La plastica ci sta sommergendo. È un materiale sintetizzato artificialmente a partire da risorse naturali quali petrolio e metano. Ogni anno nel mondo si producono 430 milioni di tonnellate di plastica, metà delle quali monouso, destinandone al riciclo meno del 10%. Nell’Ue, invece, si producono annualmente 25,8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, di cui meno del 30% viene riciclata.
Tutti siamo responsabili. Ogni anno ciascun cittadino europeo genera in media 188,7 Kg. di rifiuti da imballaggi, circa mezzo chilo al giorno, con un aumento di 32 Kg. registrato negli ultimi 10 anni.
L’inquinamento da plastica è pervasivo, sta soffocando il mare, è presente nel suolo, nell’aria che respiriamo, nel cibo che ingeriamo, nell’acqua che beviamo.
Il ciclo di vita di alcune confezioni usa e getta in plastica non va oltre 60 minuti, ma occorrono centinaia di anni perché avvenga un processo di degradazione, che non è mai completo perché le materie plastiche tendono a frammentarsi, scomponendosi in particelle piccolissime, molte delle quali invisibili ad occhio nudo, le cosiddette micro e nanoplastiche. Di fatto la plastica è eterna.
Una rivoluzione culturale
Il modello economico utilizzato finora è quello lineare, che saccheggia le risorse naturali a ritmo incessante, produce beni di consumo destinati a durare poco e ad essere gettati via, creando una quantità spropositata di rifiuti. È insostenibile e ha un elevato impatto ambientale.
Attraverso la transizione ecologica occorre sostituire prima possibile al modello lineare l’economia circolare, che prevede condivisione, riutilizzo, riparazione e riciclo dei prodotti per massimizzarne la durata, mutuando dalla natura un meccanismo sostenibile in cui nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto ha una sua precisa funzione all’interno di un ecosistema equilibrato. Dovremmo attuare una rivoluzione culturale che deve coinvolgere tutti a partire dalle nostre abitudini quotidiane.
Su questo solco alcuni supermercati della Crai di Torino hanno dato il via ad un’iniziativa sperimentale, la “Reusable packaging revolution”, che fino alla fine di giugno adotterà due diverse strategie di riduzione degli imballaggi: l’utilizzo di contenitori forniti dal supermercato, riutilizzabili fino a 200 volte, e contenitori portati da casa, il tutto senza alcun costo aggiuntivo, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica.
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Frutta e verdura (e plastica) nelle scuole
Marevivo si batte da tempo contro gli inutili imballaggi monouso in plastica e con la campagna #BastaVaschette punta ad eliminare confezioni monouso in materiale plastico per frutta e verdura che, al contrario, dovrebbero essere vendute sfuse. Come libere da cellofan, sacchetti e recipienti in plastica – per il cui uso non vi è alcuna ragione né igienica, né scientifica – dovrebbero essere i prodotti ortofrutticoli distribuiti nelle scuole col Programma “Frutta e verdura nelle scuole” del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), per incentivarne il consumo senza però vanificarne i benefici riempiendole di plastica. Un progetto che fin dal suo concepimento continua ad inanellare un autogol dietro l’altro: dall’utilizzo immotivato di confezioni e guanti in plastica monouso per la distribuzione di frutti e ortaggi, ai pomodorini che hanno intossicato 123 bambini e 7 docenti di due istituti scolastici della provincia di Modena, fino alle fragole ammuffite, destinate a bambini tra i 6 e gli 11 anni di una scuola della provincia di Cremona, gettate via perché quasi completamente marce, contaminate dalla muffa e potenzialmente tossiche.
Casi questi, legati al deperimento di frutta e verdura, che non sono stati isolati, a riprova che la plastica non riduce gli sprechi alimentari e non assicura il mantenimento dei prodotti ortofrutticoli più di quelli sfusi, che hanno già il loro involucro protettivo naturale.
Una decisione pericolosamente anacronistica, che sembra evidenziare la scarsa attenzione di questo governo alle tematiche ambientali e di fronte alla quale non intendiamo fermarci. Che alimenta un grave danno ambientale e costituisce un passo indietro nella lotta all’inquinamento da plastica.
Nell’ultima seduta prima della fine della legislatura, con il via libera al regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (approvato con 476 voti favorevoli, 129 contrari e 24 astensioni), il Parlamento europeo ha lanciato un segnale forte.
La posizione del ministro Lollobrigida ci appare assurda, tanto più in una fase storica in cui l’Unione europea spinge con forza verso tipologie di imballaggi sostenibili. Di più: è altamente diseducativa. Il ricorso a confezioni monouso in plastica, molte delle quali non riciclabili, non è per giunta giustificabile da questioni legate alla tutela della salute: è anzi dimostrato scientificamente il contrario, con il rilascio di micro e nanoplastiche che finiscono nel nostro corpo e in quello dei bambini.
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#BastaVaschette
Proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica, invitando i consumatori all’introduzione di abitudini di acquisto consapevoli che possano andare nella direzione di una vera e propria economia circolare, nasce nel 2023 la campagna #BastaVaschette di Marevivo, in collaborazione con Zero Waste Italy. Potendo scegliere tra le due opzioni di acquisto, la maggioranza degli italiani (78%) opta per lo sfuso e solo il 22% per il confezionato, come emerge da un sondaggio IPSOS. Tanti i vantaggi di acquistare frutta e verdura sfuse: poter scegliere la quantità esatta di prodotto da consumare e la possibilità di constatare con certezza la qualità di tutti i prodotti che si stanno acquistando.
Ogni anno si stima che vengano utilizzate in Italia 1,2 miliardi di vaschette in plastica per la vendita dell’ortofrutta, con un impatto ambientale altissimo sia in termini di anidride carbonica generata per la loro produzione sia per lo smaltimento. Se si continuerà a questo ritmo nei prossimi anni si prevede un aumento del 35% con conseguenze devastanti per l’ambiente e per gli esseri umani.
E che la nostra salute sia a rischio lo mette in evidenza anche uno studio del 2023 su Bmj Oncology dal quale emerge che le diagnosi di cancro al di sotto dei 50 anni sono aumentate del 79,1% tra il 1990 e il 2019; i decessi sono cresciuti del 27,7%, mentre si è registrata una diminuzione sopra i 50 anni. Secondo una recente ricerca dell’Ifom (Istituto di oncologia molecolare dell’Airc) e del Niguarda di Milano condotta prelevando alcune cellule di tumore al colon da giovani pazienti e coltivandole in laboratorio per alcune settimane, è emerso che esponendole per mesi a varie sostanze sospettate di favorire i tumori, quali zuccheri raffinati, plastiche, le molecole tossiche della carne rossa cotta ad alta temperatura (le ammine eterocicliche) e acetaldeide (il metabolita in cui il nostro fegato trasforma l’alcol, che ha un effetto cancerogeno), microplastiche e carni rosse determinano un aumento della proliferazione delle cellule, anticamera del tumore al colon.
Dovremmo tutti batterci per eliminare totalmente la plastica monouso perché, secondo gli scienziati, le microscopiche particelle che riescono ad entrare nelle nostre cellule sono pericolose per il nostro organismo che non ha meccanismi per disfarsene. Gli esperti calcolano che ognuno di noi ingerisca ogni settimana l’equivalente in microplastiche di una carta di credito. Ecco perché una rivoluzione culturale è assolutamente necessaria e improcrastinabile.
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