Nel complesso panorama delle politiche europee sulla transizione circolare, l’iniziativa francese del “Bonus Réparation” per il settore tessile rappresenta un caso di studio di eccezionale interesse non solo per la normativa in sé, ma anche per la rapida evoluzione delle misure intraprese.
Lanciato ufficialmente nel novembre 2023, questo strumento non è un semplice incentivo al consumo, ma un meccanismo di policy strutturato che mira a scardinare il modello lineare del fast fashion, agendo direttamente sulle abitudini dei cittadini e sulla filiera produttiva. Inserito nel quadro della legge anti-spreco per un’economia circolare (Loi AGEC) del 2020, il bonus si prefigge l’obiettivo di affrontare una delle esternalità più gravi dell’industria della moda: l’enorme produzione di rifiuti.
Il dato di partenza della normativa, infatti, è che annualmente, in Francia, circa 700.000 tonnellate di prodotti tessili vengono scartate e di queste ben due terzi finiscono direttamente in discarica o negli inceneritori. L’obiettivo del governo francese è ambizioso: aumentare del 35% il volume di tessili e calzature riparati entro il 2028, passando da 16 milioni di riparazioni (dato 2019) a 21,6 milioni.
Questa misura, però, va letta non solo come attuazione di una strategia nazionale volta ad incentivare l’economia circolare, a ridurre i rifiuti e a promuovere il riuso, ma anche quale aiuto economico per le famiglie e, indirettamente, ad offrire un sostegno agli artigiani locali. Se un vestito o un paio di scarpe sono (spesso) prodotti all’estero, la riparazione infatti avviene all’interno dei confini del Paese, favorendo le economie locali e sostenendo forme di artigianato spesso in crisi.
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I principi operativi: come funziona il “bonus réparation” per abiti e scarpe
Il funzionamento del bonus è gestito dall’eco-organismo Refashion, accreditato dallo Stato per la filiera tessile. Il sistema si fonda sul principio cardine dell’economia circolare: la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR). Sono infatti le aziende che immettono sul mercato abiti, biancheria per la casa e calzature a finanziare il fondo attraverso un contributo obbligatorio. Questo fondo alimenta poi il bonus che si traduce in uno sconto immediato in fattura per il consumatore che si rivolge ad un riparatore convenzionato.
Gli importi dello sconto sono stati calibrati in base alla tipologia di intervento: si va dai 6€ per la riparazione di una fodera ai 7€ per un rammendo, dagli 8€ ai 15€ per la sostituzione di una cerniera, fino a un massimo di 25€ per interventi complessi come il risuolamento di scarpe in cuoio. Per accedere al beneficio, la riparazione deve avere un costo minimo di 12€ e il bonus cumulato non può superare il 60% del costo totale dell’intervento. Sono esclusi dalla misura capi di biancheria intima, articoli in pelliccia animale e l’abbigliamento in pelle (ma non le calzature in pelle).
Il processo di accesso per il consumatore è stato volutamente semplificato: basta consultare la mappa dei riparatori riconosciuti sul sito ufficiale bonusreparation.fr e portare il proprio capo. Lo sconto è istantaneo senza necessità di alcun adempimento burocratico. Per gli artigiani, la labellizzazione è gratuita e permette di entrare in una rete nazionale, aumentando la propria visibilità e, quindi, il volume di affari.
I primi risultati: un bilancio tra successi e sfide da affrontare
A circa un anno dal suo avvio, i dati forniti da Refashion disegnano un quadro incoraggiante. A fine 2024, si contavano circa 826.000 riparazioni incentivate (ad oggi il contatore segna un milione), con un risparmio complessivo per i cittadini di 6,8 milioni di euro. Un dato significativo è l’accelerazione registrata nel corso dell’anno, con un numero di riparazioni quasi triplicato nella seconda metà del periodo rispetto alla prima.

La sproporzione del ricorso al bonus
La rete dei riparatori ha superato le aspettative grazie ad oltre 1.530 professionisti aderenti, inclusi marchi della grande distribuzione che hanno integrato il servizio. Molti artigiani hanno riportato un aumento del loro fatturato. Geograficamente, l’Île-de-France è la regione con il maggior numero di riparazioni (150.000) seguita da Occitania, Hauts-de-France e Grand Est. Il bonus medio applicato è stato di circa 8 euro.
Tuttavia l’analisi dei dati rivela una forte sproporzione: l’83% delle riparazioni ha riguardato le calzature. Questo, secondo Refashion, è dovuto sia alla maggiore complessità tecnica della riparazione delle scarpe che scoraggia il fai-da-te negli altri casi, sia ad una maggiore digitalizzazione e strutturazione dei calzolai rispetto ai sarti.
Si può fare meglio?
Non mancano le voci critiche. L’associazione HOP (Halte à l’Obsolescence Programmée), pur plaudendo all’iniziativa, ha evidenziato in un suo rapporto che il budget complessivo stanziato per tutti i bonus riparazione (incluso quello per gli elettrodomestici) è stato largamente sotto-utilizzato e ciò costituisce un sintomo di una conoscenza ancora parziale dell’iniziativa da parte del grande pubblico e di possibili barriere all’ingresso per i riparatori.
C’è anche una certa complessità – sottolinea l’associazione – dovuta ai diversi sistemi di bonus per le varie categorie di prodotti, che può generare confusione. Per il settore tessile in particolare, l’obiettivo di Refashion è quello di aumentare sensibilmente il volume di tessili e calzature riparati.
Sarà fondamentale continuare a comunicare l’esistenza e i vantaggi del bonus, semplificare ulteriormente le procedure per consumatori e artigiani e ampliare capillarmente la rete dei riparatori su tutto il territorio. La sfida principale resta quindi la comunicazione e la capillarità del servizio, per trasformare un’iniziativa di successo in una pratica di consumo di massa.
Prospettive future: un modello esportabile per la transizione circolare del tessile?
L’esperienza francese si configura come un vero e proprio laboratorio di policy per l’economia circolare. Il “Bonus Réparation” tessile dimostra che è possibile intervenire sulla domanda e sull’offerta per orientare il mercato verso la durabilità. I primi risultati, seppur con margini di miglioramento, confermano la validità del principio “chi inquina paga” applicato attraverso la REP e l’efficacia dello sconto diretto come leva per il cambiamento comportamentale. Il modello francese, con i dovuti adattamenti ai contesti nazionali, appare potenzialmente esportabile e potrebbe rappresentare un blueprint per una futura direttiva europea sul diritto alla riparazione esteso anche al settore tessile.

Le sfide future per la Francia saranno consolidare la rete di riparatori, aumentare la consapevolezza dei cittadini e, forse, rivedere alcuni parametri, come la soglia minima di spesa, per includere anche le piccole riparazioni. Il successo a lungo termine di questa misura non si misurerà solo sul numero di rammendi effettuati, ma sulla sua capacità di instillare una nuova cultura del valore, dove un capo riparato non è un ripiego, ma una scelta consapevole, economica ed ecologica.
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Oltre i confini francesi: esistono altri esempi di “bonus rammendo”?
La Francia non è l’unico paese europeo a sperimentare politiche di incentivazione alla riparazione anche se il suo modello è uno dei più strutturati per il settore tessile. L’analisi comparata rivela approcci differenti, ma finalità comuni (su questo vi è una interessante presentazione di Danilo Boni messa a disposizione da Zero Waste Italy).
- Austria. È forse l’esempio più simile a quello francese. Il “Reparaturbonus” austriaco, attivo a livello nazionale, copre fino al 50% dei costi di riparazione di apparecchi elettrici ed elettronici, con un tetto massimo di 200€ per riparazione. Sebbene il focus principale sia sull’elettronica, il bonus è stato esteso ad altre categorie e alcuni riparatori di macchine da cucire e altri articoli legati al tessile possono rientrare nell’iniziativa, mostrando una chiara tendenza all’ampliamento;
- Germania. In questo Paese l’approccio è federale e frammentato: non esiste un bonus nazionale unico, ma diversi Länder hanno lanciato programmi pilota. La Turingia è stata pioniera con un “Reparaturbonus” che rimborsava il 50% del costo di riparazione (fino a 100€) per gli elettrodomestici. Anche la Sassonia ha un programma simile. Sebbene questi bonus non siano specificamente mirati al settore tessile, dimostrano un crescente interesse politico verso questi strumenti.
- Svezia. Il Paese scandinavo ha adottato un approccio fiscale. Dal 2017, i cittadini svedesi possono beneficiare di una detrazione fiscale sull’imposta sul reddito per i costi di manodopera legati alla riparazione di grandi elettrodomestici, biciclette, vestiti e scarpe. La detrazione copre una parte significativa del costo del lavoro. Questo modello, a differenza del bonus diretto, agisce in fase di dichiarazione dei redditi, ma persegue lo stesso obiettivo di rendere la riparazione economicamente competitiva.
- Regno Unito. Attualmente non esiste un programma governativo nazionale simile a quello francese anche se si lavora per proporre progetti nazionali e incentivi almeno in alcuni ambiti. Le iniziative sono per lo più locali e spesso sono guidate da consigli comunali o organizzazioni non profit che promuovono “repair café” o workshop. Alcuni brand di moda sostenibile offrono servizi di riparazione gratuita o a basso costo, ma si tratta di iniziative volontarie e non di una policy pubblica strutturata.
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