C’è chi la reputa essenziale per diminuire l’inquinamento da plastica nel mondo e chi la ritiene un salasso per le imprese e per i consumatori: così la cosiddetta plastic tax si ritrova spesso al centro della discussione pubblica, seppur continuamente rinviata. Con l’ultima Legge di Bilancio l’avvio della plastic tax è stato rimandato all’1 luglio 2021. Tra qualche mese, insomma, potrebbe diventare realtà la nuova tassa sui manufatti in plastica con singolo impiego, noti come Macsi. La Legge di Bilancio ha rimodulato anche le sanzioni per il mancato e il ritardato pagamento dell’imposta, riducendole rispetto alla norma originaria.
Per l’applicazione va prima definito l’impianto attuativo, a cui dovrà provvedere un provvedimento interdirettoriale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e dell’Agenzia delle entrate. Lo scopo è quello di circoscrivere ambito di applicazione, iter amministrativo, modalità di certificazione e tracciamento del quantitativo di plastica riciclata presente nei Macsi ed eventuale compostabilità degli stessi. La seconda novità riguarda la possibilità, a partire dal prossimo anno e senza un periodo sperimentale, di utilizzare fino al 100% di PET riciclato (rPET) nelle bottiglie di plastica, superando così il limite del 50% attualmente in vigore.
Perché se ne parla da due anni
Può una legge essere discussa da due anni, e tornare a più ondate nel dibattito mainstream, pur se non è ancora attiva? Sì se riguarda un aspetto fondamentale delle nostre vite, ovvero il consumo di plastica monouso, uno dei simboli più evidenti dell’economia lineare che ci ha condotto all’attuale crisi di sistema. L’impulso, come spesso avviene per ciò riguarda i temi della sostenibilità e dell’economia circolare, è arrivato dall’Europa. A gennaio 2018, nell’ambito della Strategia europea per la plastica nell’economia circolare, la Commissione europea inoltra alle altre istituzioni un’interessante comunicazione.
“Nel corso degli ultimi 50 anni il ruolo e l’importanza della plastica nella nostra economia sono cresciuti in modo costante – si legge nel documento – La produzione mondiale di plastica è aumentata di venti volte rispetto agli anni ’60 del secolo scorso, raggiungendo 322 milioni di tonnellate nel 2015, e nei prossimi 20 anni dovrebbe raddoppiare. Nell’UE il settore della plastica dà lavoro a 1,5 milioni di persone e nel 2015 ha generato un giro d’affari di 340 miliardi di euro. Anche se la produzione di plastica nell’UE è stata stabile negli ultimi anni, la quota dell’UE nel mercato mondiale si sta riducendo con l’aumentare della produzione in altre parti del mondo”.
Leggi anche: Inquinamento da plastica, il rapporto che inchioda le “solite” multinazionali
Serve dunque rafforzare il cambio di passo. Ecco perché già tre anni fa la Commissione auspicava “un passo decisivo verso un’economia della plastica più prospera e sostenibile (che) potrebbe apportare notevoli vantaggi. Per coglierli, l’Europa ha bisogno di una visione strategica, che definisca come sarà l’economia circolare della plastica nei prossimi decenni. Questa visione deve promuovere gli investimenti in soluzioni innovative e trasformare le sfide attuali in opportunità”.
Tra le misure individuate dall’Europa c’è la direttiva n. 2019/904, che punta a prevenire e ridurre l’impatto sull’ambiente di determinati prodotti in plastica. Gli Stati membri sono poi chiamati ad adottare misure volte a ridurre il consumo di alcuni prodotti in plastica monouso per i quali non esiste alternativa. Inoltre sono gli stessi Stati membri a monitorare il consumo di tali prodotti monouso e le misure adottate e a riferire alla Commissione Europea i progressi compiuti. Ecco perché tra le proposte introdotte dal governo Conte I e Conte II c’è quella di una plastic tax, voluta principalmente dal Movimento 5 stelle. Dal 2019, però, ha inizio la lunga serie di proteste e di rinvii.
Leggi anche: Tutti i danni che fa la plastica in giro per il Pianeta
Di rinvio in rinvio
Già la Legge di Bilancio 2020 prevedeva l’introduzione della plastic tax, insieme alla sugar tax, la tassa sulle bevande gassate e zuccherate pari a 10 centesimi al litro. Poi però, complice l’arrivo della pandemia e per non appesantire ulteriormente le aziende che cominciavano a riscontrare le prime difficoltà a causa del lockdown di marzo 2020, si è deciso di prorogare l’avvio di entrambe. Il decreto Rilancio aveva spostato la partenza all’1 gennaio 2021. A fine dicembre 2020 la Legge di Bilancio 2021, come già detto, ha spostato ulteriormente l’avvio della plastic tax all’1 luglio 2021 e ha introdotto una difformità rispetto alla sugar tax, che invece viene rinviata ulteriormente all’1 gennaio 2022.
L’obiettivo comune, così come stabilito dalla strategia europea per la plastica nell’economia circolare, resta sempre lo stesso: trovare una soluzione per la crescente produzione e dispersione di rifiuti di plastica nell’ambiente in cui viviamo. Ci si divide, però, sul metodo scelto.
Da una parte l’Europa si prefigge di raggiungere l’obiettivo della riciclabilità di tutti gli imballaggi di plastica entro il 2030. Dall’altra il timore per le imprese è che i costi di produzione, a causa dell’introduzione di una nuova tassa, si alzino ulteriormente, mentre allo stesso tempo i consumatori restano preoccupati perché potrebbero essere i soggetti ultimi sui quali verrà scaricato questo aumento.
Leggi anche: Fai la spesa con la shopper, tutti i benefici dell’alternativa al sacchetto di plastica
Cosa sono i Macsi
Abbiamo già detto che la plastic tax si applica al consumo dei manufatti con singolo impiego, i cosiddetti Macsi. Ma cosa sono esattamente? Si tratta di imballaggi usa e getta, realizzati con l’impiego anche parziale di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica e destinati a contenere, proteggere o consegnare merci o prodotti alimentari. Sono considerati Macsi anche i semilavorati e le preforme, realizzati integralmente o parzialmente con materie plastiche e impiegati nella produzione di Macsi.
Sono esempi di Macsi le bottiglie in plastica, le buste e le vaschette per gli alimenti (ad esempio i vasetti per lo yogurt), i contenitori in tetrapak utilizzati per i prodotti alimentari liquidi come il latte e le bibite, i contenitori per detersivi, gli involucri di auricolari, maglioni e qualsiasi altra merce, ma anche il polistirolo utilizzato per proteggere gli elettrodomestici imballati, il pluriball che avvolge gli oggetti acquistati online, i film in plastica utilizzati per avvolgere i materiali sui pallet, i tappi delle bottiglie o delle marmellate, e altro ancora.
I soggetti obbligati a versare la plastic tax sono diversi: per i Macsi fabbricati in Italia spetta al fabbricante o il committente, cioè il soggetto che richiede la fabbricazione di Macsi in conto lavoro; per i Macsi provenienti da altri Paesi dell’Unione europea, tocca al soggetto che acquista Macsi nel caso di vendite B2B o il cedente nel caso di vendite B2C a consumatori privati in Italia; per i Macsi provenienti da paesi terzi invece, la responsabilità ricade sull’importatore.
Come funziona la nuova plastic tax
L’accertamento dell’imposta avviene sulla base di dichiarazioni trimestrali presentate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli entro la fine del mese successivo al trimestre solare cui la dichiarazione si riferisce; entro il medesimo termine viene effettuato il versamento dell’imposta dovuta.
Ai funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è attribuito il compito di svolgere le attività di accertamento, verifica e controllo dell’imposta, con facoltà di accedere presso gli impianti di produzione di Macsi al fine di acquisire elementi utili ad accertare la corretta applicazione delle disposizioni in esame.
Cosa prevede la nuova plastic tax
Come già osservato, si conferma l’introduzione di un’imposta di 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei Macsi, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei Macsi adibiti a contenere e proteggere medicinali.
Tra le altre novità previste dall’1° luglio e introdotte con la Legge di Bilancio 2021:
- viene modificata la definizione di Macsi semilavorati e si includono anche le preforme, prodotti ottenuti dallo stampaggio di PET finalizzati a diventare bottiglia o contenitore per bevande, tramite un processo di soffiatura.
- tra i soggetti obbligati si includono anche i committenti, i soggetti, residenti o non residenti nel territorio nazionale, che intendono vendere Macsi, ottenuti per loro conto in un impianto di produzione, ad altri soggetti nazionali;
- la soglia di esenzione dall’imposta che deriva dalle dichiarazioni trimestrali viene portata da 10 a 25 euro;
- vengono ridotte le sanzioni per il mancato e il ritardato pagamento dell’imposta che passano dal doppio al decuplo dell’imposta evasa al quintuplo, mentre gli importi dovuti per la tardiva presentazione della dichiarazione trimestrale passano da 250 a 2.500 euro (inizialmente erano previste da 500 a 5.000 euro).
Restano i dubbi
A dicembre la stesura finale del governo è stata approvata dal Parlamento, che tuttavia non ha indicato i tempi entro cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dovrà rendere note le modalità di attuazione della plastic tax (mentre nella Legge di Bilancio 2020 ciò era stato stato stabilito “entro il mese di maggio dell’anno 2020”). Nel frattempo il governo Conte ha ceduto il passo al governo Draghi e presumibilmente toccherà al neonato ministero della Transizione ecologica affrontare la scottante materia. Impresa particolarmente difficile, per un ministero che con l’allargamento delle competenze del vecchio ministero dell’Ambiente vede ampliare anche le partite da affrontare.
Leggi anche: Chi è Roberto Cingolani, il ministro della Transizione ecologica che fa discutere
Inoltre, come già osservato, è facile presumere che la plastic tax si riserverà sui consumatori finali. Il rischio insomma è che la tutela dell’ambiente venga percepita come un costo economico. E invece sarebbe auspicabile sviluppare le potenzialità dell’economia circolare, insistendo non solo sulla riduzione ma anche sul riuso e sul riciclaggio.
La plastic tax europea
Non tutti tutti sanno che dall’1 gennaio 2021 gli Stati membri dell’Unione europea dovranno applicare la PTEU, più nota come plastic tax europea, che si applica ai rifiuti plastici da imballaggi non riciclati. Con il Regolamento pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea lo scorso 15 dicembre, è stato stabilito che la PTEU consiste in 80 centesimi per ogni chilogrammo non riciclato – oppure, se si vuole, 800 euro a tonnellate.
I contributi verranno calcolati dalla Commissione Europea e l’introito verrà utilizzato per finanziare il piano di ripresa economica in seguito alla pandemia Covid-19.I singoli Stati, tuttavia, possono cercare di reintegrare la quota versata mediante l’imposizione di tasse. E questa volta non ci sarà rinvio che possa essere giustificato.
Leggi anche: La tassazione green aiuta la transizione, “ma l’Europa deve agire compatta”
© Riproduzione riservata