Il settore delle costruzioni nel 2021 “ha rappresentato oltre il 34% della domanda di energia [legata all’uso degli edifici, n.d.r.] e circa il 37% delle emissioni di CO2”. A misurare il peso dei consumi energetici degli edifici e delle costruzioni nella crisi climatica, mentre sono in corso i lavori dalla Cop27 in Egitto, e è il “Global Status Report 2022 per edifici e costruzioni” (2022 Global Status Report for Buildings and Construction) pubblicato qualche giorno fa dall’UNEP.
Il programma per l’ambiente dell’ONU fa il punto sui progressi del settore edile verso la decarbonizzazione, ma il quadro che emerge non è affatto incoraggiante: “Il settore – afferma l’UNEP – è fuori strada per la decarbonizzazione entro il 2050”. Ha detto Inger Andersen, Direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente: “Il settore edilizio rappresenta il 40% della domanda energetica europea, di cui l’80% proveniente dai combustibili fossili. Ciò rende il settore un’area che necessita azione immediata, investimenti e politiche per promuovere la sicurezza energetica a breve e lungo termine”.
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Nuovo record di consumi ed emissioni, nonostante l’aumento dell’efficienza
Nonostante gli investimenti in efficienza energetica siano aumentati, questo aumento non è bastato a compensare l’aumento globale delle volumetrie. Nel 2021, gli investimenti nell’efficienza energetica degli edifici “sono aumentati a livelli senza precedenti: del 16% nel 2021 rispetto ai livelli del 2020, a 237 miliardi di dollari”. L’intensità energetica degli edifici (cioè il consumo totale di energia legato a riscaldamento, raffrescamento, elettrodomestici) per metro quadrato, è rimasta invariata negli ultimi tre anni a circa 150 kWh/mq. Il problema è stata la crescita delle superfici che “ha superato gli sforzi per l’efficienza”. L’aumento della superficie globale edificata tra il 2015 e il 2021 è equivalente al totale della superficie totale coperta da edifici in Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi: “Se fosse un edificio costruito su un unico livello, a circa 24.000 km quadrati”. Questa crescita ha fatto sì che, come leggiamo nel report UNEP, nel 2021, la “domanda operativa di energia per riscaldamento, raffreddamento, illuminazione e apparecchiature negli edifici è aumentato di circa il cinque per cento dal 2020 e del tre per cento dal 2019”: dieci miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, un record assoluto secondo l’UNEP. Per l’80%, come ha ricordato Andersen, questi consumi hanno fatto ricorso a fonti fossili. Per questo le emissioni sono cresciute nonostante gli investimenti in efficienza e nonostante “le emissioni del settore in chilogrammi di CO2 per metro quadrato (la cosiddetta “intensità di emissioni”, n.d.r.) siano scese scesa da 43 nel 2015 a 40 nel 2021”. Per centrare l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) l’intensità deve diminuire a circa 95 kWh/m2 (oggi, lo ricordiamo, siamo fermi a 150). Questi risultati, visto il ruolo che le emissioni dell’edilizia hanno sul totale della CO2 equivalente rilasciata in atmosfera dall’uomo, gettano una luce cupa sulla possibilità di azzerare le emissioni nette entro il 2050, come indicato dagli obiettivi europei.
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La CO2 incorporata
Tra le raccomandazioni dell’UNEP per cercare di ridurre le emissioni la necessità di produrre strategie nazionali e sovranazionali per l’edilizia, con roadmap chiare; i Paesi dovrebbero fissare standard energetici vincolanti per gli edifici; aumentare gli investimenti in efficienza energetica; i governi, in particolare le amministrazioni cittadine, devono attuare politiche per promuovere il passaggio a “economie dei materiali circolari”. Infine “le industrie dei materiali da costruzione e dell’edilizia devono impegnarsi a ridurre le proprie emissioni di CO2 lungo tutta la loro catena del valore”.
Allargare lo sguardo dai consumi delle costruzioni a tutto il ciclo di vita, e quindi all’intera filiera, getta una nuova luce sui consumi energetici e sulle emissioni del settore. Legambiente e Kyoto Club, che qualche giorno fa hanno presentato uno un report proprio su questo argomento (“Il settore edilizio verso una nuova sfida: la decarbonizzazione delle costruzioni”) ricordano una stima del Green Building Council: oltre il 50% delle emissioni globali di carbonio di tutte le nuove costruzioni tra il 2020 e il 2050 sarà dovuto proprio al carbonio incorporato negli edifici.
“Quando si parla di emissioni di CO2 in edilizia, il riferimento principale è a quelle derivanti dall’utilizzo degli edifici: quasi nessuno menziona, invece, il concetto di carbonio incorporato che include le emissioni derivanti dall’origine dei materiali da costruzione, il loro trasporto e le fasi di gestione del cantiere”. Legambiente e Kyoto club ricordano anche che, anche da questo punto di vista, rigenerare è meglio che edificare da zero: “La riqualificazione degli edifici che consente di risparmiare fino al 75% di emissioni rispetto a una nuova edificazione, specie nel caso in cui fondamenta e strutture rimangano intatte. Anche l’utilizzo di miscele cementizie a basso contenuto di CO2 può contribuire in maniera significativa a ridurre le emissioni, grazie a materiali come ceneri leggere, argilla calcinata o calcestruzzo riciclato. Fondamentale, poi, la massimizzazione dell’efficienza della struttura portante, la parte maggiormente responsabile delle emissioni di CO2 incorporate. “Carbonio ed energia incorporata – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente – sono due parti cruciali del ragionamento verso un settore edile con impatti ambientali sempre più ridotti e il progressivo azzeramento delle emissioni di CO2“.
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