Dopo la pubblicazione lo scorso giugno della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, con cui il ministero della Transizione Ecologica adottava una delle riforme più importanti previste nel Pnrr, si temeva che il cambio di governo potesse rallentare le operazioni.
Invece uno degli ultimi atti dell’ormai ex ministro Roberto Cingolani, che comunque rimane consulente per l’energia per il governo Meloni, è l’adozione di un cronoprogramma che indica 10 obiettivi da perseguire entro il 2026, anno in cui termineranno i fondi del programma europeo Next Generation Eu.
Si tratta di un’occasione da non perdere per il nostro Paese che, seppur ai primi posti nei principi cardine dell’economia circolare, comincia a perdere colpi persino sui primati mentre su altri punti resta indietro, così come accertato lo scorso giugno dal quarto rapporto del Circular Economy Network, realizzato in collaborazione con ENEA. Prima di andare nello specifico del cronoprogramma, però, serve fare un passo indietro.
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Strategia per l’economia circolare: i contenuti
Nel 2017 è stato pubblicato, dopo una consultazione pubblica, il documento “Verso un modello di economia circolare per l’Italia. Documento di inquadramento e di posizionamento strategico”, con l’obiettivo di fornire un panorama generale dell’economia circolare. Il MiTE ha aggiornato questo documento e lo ha sottoposto ad una consultazione pubblica (oltre 100 i contributi pervenuti), i cui risultati, garantisce il ministero, sono stati assunti nel testo pubblicato.
“Con la Strategia – spiega il ministero – si intende, in particolare, definire i nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato delle materie prime seconde, affinché siano competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi rispetto alle materie prime vergini. A tal fine, la Strategia agisce sulla catena di acquisto dei materiali (Criteri Ambientali Minimi per gli acquisti verdi nella Pubblica Amministrazione), sui criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), sulla responsabilità estesa del produttore e sul ruolo del consumatore, sulla diffusione di pratiche di condivisione e di prodotto come servizio. La Strategia, inoltre, costituisce uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica e definisce una roadmap di azioni e di target misurabili da qui al 2035″.
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I 10 punti della Strategia Nazionale dell’Economia Circolare
Per un reale sviluppo dell’economia circolare, affinché non sia limitata alle buone pratiche ma possa diventare quel cambio di paradigma auspicato dalla nostra testata, serve tracciare degli obiettivi misurabili e concreti. Ecco quali i 10 punti fissati dal MiTe:
1) Governance della strategia
2) Nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti
3) Incentivi fiscali a sostegno delle attività di riciclo e utilizzo di materie prime secondarie
4) Revisione del sistema di tassazione ambientale dei rifiuti al fine di rendere più conveniente il riciclaggio rispetto al conferimento in discarica e all’incenerimento sul territorio nazionale
5) Diritto al riutilizzo e alla riparazione
6) Riforma del sistema EPR (Extended Producer Responsibility) e dei Consorzi attraverso la creazione di uno specifico organismo di vigilanza, sotto la presidenza del MiTE
7) Supporto alla normativa esistente, dalle leggi sui rifiuti (regionali e nazionali) allo sviluppo dei Criteri Ambientali Minimi (CAM)
8) Sostegno ai progetti di simbiosi industriale attraverso strumenti normativi e finanziari
9) Misure per l’uso del suolo in ottica di economia circolare
10) Misure per l’uso delle risorse idriche in ottica di economia circolare
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Le sfide più importanti della Strategia Nazionale dell’Economia Circolare
Come si può notare, alcuni punti sono quasi degli auspici e poco più mentre altri prevedono riforme strutturali. Tra queste ultime vale la pena citare l’allargamento dei CAM, su cui ci siamo occupati nell’ambito della cultura, e l’adozione dei decreti end of waste, che alcuni settori attendono da tempo, si pensi ad esempio alle plastiche miste, al tessile, alle pile e agli accumulatori.
C’è molta attesa anche per il nuovo registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, noto con l’acronimo RENTRI, che intende supportare supportare gli organi di controllo e le forze dell’ordine nella prevenzione e repressione degli illeciti e non appesantire le imprese in questa fase così delicata di crisi energetica.
Tra i propositi, invece, si registra una morbida presa di posizione sui famosi (forse sarebbe più corretto dire famigerati) Sussidi Ambientalmente Dannosi, su cui il cronoprogramma si limita a promettere di individuare quelli che ostacolano la Strategia e di stilare successivamente interventi normativi per la loro eliminazione. Più che un auspicio, questo somiglia più a un rinvio, l’ennesimo.
Mentre fa alzare qualche sopracciglio che sul prezioso diritto alla riparazione si preveda poco, e sull’ecodesign appena un tavolo di lavoro “che includa un gruppo di lavoro su riutilizzo e riparazione”, quando ormai sappiamo che se è vero che il miglior rifiuto è quello che non si produce è fondamentale partire dalla progettazione. Infine lascia perplessi anche la possibilità di “incentivi in favore di chi promuova comportamenti individuali tesi alla riduzione dei rifiuti, ivi compresi i consumatori”. Ancora una volta, si privilegiano le buone pratiche e non gli approcci sistemici.
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