L’azione non sta al passo con l’ambizione: con questa frase netta la Corte dei conti europea, nella sua nuova relazione disponibile sul sito, sottolinea il rischio maggiore che grava sulla politica di adattamento dell’Unione Europea. Il modo in cui i 27 Stati membri dell’UE riescono e riusciranno a fronteggiare gli effetti del collasso climatico è e sarà sempre più una questione vitale.
Ecco perché è utile analizzare le 70 pagine della relazione n°15/2024 della Corte dei conti europea che analizzano “l’insieme di misure di prevenzione, protezione e preparazione tese ad adeguarsi a eventi climatici effettivi o attesi e alle relative conseguenze”. Come ricordano ancora i giudici amministrativi, l’UE ha pubblicato la sua prima strategia di adattamento nel 2013 e la successiva nel 2021, confermando di essere altamente vulnerabile ai cambiamenti climatici, mentre sono gli Stati membri a decidere i propri approcci attuativi, attraverso piani e strategie nazionali di adattamento.
“Abbiamo analizzato come l’UE stia rispondendo alla necessità urgente di adattarsi alle ricorrenti condizioni climatiche estreme”, ha dichiarato Klaus-Heiner Lehne, il membro della Corte responsabile dell’audit. “Abbiamo rilevato problemi nell’attuazione pratica delle politiche. Se l’azione dell’UE non viene condotta meglio, le ambizioni di adattamento dell’UE rischiano di non stare al passo con i cambiamenti climatici”.
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Tutte le difficoltà dell’adattamento europeo
Il punto di partenza della relazione della Corte dei conti europea non può che fare riferimento agli eventi climatici estremi. “Da vent’anni a questa parte, il numero di catastrofi causate da eventi climatici e della gravità dei danni provocati ha registrato un’impennata nell’UE, come testimoniano i recenti episodi di siccità, ondate di calore e inondazioni devastanti verificatisi nel 2024. In media, nell’ultimo decennio le perdite economiche dovute a eventi climatici estremi nell’UE sono ammontate a 26 miliardi di euro l’anno – si legge nella relazione – Anche l’inazione ha un prezzo: se l’attuale economia dell’UE venisse esposta a un riscaldamento globale compreso tra 1,5 e 3 °C al di sopra dei livelli preindustriali (secondo una stima prudente), si verificherebbe una perdita economica annuale compresa tra 42 e 175 miliardi di euro”.
Nel complesso, scrivono i giudici, l’UE dispone di un solido quadro di riferimento per diventare resiliente ai cambiamenti climatici. La Corte ha passato al vaglio le politiche di adattamento nazionali in Francia, Estonia, Austria e Polonia, trovandole generalmente coerenti con la strategia dell’UE. Ha però anche rilevato casi di dati scientifici obsoleti nei documenti delle strategie nazionali di adattamento e di costi delle misure di adattamento sottostimati oppure omessi. Quel che diventa complicato è il recepimento delle indicazioni europee e nazionali nelle norme locali. Come si può notare nello schema qui sotto, l’albero delle diramazioni dei fondi, delle politiche e delle strategie sull’adattamento è particolarmente complesso.
Da un’indagine condotta dagli auditor presso 400 comuni degli Stati membri controllati, è emerso che gli interpellati ignoravano in gran parte le strategie e i piani di adattamento ai cambiamenti climatici e non utilizzavano gli strumenti dell’UE per tale adattamento (Climate-ADAPT, Copernicus e il Patto dei sindaci dell’UE).
Oltre la metà dei progetti sottoposti ad audit ha affrontato efficacemente i rischi climatici e gli auditor hanno individuato anche alcune buone pratiche. Si sono però imbattuti anche in casi in cui le priorità erano in contrasto fra loro. Ad esempio, hanno rinvenuto progetti che rispondevano alla necessità di una maggiore irrigazione ma che rischiavano di aumentare i consumi idrici complessivi o un progetto di protezione dalle inondazioni che prevedeva ancora il rilascio di concessioni edilizie per nuove abitazioni nella stessa area a rischio.
Hanno rilevato persino due progetti che possono portare al cosiddetto maladattamento, cioè a un aumento – anziché a una riduzione – della vulnerabilità o dell’esposizione ai cambiamenti climatici. Tra gli esempi di maladattamento si possono citare la promozione dell’irrigazione per colture ad alta intensità idrica invece di passare a quelle a minore intensità, oppure l’investimento in cannoni per l’innevamento artificiale (seppur energeticamente più efficienti) invece di concentrarsi sul turismo durante tutto l’anno. Inoltre alcuni progetti (come il ripascimento, ossia l’aggiunta di sabbia nelle spiagge) offrono una soluzione di adattamento solo a breve termine. Tutti esempi di cui, purtroppo, anche il nostro paese è pieno.
Quanto all’assegnazione delle risorse, l’adattamento è una politica trasversale e quindi i finanziamenti dell’UE per realizzarla provengono da varie fonti dell’Unione, connesse ad esempio all’agricoltura, alla coesione e alla ricerca. Diventa così più complicato assicurare il monitoraggio di questi finanziamenti. Le relazioni sull’adattamento vanno migliorate: infatti, secondo gli auditor, allo stato attuale non consentono di valutare i progressi compiuti dagli Stati membri nell’adattamento ai cambiamenti climatici, in quanto sono in gran parte descrittive e sprovviste di dati quantificabili.
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La visione della Commissione sull’adattamento
Come avviene per ogni relazione della Corte dei conti europea, a essa è allegata la risposta della Commissione europea. E come sempre, è utile consultare il documento per comprendere come l’organo più decisionale delle istituzioni europee sta affrontando e intende affrontare le criticità emerse. “È necessario migliorare la comunicazione dei dati degli Stati membri sull’adattamento ai cambiamenti climatici in modo da apportare maggiore valore in termini di monitoraggio dei progressi compiuti e sostegno alle future decisioni politiche – si legge nella risposta – Nella sua recente comunicazione sulla gestione dei rischi climatici, la Commissione riconosce la necessità di riesaminare i processi di governance esistenti ed esaminare in che modo l’attuazione delle prescrizioni a livello dell’UE possa essere ulteriormente agevolata, razionalizzata e rafforzata. Ciò comprende l’individuazione di potenziali sinergie nell’attuazione degli obblighi di comunicazione pertinenti in materia di resilienza climatica in vari atti legislativi dell’UE. La Commissione ha creato alcuni strumenti quali il portale Climate-ADAPT, Copernicus e il Patto dei sindaci dell’UE, per sostenere una serie di titolari dei rischi e sta lavorando ai miglioramenti da apportare per ampliare l’uso di tali strumenti e rafforzarne l’impatto”.
Oltre agli strumenti uno dei problemi sottolineati dalla Corte dei conti europea è l’ampia varietà delle fonti di finanziamento sull’adattamento e, allo stesso tempo, l’assenza di contributi specifici ad esempio dalla Politica Agricola Comune e da un adeguamento contributo economico che rispetti l’inserimento dell’adattamento nel principio DNSH (do not significant harm, cioè arrecare un danno non significativo). Infine, come spesso avviene, anche sull’adattamento uno dei problemi maggiori dell’Unione Europea è la distanza siderale tra i buoni propositi di regolamenti e direttive e il mancato adeguamento a livello locale.
Di fronte a questa critica la Commissione scrive che “valuterà ulteriormente in che modo sia possibile far fronte alle debolezze individuate nelle comunicazioni degli Stati membri sulle azioni nazionali di adattamento (articolo 19 del regolamento sulla governance) e nelle loro relazioni intermedie nazionali (articolo 17 del regolamento sulla governance), anche nel contesto della relazione di prossima pubblicazione ai sensi dell’articolo 45 sulla valutazione del regolamento sulla governance. La Commissione continuerà inoltre a valutare i progressi degli Stati membri e le misure da essi adottate in materia di adattamento, comprese le raccomandazioni associate nell’ambito della normativa europea sul clima, nonché della valutazione biennale dei progressi compiuti a norma dell’articolo 29 del regolamento sulla governance”. Insomma: ci sarà da attendere affinché gli Stati membri facciano i compiti a casa. Non proprio la migliore delle notizie per l’urgenza di cui necessita l’adattamento al collasso climatico.
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