La lotta al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni di gas serra nei prossimi decenni passa in maniera obbligata dalla transizione energetica e quindi dall’elettrificazione dei trasporti e dall’utilizzo di fonti di energia rinnovabili. Questo significa una sola cosa: sviluppare sistemi di stoccaggio dell’energia più efficienti. In poche parole: serviranno tantissime batterie e di qualità elevata. Attualmente le batterie con maggior densità energetica e durabilità sono le batterie agli ioni di litio. Sono già indispensabili nelle auto elettriche di nuova generazione e negli apparecchi elettronici.
Tuttavia, in questo rapido percorso di crescita saremo sempre più dipendenti dalle materie prime critiche indispensabili per realizzarle, prime fra tutti litio e cobalto. Che però sono materiali rari e il cui approvvigionamento è complicato per ragioni di impatto ambientale e geopolitico. È evidente come questo processo dovrà andare di pari passo con lo sviluppo dell’economia circolare nel settore, proprio per recuperare i materiali critici all’interno delle batterie dismesse o riutilizzare le stesse per nuovi usi alternativi.
L’opinione di tanti, però, è che potrebbe non bastare e quindi la tecnologia è alla ricerca di altre strade. Innanzitutto per rendere più efficienti le batterie: si pensi alle batterie allo stato solido. E poi per la necessità di diversificare la chimica delle batterie, usando materiali diversi. Tra i nuovi tipi di batterie ci sono quelle sodio-ferro, magnesio, a idrogeno, a sabbia, a ossigeno. Tuttavia, è bene chiarire che non è possibile sperare in una nuova tecnologia deus ex machina che risolverà i problemi: ogni nuovo tipo di batteria ha le caratteristiche per specifiche applicazioni e ogni mercato ha le sue peculiarità e richiede soluzioni uniche.
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Batterie di sodio al posto del litio?
Una delle batterie alternative più in voga è quella al sodio. Le batterie al sodio hanno un funzionamento analogo a quelle al litio, ma lo sostituiscono con un materiale più economico, più facile da reperire e più sostenibile a livello ambientale. Le batterie al sodio permetterebbero quindi di risolvere i problemi di approvvigionamento di materie prime, costerebbero molto meno e in inverno hanno performance migliori di quelle al litio. Perché, allora, non c’è stato il passaggio al sodio? Il problema principale è che le batterie al sodio sono più instabili a livello chimico, non hanno la stessa densità energetica delle batterie convenzionali e quindi hanno performance inferiori.
Questo le rende adatte solo per certi utilizzi. La Cina sta comunque investendo: il marchio automobilistico Byd, secondo al mondo nella produzione di automobili elettriche dietro alla Tesla e primo per veicoli plug-in, ha intenzione di produrre batterie agli ioni di sodio, ma per il momento è riuscita solo a inserirle in alcune microcar, mentre per le auto (e smartphone o pc) la scelta migliore resta la batteria al litio. I produttori di batterie Hina Battery e Catl hanno avviato collaborazioni con marchi automobilistici per fare dei test analoghi. Ad oggi, quindi, non potranno rimpiazzare del tutto le batterie agli ioni di litio, ma si tratta di un campo di ricerca promettente per tutte le applicazioni in cui è possibile sostituire il sodio al litio.
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Batterie al sodio: ricerca scientifica e opportunità industriali
L’interesse cinese non è, ovviamente, un caso isolato. Alcuni ricercatori della Corea del Sud hanno recentemente sviluppato dei nuovi materiali anodici per le batterie al sodio efficienti, facili da preparare e con eccellenti proprietà elettrochimiche, tra cui elevate prestazioni di stoccaggio degli ioni sodio e stabilità del ciclo. Negli Stati Uniti si è pensato a una soluzione “mediana”: costruire delle batterie mescolando sodio e litio in modo da mantenere l’efficienza del litio ma ridurre i costi grazie al sodio. Le batterie più stabili sono arrivate per il momento al 10% di sodio ma i ricercatori si aspettano di raggiungere il futuro il 20% senza ridurre le performance.
Una volta risolti i problemi tecnici, il passaggio su scala industriale non sarebbe troppo problematico. Per il momento ci sono solo piccoli stabilimenti “pilota” dove si produce questo tipo di batterie al sodio, per pochi GWh. Tuttavia, secondo gli esperti, basterebbero solo due anni per passare alla scala industriale: il funzionamento delle batterie al sodio è simile a quelle al litio, cambiano solo i materiali di partenza e alcuni parametri e quindi una catena produttiva di una gigafactory potrebbe essere adattata in fretta a produrre celle agli ioni di sodio e non servirebbero nuovi impianti.
Batterie alternative: dal magnesio allo zolfo
Ci sono poi altri elementi, persino più promettenti a livello tecnico del sodio: primo su tutti il magnesio. Le batterie al magnesio hanno il potenziale di raggiungere altissime densità energetiche e una durata simile a quelle al litio. Soprattutto, il magnesio è il settimo metallo più abbondante sulla Terra e le batterie arriverebbero a costare meno della metà. Eppure, non lo stiamo già usando nei nostri telefoni o nelle automobili.
Gli ioni di magnesio, purtroppo, presentano alcuni inconvenienti: in primo luogo l’inaffidabilità dei cicli osservata nei materiali delle batterie al magnesio e poi la sua reattività verso i comuni elettroliti che determina seri problemi in fase di carica e scarica e impedisce di pensare a una seconda vita per le batterie. Gli elettroliti comunemente impiegati con la tecnologia al litio, facilmente disponibili, non sono utilizzabili. I ricercatori hanno testato elettroliti alternativi, ma questo richiede l’aggiunta di materiali corrosivi che rendono complicato pensare a una scala industriale. La ricerca, comunque non si è fermata.
Cosa che potrebbe succedere, invece, per un’altra tecnologia considerata fino a poco tempo fa promettente: le batterie a base di zolfo-alluminio. Di fronte al basso costo dei componenti e l’elevata densità energetica teoricamente raggiungibile, le prospettive di un utilizzo su scala commerciale si sono affievolite col tempo perché è emersa una insufficiente velocità di carica e di scarica delle batterie zolfo-alluminio e una breve durata per via del veloce decadimento della capacità di immagazzinare energia. Problemi tecnico-scientifici ancora irrisolti, nonostante i tentativi.
Come migliorare lo stoccaggio di energia: le batterie a sabbia
Bisogna tenere poi conto di come in fase di transizione energetica la batteria non servirà solamente in chiave di elettrificazione dei trasporti, ma come strumento di stoccaggio di energia proveniente da fonti rinnovabili. Più pulite ma evidentemente più instabili come approvvigionamento, basti pensare al solare o all’eolico: servono batterie in grado di garantire energia per tutto l’anno e non solo nei momenti di picco della produzione.
La soluzione più interessante a livello tecnologico è quella di usare delle batterie alla sabbia, come ha dimostrato l’azienda finlandese Polar Night Energy. In un paese vicino a Tempere hanno costruito un silos di acciaio con all’interno 100 tonnellate di sabbia e collegato agli impianti fotovoltaici di una centrale elettrica. Di fatto una batteria alta più di sette metri e con un diametro di quattro. La sabbia, infatti, è un materiale particolarmente efficace nel trattenere il calore e, in certe circostanze, può assorbire fino a 500°C e mantenerlo per svariati mesi.
L’idea, quindi, è di usare l’elettricità in eccesso prodotta dalla centrale e non immessa immediatamente nella rete per riscaldare il silos di sabbia, che poi manterrà il calore (e quindi l’energia) per quando servirà nuovamente, ad esempio per garantire l’acqua calda o il riscaldamento delle abitazioni nei mesi invernali. Bisogna capire, tuttavia, se da questi utilizzi marginali è possibile pensare a un impiego su vasta scala.
Lo zucchero per potenziare le batterie di flusso
Anche perché per lo stoccaggio di grandi quantità di energia, servono batterie di notevoli dimensioni e spesso la scelta va sulle batterie di flusso, composte da due serbatoi esterni in cui è contenuto un liquido che circola costantemente tra di loro per fornire l’elettrolita e si ricaricano attraverso una reazione elettrochimica che consente di immagazzinare energia rilasciata poi grazie al collegamento con un circuito esterno che alimenta vari dispositivi. Ebbene, un aiuto potrebbe venire da un prodotto molto usato in cucina e poco costoso: lo zucchero. Un esperimento condotto dagli scienziati del Dipartimento dell’Energia del Pacific Northwest National Laboratory sulle batterie di flusso ha dimostrato che l’aggiunta di zucchero derivato dall’amido di mais può migliorare la potenza di picco di queste batterie fino al 60% e aumenta anche la loro durata.
Batterie allo stato solido: a che punto è lo sviluppo
C’è, infine, chi teorizza, per superare i limiti delle attuali batterie, un vero e proprio cambio di paradigma. La soluzione più concreta, per il momento, appare il passaggio dalle batterie agli ioni di litio allo stato liquido a batterie allo stato solido. Il funzionamento è identico, ma l’elettrolita nel secondo caso è solido. Tra i vantaggi, una maggiore densità energetica, un tempo di ricarica significativamente più breve, sono più leggere, hanno un costo inferiore per l’impiego di materiali meno costosi e, in ultima analisi un contributo maggiore alla decarbonizzazione: secondo l’ong Transport&Environment l’impronta di carbonio delle nuove batterie sarebbe inferiore del 29%.
Per adesso, però, sono difficili da realizzare e meno efficienti in fase di scarica. Le case automobilistiche, tuttavia, ci stanno investendo parecchio, visti i vantaggi: da Toyota a Nissan, passando per Stellantis, Volkswagen e Mercedes. Uno sviluppo incoraggiante, di cui si spera ci siano ricadute positive nell’uso commerciale è di recente arrivato dalla Nasa. Il prototipo realizzato dall’agenzia spaziale statunitense, infatti, ha una potenza di scarica fino a dieci volte superiore alle altre batterie allo stato solido: una ricerca obbligata per la Nasa, viste le performance di potenza e di sicurezza di gran lunga superiori necessarie nel caso di elettrificazione dei trasporti aerei.
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L’economia circolare serve nel qui e ora
Tuttavia, in tutti gli esempi fatti finora siamo in una fase embrionale di sviluppo e non c’è nulla di replicabile su scala industriale. Insomma, nel qui e ora non è stata trovata una soluzione e l’unica cosa da fare è proseguire nel tracciato dell’economia circolare. Sicuramente sono state prese molte decisioni importanti a livello normativo, si pensi all’Unione europea col nuovo Regolamento batterie, che ha proprio l’obiettivo di sviluppare il riciclo e il riutilizzo, ma se passiamo dal piano legislativo a quello tecnico, non siamo molto più avanti.
Mancano ovunque impianti sufficienti per gestire la mole attesa di batterie da riciclare attesa in futuro e nessuna delle tecnologie per il recupero del litio ha ancora dimostrato l’efficacia su scala industriale. L’altra speranza è nel mercato, visto che l’economia intorno al riciclo e al ricondizionamento delle batterie potrebbe arrivare, secondo le stime più attendibili, alla cifra stellare di 54 miliardi di dollari a livello globale. Un piatto ghiotto per gli investimenti privati e quindi per l’accelerazione del processo. Non sempre però il mercato ha funzionato, o ha funzionato nella direzione giusta.
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