Aliquote IVA agevolate, obbligo di contenuto riciclato “Made in Europe”, maggiori controlli sulle importazioni e sostegno finanziario temporaneo: sono alcune delle richieste che le industrie europee del riciclaggio della plastica e della raccolta tessile post-consumo, della preparazione al riutilizzo e del riciclo hanno inoltrato alle istituzioni dell’Unione Europea. Lo hanno fatto con una lettera aperta (qui) in occasione del prossimo Consiglio Ambiente, che si terrà il 17 giugno nella città di Lussemburgo.
EuRIC, Confederazione Europea delle Industrie del Riciclaggio attraverso la divisione dedicata al riciclo della plastica (EPRB) e la divisione dedicata al riutilizzo e al riciclo tessile (EuRIC Textiles), insieme a FEAD, l’Associazione Europea per la Gestione dei Rifiuti, esortano congiuntamente gli Stati membri dell’UE a discutere urgentemente di quella che definiscono una “situazione critica” e che “richiede un’azione politica urgente”. Ecco perché chiedono di “adottare misure di salvaguardia immediate a sostegno di entrambi i settori, fondamentali per l’economia circolare e la produzione di risorse in Europa”.
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L’importanza del Consiglio Ambiente
Prima di entrare nel merito delle difficoltà e delle proposte delle aziende più importanti dell’economia circolare è opportuno ricordare le funzioni del Consiglio Ambiente: si tratta dell’organo del Consiglio dell’Unione europea (noto anche con l’acronimo ENVI) che è responsabile delle politiche ambientali, della tutela della salute e dell’uso sostenibile delle risorse naturali. Vi partecipano i ministri competenti degli Stati membri, accompagnati dai rappresentanti della Commissione europea, in particolare il Commissario per l’Ambiente e quello per l’Azione per il Clima.

Il Consiglio si riunisce formalmente circa quattro volte l’anno. L’ultimo incontro è avvenuto il 28 e il 29 aprile a Varsavia, dato che la Polonia dall’1 gennaio 2025 ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea (ricordiamo che la presidenza dura sei mesi, la prossima sarà a guida danese). Pur se la due giorni polacca è stata una tappa definita “informale” e non ufficiale, sul piatto degli incontri sono stati posti diversi temi: l’adattamento climatico, l’eco-innovazione, il ruolo del settore privato e la disinformazione sulle politiche ambientali e climatiche.
Tuttavia, dalla sintesi dell’incontro, è sembrato che la Polonia sia stata più interessata a presentare le proprie esperienze che a provare a rispondere alle esigenze di imprese e Stati. Ecco perché la lettera a tripla firma – Mariska Boer, presidente di EuRIC Textiles, Sophie Sicard, presidente di EPRB (EuRIC’s Plastics Recycling Branch) e Paolo Campanella, segretario generale di FEAD (European Waste Management Association) – si rivolge alle rappresentanze permanenti, cioè alle figure che elaborano materialmente le proposte che vengono poi discusse dai ministri dei 27 Stati membri dell’UE al Consiglio Ambiente.
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Riciclo plastica e tessile post consumo, i motivi della crisi
Se perfino le aziende parlano di “fallimenti strutturali del mercato”, che le sottopongono a “forti pressioni” e a “problemi di competitività”, è evidente che è il sistema capitalistico in cui siamo immerse e immersi ad essere in crisi. Una crisi perenne, verrebbe da aggiungere, acuita dall’economia lineare ed estrattivista che ha già permeato pure l’economia circolare, che in teoria avrebbe dovuto fungere da contraltare. “I prezzi dei materiali vergini rimangono molto inferiori rispetto al prezzo del loro equivalente riciclato” scrivono all’UE le aziende del riciclo e del tessile post consumo.

“La domanda di contenuto riciclato è debole, poiché i produttori non si impegnano a integrare i materiali riciclati nei loro prodotti. La concorrenza dei paesi terzi (Cina) si sta intensificando, con importazioni vertiginose di plastica riciclata a basso costo e un’ondata di prodotti di moda ultra-fast fashion estremamente economici e di bassa qualità da piattaforme come SHEIN e Temu. Senza un chiaro e urgente sostegno da parte dell’UE, il riciclaggio della plastica e la preparazione dei tessuti per il riutilizzo, nonché gli impianti di riciclaggio in tutta Europa, chiuderanno completamente, con il conseguente collasso di un intero settore”. Pur con un forte ritardo, e con un approccio ancora debole, la Commissione Europea sta provando a muoversi ad esempio nei confronti di SHEIN e Temu. Ma non basta sanzionare chi non ha un adeguato approccio ambientale, serve supporto a chi invece tenta di rispettare le regole. Anche perché per l’economia circolare del Vecchio Continente la crisi è già qui. “
Questo sta già accadendo in tutta Europa – si legge ancora nella lettera – dove gli impianti di riciclaggio della plastica hanno recentemente dovuto chiudere a causa di fallimenti del mercato. Veolia, la principale azienda europea nella gestione dei rifiuti, ha già chiuso un impianto per il riciclaggio di bottiglie di plastica PET in Germania. Nell’ottobre 2024 Soex Group, uno dei maggiori operatori mondiali nella raccolta di tessuti usati, ha avviato una procedura concorsuale e ha cessato tutte le attività in Europa. Il collasso di questi settori significherebbe un grave fallimento delle ambizioni industriali e ambientali dell’UE e porterebbe alla perdita di migliaia di posti di lavoro verdi in tutto il continente. Ostacolerebbe l’implementazione di tecnologie circolari come il riciclaggio, che riducono drasticamente il consumo di energia e le emissioni, prevengono l’esaurimento delle risorse e rafforzano la competitività e l’autonomia strategica dell’Europa. In definitiva, lascerebbe i rifiuti europei senza possibilità di riciclo”.
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Le proposte per il riciclo della plastica e per il tessile post-consumo
Per la sopravvivenza e la competitività a lungo termine degli operatori europei del settore della plastica e dei tessuti che si preparano al riutilizzo e al riciclo, secondo la lettera inoltrata all’UE, è necessario un sostegno urgente da parte delle istituzioni europee. EuRIC e FEAD stilano dunque un lungo elenco di richieste “per evitare il collasso”:
- sostegno finanziario temporaneo per il settore tessile, per sostenere l’infrastruttura europea di raccolta dei tessili e le operazioni di preparazione al riutilizzo e al riciclo fino alla piena attuazione dei regimi di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR). “Le attuali opportunità di finanziamento dell’UE per il settore tessile non sono sufficienti ad affrontare le pressioni finanziarie immediate che minacciano la sopravvivenza del settore” si legge ancora nella lettera;
- accesso rapido ai fondi di aiuti di Stato per entrambi i settori, fino a quando il mercato della plastica riciclata e dei tessuti usati non si riprenderà e non si stabilizzerà e gli obiettivi e i requisiti pianificati per il contenuto di materiale riciclato entreranno in vigore. “Chiediamo inoltre che il quadro degli aiuti di Stato che accompagna il Clean Industrial Deal includa esplicitamente misure di circolarità” scrivono le aziende. Il suggerimento è di stimolare la domanda di materiali circolari attraverso requisiti obbligatori nelle norme UE sugli appalti pubblici e attraverso una riduzione dell’IVA per il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio o l’eliminazione della doppia imposizione su tessuti usati e materie plastiche/tessili riciclati;
- anche i servizi di riciclaggio nell’UE dovrebbero beneficiare di aliquote IVA ridotte per migliorare la loro competitività rispetto alla produzione di materiali vergini. In alternativa si potrebbe introdurre un sistema che eviti la doppia imposizione su tessuti usati e materie plastiche/tessili riciclati, riconoscendo che l’IVA era già stata pagata quando questi prodotti sono stati immessi sul mercato per la prima volta come materiali vergini;
- introdurre l’obbligo di contenuto riciclato “Made in Europe” per stimolare la domanda di materiali riciclati e stimolare gli investimenti nelle tecnologie di selezione e riciclaggio in Europa. “Dato l’aumento delle importazioni da Paesi terzi, sono necessari solidi meccanismi di verifica” è la conclusione della lettera.
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