Si fa presto a dire diritto alla riparazione. Facile immaginare di riparare una lavatrice o un telefonino che fanno le bizze. Ma se poi il connettore per la ricarica dello smartphone costa un occhio della testa? se a conti fatti comprare nuovo è, in prospettiva, più conveniente economicamente di riparare? La possibilità di esercitare il proprio diritto alla riparazione, insomma, è legata indissolubilmente ai prezzi dei pezzi di ricambio.
“Per molti anni, gli attivisti del diritto alla riparazione hanno denunciato i prezzi oltraggiosamente alti dei pezzi di ricambio che di fatto eliminano la riparazione come opzione, rendendola spesso più costosa della sostituzione”, ha spiegato Thomas Opsomer di Right to Repair Europe, coalizione di oltre 170 organizzazioni di 27 Paesi europei di cui fanno parte ONG ambientaliste e attori della riparazione (dai gruppi di riparazione comunitaria agli attori dell’economia sociale ai distributori di pezzi di ricambio, che vogliono difendere il proprio diritto alla riparazione). “Sebbene negli ultimi anni si sia fatto molto per il diritto alla riparazione sia nell’Unione Europea che negli Stati Uniti, non è cambiato molto per i consumatori che si trovano di fronte a elettrodomestici rotti”. Vediamo perché.
La parte più costosa del tutto
Sul sito di Right to Repair Europe Opsomer racconta che per circa 5 anni la coalizione ha tenuto d’occhio il prezzo di un particolare circuito stampato per una lavatrice, che è oscillato tra i 299€ e i 1073€, “ovvero più di quanto sia mai costata l’intera macchina”. Gli attivisti si sono chiesti, candidamente, se questo strano caso fosse appunto solo un singolo caso, e dalla risposta (ovviamente negativa) è nato un report e una campagna. “Non abbiamo avuto alcuna difficoltà a trovare esempi simili per vari prodotti, che vanno da un pannello LCD Samsung che costa quasi il 25% in più del televisore in cui è utilizzato, a un motore da 60€ per un tagliaerba Gardena che costa solo 37€, spedizione inclusa. Si tratta di oltre il 160% del prezzo del prodotto, per un singolo pezzo! “.
Si tratta, precisa Right to Repair Europe, di esempi estremi, ma nella vita di tutti i giorni anche prezzi più bassi per i ricambi portano i consumatori a scegliere di acquistare il nuovo. Secondo uno studio della rete francese di aziende Le Club de la durabilité, la maggior parte delle persone prenderà in considerazione una riparazione solo se il costo totale della riparazione è inferiore al 30-40% del valore del prodotto.
Dato confermato da WeFix.it, il booking dei riparatori italiani di telefonini: la soglia di spesa oltre la quale i consumatori tendono a non riparare più i loro beni ma preferiscono sostituirli si aggira intorno al 40% del valore del dispositivo. “Oltre questo limite, molti clienti considerano economicamente più conveniente acquistare un nuovo dispositivo, specialmente se la riparazione riguarda componenti costosi come schermi o circuiti principali”, racconta Walter Ruggeri, Marketing & Consulting Manager dell’azienda.
Dato che il costo di una determinata riparazione è la somma tra il costo della manodopera e da quello dei pezzi di ricambio, “affinché la riparazione rimanga al di sotto della soglia critica – stima R2R Ue – è ragionevole stimare che il prezzo dei pezzi di ricambio debba rimanere inferiore al 15-20% del prezzo del prodotto”.
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Bundling
Un motivo tipico per cui i ricambi possono essere molto costosi è una pratica chiamata bundling: i produttori, invece di vendere i singoli pezzi, offrono determinati pezzi di ricambio solo come assemblaggio o gruppo di pezzi.
Il bunding spiega anche l’esempio della lavatrice che toglie il sonno agli attivisti di Right to Repair Europe, per la quale è necessario acquistare un set composto da due schede elettroniche, una manopola e diverse altre parti in plastica anche se si guasta solo il display. “Tecnicamente – sottolinea l’associazione – si tratta di parti diverse che possono essere sostituite singolarmente, solo che il produttore ha scelto di non venderle singolarmente”. Politiche commerciali che vanno contro il diritto alla riparazione.
Ruggeri di WeFix.it conferma: “Anche nel settore della riparazione smartphone esiste la pratica paradossale del bundling e che normalmente fa sì che per alcune marche il solo costo dei ricambi vale il 70% il costo totale della riparazione. Ad esempio nel caso della sostituzione schermo (la riparazione tradizionalmente
di gran lunga più comune nel settore) il ricambio originale viene venduto esclusivamente insieme alla batteria. Quando il cliente quindi rompe il telefono si arriva a dover discutere sul fatto che vorrebbe il ricambio originale ma quando poi gli si dice che è comprensivo della batteria pensa che si tratti di una pratica commerciale scorretta del riparatore”.
Ma, avverte Right to Repair Europe, “il bundling è solo uno dei modi in cui alcuni produttori rendono i componenti inutilmente costosi”. Infatti “la forbice dei prezzi che incontriamo nel mercato dei ricambi è così assurdamente ampia che è difficile da spiegare basandosi solo sui fattori di costo”. In alcuni casi, sembra chiaro che i produttori stiano semplicemente applicando enormi margini di profitto ai pezzi di ricambio: ”Il minimo che si possa dire è che la maggior parte dei produttori non si arrabbierebbe se si acquistasse un apparecchio completamente nuovo invece di pagare un pezzo di ricambio”.
La concorrenza che non c’è
Nel mercato capitalista, la concorrenza tra imprese è un elemento fondamentale, che porta (può portare, al netto del dumping ambientale e sociale) a vantaggi per i consumatori. Ma questo non vale per i pezzi di ricambio. “A costo di dire un’ovvietà: non si può andare a fare la spesa da Bosch o Miele per trovare un pezzo più economico per la propria lavatrice AEG. Una volta arrivati alla fase di riparazione, siete praticamente alla mercé del proprietario del marchio, che spesso ha il monopolio dei pezzi di ricambio e può quindi farvi pagare qualsiasi prezzo”, si legge sul sito della coalizione: “Qualunque sia la scelta, pagare un pezzo di ricambio troppo caro o acquistare un nuovo apparecchio, è una vittoria per l’industria”.
Ma qui vale quello che vale per tutta l’economia circolare: la necessità di un cambiamento di mentalità e, per le imprese, di modello di business. Ancora Right to Repair Europe: “Alcuni marchi, come quelli del gruppo francese SEB, hanno fatto della riparabilità un punto di forza. In linea di principio, SEB mira a limitare i prezzi dei ricambi a un massimo del 50% del prezzo del prodotto. 50% del prezzo del prodotto, anche se alla fine potreste pagare circa 18€ per il motore di un chopper Moulinex da 28€ (prodotto da SEB), per un rapporto di prezzo del 60% tra pezzi e prodotto”. Altri marchi, invece, non condividono alcuna informazione sulla loro politica dei prezzi dei pezzi di ricambio, “rendendo impossibile prendere una decisione informata”. Un tema è insomma quello del monopolio dei ricambi. Gli esempi portati dalla colazione sono numerosi. Se il carburatore del vostro decespugliatore Husqvarna ha bisogno di manutenzione, un set di tre guarnizioni in gomma grandi come un francobollo vi costerà 47 € se acquistate da Husqvarna, 12 € se acquistate dal produttore che le realizza per il brand e solo 5 € da un fornitore generico di ricambi. “Sebbene possano esserci sottili differenze di qualità tra alcuni di questi componenti – sottolinea la coalizione europea – un sovrapprezzo del 900% è difficile da giustificare e si può capire come alcuni riparatori possano definirlo semplicemente una fregatura”.
“Il prezzo dei pezzi di ricambio è la barriera principale segnalata dai volontari dei repair cafe nei casi in cui un prodotto non è riparabile. Questo problema è evidentemente sistemico, e risolverlo condizione necessaria per ottenere un vero diritto alla riparazione”, ci dice Ugo Vallauri, codirettore The Restart Project, uno dei soggetti che anima Right to Repair Europe. “È necessario ridurre i costi se si vuole davvero incentivare un prolungamento della vita dei prodotti. L’implementazione nazionale della nuova direttiva UE sul diritto alla riparazione offre un’opportunità concreta: i fondi per la riparazione, volti a ridurre in modo importante il costo di una riparazione, e applicabili per ogni prodotto già nelle nostre case, e non solo su prodotti futuri, così come avviene per i regolamenti ecodesign. L’Italia ha un’opportunità unica di seguire gli esempi virtuosi già operativi in Austria, Francia e Germania, per spingere i cittadini a riparare di più, sostenendo nel frattempo artigiani e aziende che offrono servizi di riparazione”.
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Un aiuto al consumatore
Da questo punto di vista noi cittadini consumatori europei siamo praticamente indifesi. In Francia invece dal 2021 è stato introdotto l’indice di riparabilità, parte di una più ampia iniziativa per ridurre i rifiuti elettronici e incoraggiare la riparazione. Al momento applicato a specifiche categorie di prodotti elettronici (smartphone, laptop, lavatrici, televisori e tagliaerba elettrici), in futuro potrebbe essere esteso ad altre categorie di beni. L’indice viene espresso in una scala da 1 a 10: 1 indica un prodotto difficile o costoso da riparare, 10 l’opposto, un prodotto facile e poco costoso da riparare. Stabilito dai produttori stessi è sottoposto a controlli a campione dall’autorità. Uniforme per ciascuna categoria di prodotto in commercio, deve rispettare linee guida molto precise fornite dal governo: una griglia di valutazione che si basa sui cinque criteri principali (documentazione, facilità di smontaggio, disponibilità e prezzo dei pezzi di ricambio, e criteri specifici per il prodotto) coi relativi punteggi parziali sommati per ottenere il punteggio finale. I produttori sono obbligati a rendere pubblico il metodo di calcolo dell’indice, che va indicato sul prodotto o sulla confezione.
Nonostante questo prezioso strumento, precisa ancora Thomas Opsomer, “non è possibile cercare o filtrare i prodotti in base al punteggio dei ricambi su nessun sito web. È necessario controllarli uno per uno esaminando la griglia di valutazione, che potrebbe anche non essere disponibile online, sebbene il venditore sia tenuto per legge a fornirla su richiesta”.
L’Italia purtroppo non ha nemmeno una legge come quella Francese. Un piccolo aiuto, nello specifico per i telefonici, arriva dal ‘WeFix.it Index’, che ”indica il valore futuro del telefono: “Con un indice sintetico da 1 a 10 indichiamo di quanto il telefono ti svaluterà in un anno; se l’assistenza sarà costosa; quanto durerà il dispositivo; se una volta deciso di venderlo, troverò acquirenti; insomma tutta una serie di informazioni che ci piacerebbe sapere prima dell’acquisto e che spesso è molto difficile da ottenere”, ci spiega Walter Ruggeri, Marketing & Consulting Manager di WeFix.it.
Anche il nuovo a basso costo uccide la riparazione
Il motivo per cui ricambi, e riparazioni, costosi spingono verso l’acquisto di prodotti nuovi dipende dal fatto che questi ultimi arrivano sul mercato a prezzi sempre più bassi (che non includono i costi sociali e ambientali legati alla loro produzione e al loro smaltimento).“Gli interventi sopra ai 150 € sono rari perché spesso conviene prendere un computer nuovo (o rigenerato) e riguardano scocche e/o schede madri”, ha raccontato Nicolas Denis di Reware, piccola cooperativa che rigenera PC dismessi da grandi aziende. “L’attività di riparazione di computer oggi è raramente sostenibile dal punto di vista economico, e infatti molti laboratori stanno chiudendo. Tutte le riparazioni ad alto contenuto di manodopera, come le sostituzioni di scocche, schede madri o interventi su oggetti incollati o saldati (Tablet, Apple, Netbook…) hanno un costo spesso superiore a quello dell’acquisto di un computer economico nuovo o rigenerato”. Gli fa eco Edoardo Bodo, Environment Policy Officer di RREUSE, rete internazionale che rappresenta le imprese sociali attive nel campo del riuso, della riparazione e del riciclaggio e che fa parte di Right to Repair Ue: “Il costo delle riparazioni è troppo elevato per molti laboratori, che si trovano in crescente difficoltà economica a causa della competizione con prodotti a basso prezzo e di scarsa qualità, spesso importati da paesi extra-UE. Poiché questi prodotti sono spesso impossibili da riparare a loro volta, si innesca dunque un circolo vizioso che aumenta la quantità di rifiuti ed emissioni. Per invertire questa tendenza, sono necessarie politiche ambiziose a sostegno della riparazione, come la creazione di un fondo dedicato che contribuisca a coprire parte dei costi, prendendo spunto dal successo di simili iniziative in Francia, Germania e Austria”.
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La Direttiva sul diritto alla riparazione e i prezzi “ragionevoli”
Nel marzo 2023 la Commissione europea ha adottato una nuova proposta relativa a norme comuni che promuovono la riparazione dei beni, “che permetterà risparmi per i consumatori e sosterrà gli obiettivi del Green Deal europeo riducendo, tra l’altro, i rifiuti”. Dopo le modifiche di Parlamento e Consiglio la direttiva è entrata in vigore a fine luglio (qui i dettagli). Ora gli Stati avranno ora due anni per accoglierne le nome nei propri ordinamenti.
Ma i problemi che ingessano la riparazione, anche quando la direttiva sarà operativa, non sono del tutto risolti. “Dobbiamo constatare che con l’adozione della legge si è persa un’importante occasione per creare un mercato delle riparazioni veramente equo in Europa e per garantire soluzioni di riparazione accessibili per la maggior parte dei prodotti presenti sul mercato europeo”, hanno commentato da Right to Repair Ue. “Ci rammarichiamo che l’ambito dei prodotti coperti rimanga molto ristretto e che siano state introdotte molte scappatoie. Chiediamo una rapida attuazione di queste norme, comprese le linee guida della Commissione sulla definizione di prezzi ‘ragionevoli’ per i pezzi di ricambio, una solida esecuzione del divieto di pratiche anti-riparazione e l’introduzione di incentivi finanziari nazionali per la riparazione da parte degli Stati membri dell’UE.I Paesi dell’UE avranno due anni di tempo per recepire la direttiva nelle rispettive legislazioni nazionali”.
La direttiva prevede infatti, tra le altre misure, che i fabbricanti dovranno mettere a disposizione parti di ricambio “a un prezzo ragionevole che non scoraggi la riparazione”. Ma “le norme non forniscono alcuna indicazione su cosa significhi effettivamente un prezzo dei ricambi ‘ragionevole’”, sottolinea la coalizione. Secondo la quale “la Commissione europea dovrebbe elaborare delle linee guida sul significato preciso di prezzo adeguato dei pezzi di ricambio, al fine di facilitare l’attuazione di questo requisito per tutte le parti interessate. Altrimenti, dovremo aspettare che siano i tribunali nazionali a stabilirne la definizione attraverso le cause legali. Sarà fondamentale che il movimento dei riparatori, comprese le organizzazioni dei consumatori e il settore dei riparatori indipendenti, si approprino di questo strumento legale e portino in tribunale i produttori che vendono pezzi di ricambio a prezzi irragionevolmente alti”.
19 ottobre, Giornata internazionale della riparazione
Anche il tema del prezzo dei pezzi di ricambio e delle pratiche sleali delle aziende produttrici sarà al centro della prossima Giornata internazionale della riparazione, che verrà celebrata in tutto il mondo – dall’Argentina al Canada all’Italia alle Filippine all’Uganda- sabato 19 ottobre: con oltre 1700 iniziative (qui la mappa) tra corsi, laboratori, sessioni di riparazione ed incontri.
Con l’obiettivo di ricordare l’importanza di questa pratica salutare: per le persone, le comunità, l’ambiente. “Ogni ottobre celebriamo il potere della riparazione di unire le nostre comunità, ridurre il nostro impatto sul pianeta, imparare nuove abilità e molto altro ancora”. La Giornata internazionale della riparazione è una celebrazione annuale per tutti coloro che si occupano di riparazione nelle loro comunità in tutto il mondo.
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