Dentro il camion che arriva da Rieti c’è un po’ di tutto. Detersivi, piccoli elettrodomestici, utensili: l’emporio itinerante raggiunge quasi ogni giorno Longone Sabino, paese ai piedi del Monte Terminillo, tra la Valle del Salto e del Turano. 800 metri d’altitudine per 513 residenti.
Da qualche mese, durante il suo itinerario, quando fa tappa nella frazione di Roccaranieri il camion è costretto a fermarsi davanti una saracinesca abbassata. Stavolta a chiudere è stato il Bar Roxy, l’ultimo presidio sociale della contrada.
Ha resistito un po’ di più rispetto all’alimentari e agli altri negozi, ma alla fine è stato costretto ad abbandonare i 140 abitanti della frazione.
Davanti la serranda del bar, Maria Laura del Tento, architetta ed esperta di bioedilizia, fa i conti con questa nuova assenza. Roccaranieri è il suo luogo d’origine, come molti suoi amici si è formata all’estero, poi ha intrapreso percorsi professionali che l’hanno allontanata dall’alta sabina. Esperta di rigenerazione territoriale, oggi è impegnata in progetti sociali in cui facilita la partecipazione delle comunità. Ora la sfida più grande è farlo dove è nata e cresciuta.
“Non è facile intrecciare nuove relazioni comunitarie in un luogo frammentato da anni di disinvestimento pubblico. Pesano le distanze, geografiche e umane, ci sono problemi sedimentati da tempo che incontrano un senso di sfiducia per le proposte sociali e in generale per le iniziative pubbliche, ma in questi luoghi – rispetto alle grandi città – è possibile sperimentare nuovi percorsi civici. L’importante è ascoltare davvero chi ci vive a Longone”, racconta Del Tento.
Come si torna ad abitare Longone? Come si apre una discussione sui servizi, sul lavoro e sul futuro in un posto che si sta spopolando?
Maria Laura del Reto ragiona di tutto questo ad alta voce, lo fa con le attiviste e gli attivisti della biblioteca verde, un’associazione nata qualche anno fa da un’intuizione di Gabriella Guido, Alice Liguori e Federico Porro.
Uno spazio di possibilità
A luglio, grazie alla biblioteca verde, quella sensazione di sconforto generata dall’ennesima attività che chiude è stata allontanata da una serie di iniziative nate attorno a U Cinemittu, il cinema più piccolo d’Italia.
Una dozzina di poltrone degli anni ‘20 donate dal Teatro Brancaccio di Roma, uno schermo e un buon impianto audio per una sala cinematografica ricavata dalle pareti rocciose del vecchio ufficio postale del paese. Aperto ogni fine settimana, si entra con un’offerta libera e dopo aver prenotato il proprio posto. Su una delle pareti c’è una grande locandina del primo film proiettato sul piccolo grande schermo d’Italia: “Le Otto Montagne” di Van Groeningen e Charlotte Vandermeersc, con Alessandro Borghi e Luca Marinelli.
Il lucchetto dell’ex Posta è saltato l’estate scorsa proprio con l’attore Luca Marinelli, deciso ad aprire uno spazio di possibilità nel paese dei suoi nonni. I ricordi della sua infanzia sono legati al centro storico di Longone e alle serate estive passate in Sabina.
Nel giro di pochi mesi U Cinemittu ha riacceso Longone. E non è stata solo la notorietà dell’attore romano a suscitare interesse per questa nuova apertura. La forza del piccolo cinema sta nella sua capacità generativa: poco dopo la sua inaugurazione, a un vicolo di distanza, ha riaperto anche la vecchia osteria del paese. Dopo quarant’anni di astensione forzata è tornata a offrire vino, salumi e formaggi.

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La capacità generativa
Prima e dopo le proiezioni, le voci di chi è di passaggio a Longone incontrano quelle dei residenti storici. Nella piazzetta i discorsi si contaminano, lo spazio dai tavoli spesso si riduce, le sedie a volte non bastano. E in questa eccedenza c’è la conferma di aver aperto un sentiero diverso, di sicuro una strada che allontana Longone dall’oblio e da quel declino irreversibile indicato dalle ultime politiche governative sulle aree interne.
Del resto, il titolo delle iniziative dello scorso luglio era: “E se bastasse un’osteria?”
“Per noi gli incontri pubblici sono un momento di raccordo importante. Servono a portare le discussioni locali a un livello più alto, senza dimenticare di dover affrontare le situazioni concrete e le esigenze della comunità. Ci sono spinte diverse che arrivano dalle persone, alcune non vengono minimamente intercettate dai bandi sulle aree interne. Le proiezioni dei film aiutano a buttare fuori i desideri, l’informalità dell’osteria fa il resto: permette di segnalare i problemi, consente di gettare in piazza questioni che di solito restano tra le mura di casa”, spiega Gabriella Guido.
Con un passato nel mondo del cinema, poi nella cooperazione e in tanti progetti di inclusione, tra cui la falegnameria Kalma a Roma, Gabriella Guido è arrivata a in Alta Sabina con l’idea di sostenere la moltitudine di relazioni inedite e inaspettate che possono nascere tra i vicoli di un piccolo paese.
Un cinema non risolverà i problemi legati allo spopolamento del reatino, né tantomeno le ingiustizie causate da un isolamento generato quasi in maniera ingegneristica dalle politiche statali. Roma non è distante da questi luoghi, ma la via Salaria è ancora l’unica certezza di arrivare in tempi decenti nella capitale. Non avere un’auto moltiplica le disuguaglianze, i tempi di attesa e di percorrenza.
Il Cinemittu non accorcia le distanze, ma permette di andare altrove, di conoscere l’altro stando a casa, di sedersi vicino una sconosciuta, un passante, oppure all’amico di sempre e di condividere un immaginario che potrà servire anche a guardare Longone Sabino con altri occhi.
Se usciamo dalla retorica dell’assistenza e dai racconti edulcorati delle narrazioni funzionali al turismo, ci accorgeremo di essere circondati da una diversità territoriale che può indicarci soluzioni alla crisi climatica e a quelle dell’abitare. Ma bisogna essere concreti e recepire le istanze di chi vive nei paesi come Longone. È anche questa la sfida della biblioteca verde. Gabriella Guido ci tiene a comunicare che “la cultura può essere strumento di rigenerazione solo con un vero protagonismo cittadino”.
U Cinemittu è anche un circolo Arci. Il sostegno all’iniziativa è arrivato subito, sia dall’organizzazione Nazionale sia dall’Arci Rieti. “Per l’Arci, la cultura è una infrastruttura sociale. Non è un evento, non è spettacolo, non è solo intrattenimento. La cultura è una pratica quotidiana di relazione, convivenza, partecipazione. È ciò che tiene insieme le comunità e che permette a chi vive in territori marginalizzati di sentirsi parte, di contribuire, di restare. Per la provincia di Rieti questo piccolo cinema non può che indicare un processo virtuoso da consolidare e da prendere come modello”, spiega Valentina Roversi di Arci Rieti.
Ad agosto la programmazione propone classici del cinema, come il Marchese del Grillo e C’eravamo tanto amati. Non mancano mai i cartoni animati e i film per le più piccole e i più piccoli.
Poi arriverà l’autunno, con altre storie da scegliere e altri luoghi da portare a Longone Sabino, dove non c’è alcun finale prestabilito, perché non è ancora tempo dei titoli di coda.
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