Vecchi arredi, vecchie collezioni invendute, eccedenze di magazzino? È possibile smaltirli avendo vantaggi fiscali e potendo inserire le operazioni nel bilancio sociale d’impresa? Ora si può, grazie a Banco Building, nato sul modello del Banco Alimentare e Farmaceutico. L’intuizione è venuta a Silvio Pasero, private banking di un grosso gruppo bancario, che ad EconomiaCircolare racconta come a volte le idee migliori nascono dalla quotidianità, a costo di saperla guardare con altri occhi.
“Il mio cliente più importante – dice Pasero – era l’amministratore delegato di una importante azienda del settore delle ceramiche. Spesso ci incontravamo fuori dall’orario di lavoro, a casa sua, e una sera portai un’altra persona che potesse conversare con sua moglie. Una volta venne con me un amico missionario. Dopo un paio di mesi, mi telefonò per dirmi che avevano ricevuto un container pieno di piastrelle e sanitari dall’azienda di questo mio cliente. Mi sono detto perbacco”.
Da un incontro casuale era nata un’opera di bene da parte di una grande azienda nei confronti di una comunità. Ma all’azienda quanto era convenuto? Pasero non esita a chiederlo ai diretti interessati. “Quando sono tornato da questo cliente l’ho ringraziato a nome dei missionari, ma l’ho messo in guardia da eventuali problemi con il consiglio di amministrazione dell’azienda – continua – La risposta è stata destabilizzante. L’amministratore delegato non solo aveva concordato con il cda questo dono, ma mi ha spiegato che questo dono era stato utile perché gli liberava il magazzino da roba vecchia e con una serie di benefici fiscali a partire dall’esenzione iva. Inoltre, mi raccontava che potevano inserirlo nel bilancio sociale dell’azienda e in chiave di responsabilità sociale d’impresa la cosa poteva venire valorizzata. Per non parlare degli aspetti ecologici, perché portando questo materiale in discarica avrebbero fatto un danno all’ambiente e avremmo avuto dei costi di smaltimento. Quindi l’azienda ne usciva bene”.
Anche ambulanze, mattonelle e container possono rifarsi una vita
Era il 2009, Pasero che collaborava già con il Banco Alimentare, pensò di applicare lo stesso modello a tutte quelle merci non deperibili del settore edile, ma anche arredi, tessile, attrezzature e simili. Rispetto al Banco Alimentare non ci sono problemi di scadenze per cui “quando un’azienda ci comunica che ha del materiale da donare, noi incrociamo l’offerta con le richieste che ci sono arrivate. Sono i beneficiari che si occupano direttamente del recupero presso l’azienda, così non abbiamo neppure il bisogno di avere un magazzino”.
Anche se da sei mesi, in realtà, un magazzino esiste. Si trova all’Orto Mercato di Milano ed è stato concesso in comodato d’uso dal Comune, dove sono conservati parte dei 580 bancali di gel igienizzante e saponi liquidi donati da Oréal Italia. Alcuni tir sono andati ai carceri del nord Italia, altri alle varie Caritas, però molta roba è andata in magazzino per la distribuzione alle piccole onlus. Poi , ogni mese arriva un tir di piastrelle dal distretto delle ceramiche di Sassuolo e Imola. Sono resti di magazzino, per cui non sono tutte della stessa misura o dello stesso colore. In Etiopia hanno fatto dei bellissimi bagni costruendo dei mosaici con quelle mattonelle diverse, talvolta in Italia questo non è possibile, perché c’è un altro tipo di richiesta. “Una volta un missionario che si occupava dei bambini soldato in Sierra Leone mi ha raccontato che avere un pavimento era già una fortuna e i bambini giocavano su queste piastrelle così colorate. Il pavimento è diventato un elemento di gioco”.
E dalle aziende arriva qualunque cosa. La Tim ha affidato al Banco gli arredi di otto palazzi a Milano, la Mapei ha donato vernici che non avevano superato il controllo di qualità interno risparmiando così i costi di smaltimento in discarica e poi ci sono gli accordi con il sistema aeroportuale italiano. Ma cosa potrebbe donare un aeroporto? Pasero non si fa cogliere impreparato. “L’aeroporto di Malpensa ci ha donato quattro ambulanze e due ambulist che abbiamo inviato ai salesiani impegnati in Etiopia dove in questo momento c’è la guerra civile e hanno bisogno di questi mezzi – spiega – In Italia non potevano più circolare perché Euro1, ma avevano appena 10mila chilometri all’attivo. Erano mezzi nuovi che altrimenti sarebbero stati rottamati. Gli ambulist diventeranno delle cliniche mobili per far partorire le donne nei vari villaggi. L’aeroporto di Linate ci ha dato un prefabbricato di cemento armato, utilizzato per la ristrutturazione dello scalo, che andrà agli Alpini che a Bergamo devono realizzare un nuovo padiglione per il Covid”.
Alla carità non servono soldi
Grazie alla connessione tra aziende e no profit, Banco Building riesce a realizzare operazioni importanti in Italia e all’estero. Ma cosa ci guadagna? Zero. Il bilancio si aggira intorno ai 20mila euro, di cui la metà autofinanziati, il resto arriva dal cinque per mille e qualche donazione. “Sono soldi che servono soprattutto per la copertura finanziaria dei volontari e per le spese del commercialista. I social li lasciamo curare a un ragazzo che noi siamo tutti giovani pensionati” racconta Pasero. In undici anni di attività sono circa 1500 gli enti no profit che si sono rivolti al banco e altrettante aziende, che vanno dal piccolo negozio in chiusura alla grande multinazionale. Tuttavia il cruccio è quello di allargare la rete dei contatti perché ci sono settori dove è difficile reperire materiale. “Se per l’arredo di ufficio non abbiamo problemi, per l’arredo normale è difficile, perché oramai quasi tutti lavorano su commissione e hanno poche eccedenze. Eppure avremmo delle richieste per delle case rifugio” racconta il Presidente che mantiene il piglio pragmatico del manager quando racconta del banco.
L’eccedenza può diventare moneta reputazionale
Banco Building insiste sulla convenienza delle aziende a donare quello che non serve più. Un po’ perché, soprattutto per i grandi gruppi la responsabilità sociale d’impresa è diventata un valore. Stanno nascendo divisioni apposite all’interno delle grandi multinazionali perché oggi dimostrarsi “socialmente responsabili” è diventato prioritario anche nelle contrattazioni. Grazie alla legge Gadda, licenziata dal Parlamento nel 2016 e nata per dare un quadro normativo alla donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi. Quella legge ha subito, nel 2020, un ampliamento grazie alla ministra delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, che ne ha allargato le maglie anche ad altre merci, senza carico fiscale per le aziende. L’emergenza Covid era appena iniziata e la ministra, illustrando l’art. 26 del primo Dpcm legato all’emergenza, ha dichiarato in quell’occasione che “accanto agli investimenti economici è importante investire in legami di solidarietà”. Per ricordare, insomma, che anche la solidarietà è economia circolare.
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