Si torna a scuola, mentre temporali sempre più intensi e nubifragi precorrono la penisola. Questa coincidenza ci dovrebbe far riflettere su un rapporto molto stretto del quale si discute poco, su un groviglio di connessioni che mette a rischio l’apprendimento dei futuri cittadini e la capacità di rispondere efficacemente alla crisi climatica che di questi nubifragi – non lo dimentichiamo – è il primo propellente.
Su questo groviglio ha puntato i riflettori un recente studio della Banca mondiale: “Choosing Our Future – Education for Climate Action“. “L’educazione può dare impulso all’azione per il clima. Ma allo stesso tempo, i cambiamenti climatici ostacolano l’educazione”, leggiamo. “I cambiamenti climatici stanno aumentando la frequenza e l’intensità di eventi meteorologici estremi come cicloni, inondazioni, siccità, ondate di calore e incendi, nonché la probabilità che si verifichino eventi in concomitanza. Questi eventi meteorologici estremi stanno interrompendo sempre di più la scolarizzazione, causando perdite di apprendimento e abbandoni”.
Ecco i risultati salienti dello studio:
Impatto della crisi climatica sull’educazione: lo stravolgimento del clima sta minacciando i risultati educativi attraverso chiusure scolastiche causate da eventi climatici estremi e dall’aumento delle temperature che possono ridurre la capacità di apprendimento degli studenti;
Educazione e cambiamenti del comportamento: Eppure proprio l’educazione è, sottolinea la Banca Mondiale, il “predittore più forte della consapevolezza sul cambiamento climatico”. Gli interventi educativi possono infatti modificare i comportamenti individuali e collettivi verso opzioni più sostenibili;
Competenze per la transizione verde: Un altro modo in cui la crisi climatica minaccia la nostra capacità di reazione ha a che fare la formazione di quelle competenze verdi che sono essenziali per la transizione verso economie a basse emissioni di carbonio. “C’è una carenza di competenze specifiche richieste per nuovi lavori nel settore green, così come c’è la necessità di aggiornare le competenze per i lavori esistenti”, spiega la Banca mondiale;
Azione dei policymaker: Il report suggerisce che i policymaker dovrebbero concentrarsi su tre priorità principali: migliorare le capacità fondamentali nell’istruzione, integrare curricula pratici e contestuali sul clima, e costruire la capacità degli insegnanti di trattare argomenti legati al clima efficacemente;
Finanziamento e Supporto per l’Educazione al Clima: Viene ovviamente sottolineata l’importanza di un maggiore finanziamento per l’educazione che può sostenere sia la mitigazione che l’adattamento al cambiamento climatico. Nonostante la necessità critica, l’educazione riceve una piccola frazione del finanziamento globale per il clima.
Leggi anche: Disinformazione ed eventi climatici estremi sono i maggiori rischi per l’umanità, secondo il WEF
La crisi climatica mette a rischio l’educazione
“La scuola e l’apprendimento, soprattutto per i più poveri, sono a rischio a causa dei cambiamenti climatici. I sistemi educativi devono adattarsi ai cambiamenti climatici”, si legge nel documento.
Tra gennaio 2022 e giugno 2024, i Paesi che hanno chiuso le scuole per rispondere agli shock climatici hanno perso in media 28 giorni di lezione nelle scuole colpite. Tuttavia, la media nasconde disparità significative. Nello stesso periodo, le scuole colpite nei Paesi a basso reddito hanno perso circa 45 giorni, mentre quelle dei Paesi ad alto reddito hanno perso solo 6 giorni. “In alcuni contesti, le chiusure delle scuole dovute al clima sono frequenti o di lunga durata. Tra gennaio 2022 e giugno 2024, gli studenti delle Filippine hanno subito 23 episodi di chiusura delle scuole. In Pakistan, hanno perso 97 giorni di scuola (quasi il 54% di un tipico anno accademico”). Eppure “queste interruzioni rimangono invisibili perché non vengono monitorate. Non esistono dati ufficiali sulla frequenza e sulla gravità delle chiusure delle scuole dovute a eventi climatici estremi. Di conseguenza, questa crisi passa in gran parte inosservata”.
Un’analisi inedita condotta per il rapporto della Banca mondiale mostra che negli ultimi 20 anni le scuole sono state chiuse in almeno il 75% degli eventi meteorologici estremi legati al clima. “L’aspetto più preoccupante è che la frequenza e la gravità delle chiusure delle scuole continua ad aumentare a causa dei cambiamenti climatici”. Tra gennaio 2022 e giugno 2024, è stato stimato che 404 milioni di studenti hanno dovuto affrontare la chiusura delle scuole a causa di eventi meteorologici estremi. Almeno 81 Paesi hanno chiuso temporaneamente le scuole a causa di inondazioni, tempeste e ondate di calore.
“Se non recuperati, questi giorni di scuola persi si tradurranno in grandi deficit di apprendimento per i bambini dei Paesi a basso reddito. Per esempio, ci vogliono circa 18 giorni per insegnare a uno studente a sommare numeri a due cifre con numeri a una o due cifre, con trasporto (assumendo una pedagogia ben progettata e strutturata)”.
Temperature sempre più su, apprendimento giù
Anche quando le scuole sono aperte, i cambiamenti climatici agiscono negativamente sull’apprendimento. “Uno studente medio nel 50% più povero dei comuni brasiliani potrebbe perdere fino a 0,5 anni di apprendimento a causa dell’aumento delle temperature”, si legge nel rapporto.
Ma c’è anche una questione di formazione del corpo insegnante. Secondo il report, infatti, quasi la metà degli insegnanti di scuola secondaria in Bangladesh (47%) e il 41% in Uganda ritiene che la copertura dei cambiamenti climatici da parte dei media sia esagerata.
Gli insegnanti “affrontano i temi del clima in classe, ma non hanno la formazione necessaria per farlo in modo accurato ed efficace”. Quasi l’87% degli insegnanti di sei Paesi a basso e medio reddito ha dichiarato di aver inserito argomenti legati al clima nelle proprie lezioni. Tuttavia, quasi il 71% ha risposto in modo errato ad almeno una domanda di base sul clima.
Leggi anche: CERES, una piattaforma digitale per la formazione nell’economia circolare
Scuola ed educazione contro la crisi climatica
L’istruzione, soprattutto nelle scuole, può colmare le lacune informative e stimolare comportamenti a favore del clima su larga scala: “In un’analisi globale, l’istruzione è il più forte predittore della consapevolezza del cambiamento climatico. Un anno di istruzione in più aumenta la consapevolezza del clima dell’8,6%, sulla base dei dati di 96 Paesi”.
L’istruzione è particolarmente critica per il cambiamento dei comportamenti legati all’adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi a basso e medio reddito: “Le persone più istruite mostrano una maggiore preparazione e risposta ai disastri, subiscono minori effetti negativi e si riprendono più rapidamente dalle catastrofi”.
In India, raccontano i ricercatori, le attività di sensibilizzazione sul clima rivolte ai bambini non solo hanno migliorato il loro comportamento a favore del clima, ma hanno anche aumentato il comportamento dei genitori: “I genitori sono molto più ricettivi al messaggio sul clima quando viene fatto con i loro figli o attraverso i loro figli”.
Sottofinanziamento
Eppure, l’istruzione è “massicciamente trascurata” nei finanziamenti per il clima: solo l’1,5% dei finanziamenti per il clima è stato destinato al settore dell’istruzione nel 2021. “L’istruzione è uno strumento potente ma sottoutilizzato per l’azione a favore del clima. Incanalare più fondi per il clima verso l’istruzione potrebbe incrementare in modo significativo la mitigazione e l’adattamento al clima. Può svolgere un ruolo catalizzatore nella mitigazione e nell’adattamento ai cambiamenti climatici, modificando mentalità, comportamenti, competenze e innovazione”.
I governi possono “agire ora” per adattare le scuole ai cambiamenti climatici in modo efficace dal punto di vista dei costi. Un pacchetto di adattamento a basso costo per i sistemi scolastici “costerebbe circa 18,51 dollari per studente”. Mentre un pacchetti di adattamento più efficaci “costerebbero tra i 45,68 e i 101,97 dollari per studente”. Tutti questi pacchetti di adattamento includono soluzioni per il controllo della temperatura, la resilienza delle infrastrutture, l’apprendimento a distanza durante la chiusura delle scuole e la formazione degli insegnanti.
Educazione, deficit di competenze green e crisi climatica
L’azione per il clima è lenta e inadeguata anche a causa delle competenze mancanti. “La transizione verde globale richiederebbe lavoratori qualificati per circa 100 milioni di nuovi posti di lavoro, lavoratori qualificati per la maggior parte dei posti di lavoro esistenti e lavoratori riqualificati per altri 78 milioni di posti di lavoro che scompariranno”. Dati che sottolineano la necessità urgente di integrare l’istruzione sulle competenze verdi nei curricoli scolastici e universitari. L’addestramento in competenze verdi non solo prepara la forza lavoro per i nuovi posti di lavoro creati dalla transizione ecologica ma è cruciale per garantire che le economie siano sostenibili e competitive globalmente.
Leggi anche: La finanza sostenibile tra buone intenzioni e cattive pratiche
La politica guarda altrove
Tuttavia, “i responsabili politici non stanno danno priorità a questo problema”. Una nuova indagine condotta per il report della Banca mondiale (coinvolti 103 responsabili delle politiche educative di 33 Paesi a basso e medio reddito) rivela che solo circa la metà (51%) ritiene che le temperature più calde inibiscano l’apprendimento. Inoltre, il 62% ha dichiarato che la protezione dell’apprendimento dai cambiamenti climatici è tra le ultime tre priorità del proprio Paese (su una serie di dieci priorità).
I sistemi educativi devono invece essere “adattati per una maggiore resilienza attraverso la gestione dell’istruzione, l’adeguamento delle infrastrutture, la priorità della continuità dell’apprendimento e la mobilitazione di studenti e insegnanti come agenti del cambiamento”.
© Riproduzione riservata