Seppur metaforico, il passaggio di consegna tra le istituzioni europee in scadenza e quelle che si insedieranno dopo il voto del 6-9 giugno 2024 è nell’ottica dell’ambiente. E tra le ultime norme che è stato possibile approvare c’è la nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Dal 20 maggio, infatti, sono entrate in vigore le nuove norme per proteggere l’ambiente attraverso il diritto penale. Lo scopo è di conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo combattendo i reati ambientali più gravi, che possono avere effetti devastanti sia sull’ambiente che sulla salute umana.
“Gli obblighi ambientali sono concepiti per proteggere gli ecosistemi delicati e fragili su cui facciamo affidamento per sopravvivere” ricorda Věra Jourová, vicepresidente responsabile per i Valori e la trasparenza. “Coloro che violano tali obblighi mettono a rischio la nostra salute e il nostro ambiente. È un comportamento altrettanto criminale di altri tipi di reati gravi, e quindi altrettanto meritevole di portare a condanne penali. Queste nuove norme rappresentano un importante passo avanti per garantire un’adeguata assunzione di responsabilità per i reati ambientali” conclude Jourová.
La nuova direttiva fornirà un elenco completo e aggiornato dei reati ambientali che affrontano le violazioni più gravi degli obblighi ambientali. Gli Stati membri dovranno garantire che tali violazioni costituiscano reati nel loro diritto nazionale. Sono notevoli le diverse nuove categorie di reati: il riciclaggio illegale delle navi, l’estrazione illegale di acqua, gravi violazioni della legislazione dell’UE in materia di sostanze chimiche e mercurio, gravi violazioni relative alla gestione dei gas fluorurati a effetto serra e gravi violazioni della legislazione sulle specie esotiche invasive. Le nuove norme comprendono inoltre disposizioni sul rafforzamento della catena di applicazione per combattere la criminalità ambientale. Infine la nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente garantirà inoltre sostegno e assistenza ai difensori dell’ambiente nei procedimenti penali.
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L’importanza della cooperazione sull’ambiente
La nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente sostituisce la vecchia normativa, che risaliva addirittura al 2008. Un arco temporale molto grande in cui inevitabilmente da una parte è migliorata, per così dire, la capacità dei vari crimini, più o meno organizzati, di compiere illeciti sul versante ambientale. Dall’altra parte la maggiore tutela, con annessa introduzione di parecchi nuovi vincoli e limiti, ha reso reato ciò che prima non lo era.
“A seguito delle valutazioni del 2019 e del 2020 – si legge sul testo completo della nuova direttiva – la Commissione ha riscontrato che la direttiva non ha avuto effetti sufficienti. Il numero di casi di criminalità ambientale indagati e condannati con successo è rimasto molto basso, le sanzioni erano troppo basse per essere dissuasive e la cooperazione transfrontaliera era insufficiente. In tutti gli Stati membri e a tutti i livelli della catena di applicazione (polizia, azione penale e tribunali penali) si sono riscontrate lacune nell’applicazione delle norme. La mancanza di dati affidabili ha inoltre ostacolato il monitoraggio dell’efficacia dei procedimenti per reati ambientali”.
Ecco perché nel 2021 la Commissione ha proposto una nuova direttiva che comprendeva questi sei obiettivi:
- Chiarire i termini utilizzati nelle definizioni di reato ambientale che lasciano troppo spazio all’interpretazione (ad esempio “danno sostanziale”).
- Aggiornare la direttiva inserendo nuovi settori della criminalità ambientale nel suo ambito di applicazione.
- Definire i tipi e i livelli di sanzioni per i reati ambientali.
- Promuovere le indagini e l’azione penale transfrontaliere.
- Migliorare il processo decisionale informato in materia di criminalità ambientale migliorando la raccolta e la diffusione di dati statistici secondo norme comuni in tutti gli Stati membri.
- Migliorare l’efficacia delle catene nazionali di applicazione.
Il testo di quella proposta è passato poi attraverso i soliti e complessi confronti a tre con Consiglio e Parlamento, nella procedura nota come trilogo, ed è diventata legge tre anni dopo. A dimostrazione che ciò che è stato elaborato ha riassunto una serie di questioni complesse, dove il rischio maggiore era una mancata omologazione tra i 27 Stati membri dell’Ue, pur mantenendo ovviamente per ciascuno di essi un’adeguata autonomia giuridica. Va sottolineato anche il ruolo di EMPACT, cioè la piattaforma multidisciplinare europea di lotta alle minacce della criminalità, che è stata istituita nel 2017. La stessa Ue la definisce “l’iniziativa faro nella lotta contro la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale”.
Più in concreto EMPACT è una piattaforma di cooperazione guidata dagli Stati membri, ed è sostenuta da tutte le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’UE. Sono associati anche Paesi terzi e organizzazioni internazionali. Il ciclo EMPACT 2018-2021 ha già portato ad alcuni risultati positivi, che ci aspetta potranno essere consolidati e ulteriormente rafforzati durante il ciclo 2022-2025.
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