Avete mai sentito parlare di wish-cycling? Anche se la risposta è no, tale pratica errata potrebbe riguardare anche voi anzi, (quasi) tutti noi.
Con l’espressione inglese wish-cycling si identifica la prassi di buttare in uno dei bidoni per la raccolta differenziata (es. plastica, vetro, alluminio, carta, umido ma anche abbigliamento, batterie esauste, medicinali ecc.) oggetti senza avere la certezza che il conferimento sia quello giusto e che quindi tali materiali possano poi essere destinati al circuito virtuoso del recupero o del riciclo.
Tutto questo – sebbene parta da nobili intenti – può mettere a rischio la raccolta differenziata nella quale l’errato conferimento viene gettato o comunque accrescere i costi necessari per la selezione di ciò che potrà divenire materia prima seconda.
Infatti a fare la differenza – è il caso letteralmente di dirlo – in una raccolta differenziata, è la qualità di ciò che si conferisce in termini di corrispondenza con ciò che può essere raccolto.
Anche il World Economic Forum ha sollevato il problema dei danni legati al wish-cycling: la contaminazione dei prodotti può infatti divenire un ostacolo all’economia circolare.
Il fatto che sia in buona fede non porta in automatico buoni risultati
Il conferire materiali sperando di ridurne l’impatto ambientale è sicuramente qualcosa di virtuoso, ma non basta la buona volontà. Spesso è tale la voglia di sperare e credere che un bene possa – anche sotto diverse forme – avere una doppia vita, che si buttano oggetti spesso non riciclabili nei contenitori sbagliati, ma bisogna fare molta attenzione.
Ad esempio le bottiglie di vetro si buttano senza il sacchetto di plastica, i giocattoli rotti non si riciclano perché la raccolta differenziata della plastica è dedicata solo agli imballaggi, il cartone della pizza unto può andare nell’umido se il Comune lo prevede, la carta dell’uovo di Pasqua – anche se comunemente chiamata così – non andrà conferita con carta e cartone se è di plastica. Così, dovremo anche evitare di conferire uno straccio imbevuto di grasso nei cassonetti degli abiti, un piatto di ceramica o di cristallo insieme al vetro.
Spesso vorremmo che – quasi per magia – tutto ciò venisse riciclato ma a volte non tutto può essere trasformato in qualcosa di nuovo o non secondo la strada a cui l’abbiamo indirizzato.
Il problema, in differenti misure, riguarda tutti i Paesi ove si porti avanti la raccolta differenziata. Ad esempio in Gran Bretagna il Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali (Defra) ha registrato che nel 2018, la contaminazione si è tradotta in un invio di 500.000 tonnellate di materiale “riciclato in discarica”. Una ricerca condotta dalla ong Wrap UK ha rivelato che l’82% delle famiglie nel Regno Unito inserisce almeno un articolo difforme all’interno della propria raccolta differenziata.
In Australia, ove oltre il 60% delle persone fa la raccolta differenziata – riporta Medium – si è registrato che il 58% degli imballaggi in plastica e il 23% degli imballaggi in vetro sono stati gettati nel cestino sbagliato.
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Le difficoltà ci sono ma sono superabili
Seguendo il principio dell’economia circolare secondo il quale tutto, quando diviene uno scarto, dovrebbe tornare a nuova vita sotto diverse forme e differenti utilizzi, la differenziata negli anni si è ampliata in termini di raccolta dei possibili materiali rimettibili in circolo.
Rispetto a tanti anni fa, quindi, le nozioni da apprendere per essere dei perfetti raccoglitori, sono andate aumentando. Ad esempio il mondo del packaging – il più coinvolto nelle operazioni di riciclo – ha ideato contenitori sempre più adatti alla conservazione dei beni, alcuni peraltro riciclabili (pensiamo all’innovazione del tetrapack) altri che invece ad oggi devono essere cestinati nella frazione del secco.
La diversità delle tipologie di imballaggi e prodotti ha iniziato a rendere più difficoltosa la raccolta differenziata anche per i più volenterosi. A ciò si sommano le difficoltà date dal fatto che le modalità di raccolta sono diverse da Comune a Comune (a volte anche da municipio a municipio), complicando la vita a chi si sposta per lavoro o per vacanza.
Per aiutare i consumatori è stato previsto un obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi la cui entrata in vigore per ora è stata rinviata al prossimo 1 luglio 2022.
Nell’attesa qual è la situazione? Nel luglio 2021 a cercare di dare una risposta è stato un report realizzato da EconomiaCircolare.com e Junker. Analizzando le informazioni riportate sugli imballaggi di 90 prodotti, 6 etichette su 10 del campione preso in esame non aiutavano a fare bene la raccolta differenziata.
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Come poter ridurre i casi di wish-cycling
Oggi la sfida per ridurre gli errori nella raccolta differenziata riguarda davvero tutti. Dal lato delle imprese la direzione dovrà essere sempre più quella di orientarsi verso scelte riciclabili rispetto a quelle che prevedono come fine ultimo la frazione secca, ma anche rendere davvero trasparenti e intelligibili le informazioni sul packaging.
Dal lato del legislatore gli strumenti sono quelli di continuare a spingere verso la direzione dell’ecodesign e del Design for recycling affinché i prodotti e gli imballaggi vengano dall’inizio progettati per garantire la riciclabilità e aiutare i cittadini nel fare la raccolta differenziata perseguendo così gli obiettivi del principio “chi inquina paga”, premiando le aziende e i modelli più virtuosi.
Compito poi degli enti locali è sicuramente un’(in)formazione continua verso i cittadini per contrastare falsi miti e per spiegare le differenze di conferimento relative agli errori più comuni perché non basta solo spingere il cittadino a ridurre i rifiuti e fare la raccolta differenziata, bisogna cercare di insegnargli a farla bene, per un interesse circolare di tutta la comunità.
Cosa possono fare invece i cittadini? Informarsi sui canali istituzionali del proprio comune. In alternativa ci si può avvalere di strumenti come Junker App che dà indicazioni preziose sulla raccolta!
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