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venerdì, Novembre 15, 2024

Costruire con il bambù è più sostenibile, ma attenzione agli impatti sull’ambiente

Usato fin dall'antichità per la sua naturale forza, flessibilità, versatilità, il bambù è sempre più diffuso come materiale sostenibile da costruzione o per arredamento: assorbe più CO2 degli alberi e produce più ossigeno. Ma non è immune da problemi

Simone Fant
Simone Fant
Simone Fant è giornalista professionista. Ha lavorato per Sky Sport, Mediaset e AIPS (Association internationale de la presse sportive). Si occupa di economia circolare e ambiente collaborando con Economia Circolare.com, Materia Rinnovabile e Life Gate.

Conosciuto anche come “acciaio vegetale” per la sua forza e resistenza, Il bambù è una graminacea che cresce in regioni a clima prevalentemente tropicale di Asia (in particolare sud-est), Africa sub-sahariana, America e Oceania. Usato fin dall’antichità per la sua naturale forza e flessibilità, dagli anni 80’ in poi il bambù è tornato alla ribalta come materiale da costruzione eco-friendly arrivando a rappresentare un’interessante ed economica alternativa al legno per la sua durezza, flessibilità e sostenibilità. Secondo un rapporto di Grand View Research (database di ricerche di mercato) si prevede che la dimensione del mercato globale dei bambù raggiungerà i 98,3 miliardi di dollari entro il 2025, con la Cina a guidare la classifica come primi produttori della pianta. Esistono diversi studi sulla sostenibilità ambientale del bambù come materiale da costruzione. Tuttavia alcuni punti interrogativi rimangono.

La storia del bambù come materiale per costruzioni

Nei tempi antichi, il bambù veniva utilizzato in combinazione con altri materiali da costruzione naturali come legno, argilla, calce ed erba. Recentemente, viene utilizzato in combinazione con cemento o adesivi per produrre materiali molto più resistenti e compatibili con lo stile di vita moderno. Dal momento che il bambù è un materiale naturale, è suscettibile quindi al degrado. Se industrialmente trattati e lavorati, i componenti in bambù possono però avere una durata di 30-40 anni, anche se il suo ciclo vita varia a seconda delle specie e dei tipi di trattamento. Anni di studi sul campo hanno confermato la tesi secondo cui il bambù è un materiale strutturale adatto per l’uso in abitazioni, per via della sua forza, flessibilità e versatilità. Inizialmente però, l’interesse verso questo materiale era puramente economico. Essendo più conveniente del legno, veniva utilizzato solo per costruire alloggi nei Paesi in via di sviluppo.

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I benefici ambientali del bambù

Agli occhi del mondo scientifico il bambù è generalmente considerato ecologico perché, avendo un tasso di crescita molto rapido, viene considerato una risorsa velocemente rinnovabile e adatta a ridurre la deforestazione. Incoraggia i coltivatori a usare terreni incolti (anche se poi vedremo come non è possibili in tutti gli ecosistemi) e sponde dei fiumi, favorisce una migliore conservazione del suolo e la mitigazione dei disastri alluvionali.

Crescendo, il bambù arriva a produrre circa il 35% in più di ossigeno ed assorbire il 40% in più di anidride carbonica rispetto agli alberi, determinando un maggiore contributo contro la crisi climatica e un importante cambiamento nella qualità dell’aria. Sebbene il bambù duri solo 2-3 anni nella sua forma naturale per poi degradare, i trattamenti chimici per proteggerlo dai parassiti naturali e l’uso di elementi di design adeguati possono allungare di molto il suo ciclo vita.

Considerando che la fabbricazione di mattoni e cemento consuma grandi quantità di energia e materie prime non rinnovabili ed emette di conseguenza grandi quantità di anidride carbonica, la coltivazione del bambù è un buon modo per ridurre i gas serra. Un basso consumo di energia arriva anche dalla trasformazione del materiale, che non deve essere tagliato (se non alle sue estremità), ed è molto leggero da trasportare, non deve essere dipinto, né profilato, ma spesso soltanto sagomato. Essendo l’Europa uno dei maggiori importatori di bambù – che cresce prevalentemente in altri tipi di ecosistemi – la filiera registra però un maggior impatto ambientale (emissioni di CO2) nel trasporto del materiale come si legge nei risultati del Life Cycle Assesment di una ricerca pubblicata sul Journal of Cleaner Production.

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Trattamenti chimici e coltivazione intensiva hanno impatti da valutare

Il bambù può essere trattato in due modi principali: trattamento naturale e chimico. Tradizionalmente, l’immersione in acqua o l’affumicamento vengono utilizzati come metodi di trattamento naturale. Altri modi di trattamento non chimici sono la verniciatura con diesel, olio motore. Nel trattamento chimico, i prodotti di trattamento penetrano nel bambù tramite metodi di iniezione o diffusione (immersione). I prodotti chimici possono essere olio di creosoto, arseniato di rame cromato, cromato-rame-boro, cromato acido di rame, boro e miscela di acido borico. L’uso di conservanti per il bambù e la manipolazione dei prodotti trattati comportano potenziali rischi per l’uomo, gli animali e l’ambiente. “Norme severe sull’uso dei prodotti chimici, precauzioni e divulgazione dei pericoli del loro uso e smaltimento sono necessarie per ridurre al minimo questo rischio”, avvisano gli autori di un articolo scientifico apparso sul Journal of Asian Architecture and Building Engineering

Lo studio Impacts of bamboo spreading dell’università brasiliana de Mato Grosso do Sul dimostra che gli impatti ambientali di coltivazione intensiva di bambù devono essere valutati per evitare eventuali conseguenze negative che potrebbero derivare dal potenziale invasivo di questa pianta. “Indipendentemente dal fatto che il bambù sia nativo o esotico in una regione, può diventare invasivo in alcuni ecosistemi, anche quando una specie di bambù non mostra caratteristiche infestanti”, si legge nella conclusione del report. L’introduzione del bambù in una nuova area necessita di studi preliminari per evitare che le specie possano diventare invasive, e per ridurre al minimo il rischio di soppressione della vegetazione locale e della biodiversità della foresta.

Esempi di edifici contemporanei

Gli edifici in bambù non sono più associati all’idea di architettura povera, ma rappresentano oggi la frontiera dell’architettura green elegante e innovativa. Nel 2018 la prima Biennale Internazionale dell’Architettura in Bambù ha presentato 18 costruzioni, realizzate da 12 architetti di fama internazionale tra i quali Kengo Kuma, Vo Trong Nghia, Anna Heringer, Li Xiaodong Atelier e Simon Velez, che sono state costruite in uno scenario agricolo.

Chiangmai Life Architects and Construction è una società con sede in Tailandia specializzata nella progettazione e costruzione di architetture in bambù e terra che combinano un moderno design organico con l’ingegneria del 21° secolo. Una delle loro opere più imponenti è il Bamboo Sports Hall per la Panyaden International School, un ecologico campo sportivo in bambù di 782 metri quadrati che riprende la forma del fiore di loto, simbolo della Tailandia e degli insegnamenti buddisti.

In Cina l’architetto Mauricio Cardenas Laverde ha progettato una casa ecosostenibile in bambù a Baoxi Longquan, una struttura che esplora nuovi modi di costruire usando connessioni in alluminio leggere e facili da assemblare, che combina quello che viene definito “acciaio vegetale” con l’acciaio vero proprio per creare un sistema di costruzione industrializzato.

Guardando all’Europa invece, oltre agli oggetti di arredamento in bambù molto diffusi,  troviamo il Carabanchel Housing, un complesso residenziale situato a Carabanchel nella periferia di Madrid. È  un edificio di pregio architettonico corredato da impianti di produzione energetica rinnovabile. Qui il bambù è impiegato in facciata e permette alla luce di entrare con un effetto molto particolare. In questo edificio il bambù non ha funzione strutturale ma svolge l’importante ruolo di filtro solare, di protezione visiva e di rivestimento.

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