanno fornito un contributo diretto sotto forma di un sondaggio specificamente ai fini del rapporto condotto su oltre 170 cittadini provenienti da 21 Stati membri.

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